L’acqua nella cosmovisione andina
La visione dell’acqua nella regione andina ha particolarità differenti a seconda della diversità delle aeree ecologiche, del posizionamento dei bacini idrici, i differenti livelli di organizzazione sociale (comunidades, caseríos, parcialidades, ayllus,etc.). Ma esistono aspetti comuni davvero importanti: per i popoli andini l’acqua è molto di più che una risorsa per la sopravvivenza: l’acqua è un essere vivente.
L’acqua è un essere vivente generatore di vita e forza animatrice dell’universo. Le culture originarie con l’acqua parlano, la trattano con gentilezza, si prendono cura di lei. Così potranno ottenere un adeguato raccolto, e potranno contare sull’acqua per molti anni a venire, proteggendola e conservandola.
L’acqua proviene da Wirakocha, dio creatore dell’universo, che feconda la Pachamama (Madre terra) e permette la nascita della vita. E’ pertanto una divinità presente nei laghi, lagune, mari, fiumi e in tutte le fonti d’acqua.
Ma l’acqua ha nelle culture andine, anche una forte accezione sociale e politica: l’acqua di tutti e di nessuno.
L’acqua permette l’integrazione tra gli esseri viventi, lo sviluppo vitale della natura e della società umana. E’ il sangue della terra e dell’universo. Permette di praticare la reciprocità in famiglia, tra i gruppi famigliari e tra le comunità andine. Ordina la vita degli individui, considera le differenze non come opposizione ma come complementarietà, e facilita la soluzione dei conflitti sulla base di accordi comunitari.
L’acqua “è di tutti e di nessuno”. Appartiene alla terra e agli esseri viventi. Viene distribuita equitativamente in accordo alle necessità, ai costumi, e alle norme comunitarie, secondo le disponibilità cicliche.
L’acqua si comporta secondo i differenti ecosistemi, circostanze e congiunture, senza seguire norme rigide. Dipende dal tempo, il clima, e la topografia. La cultura andina, come l’acqua, è in costante “apertura” con tutto ciò che incontra, incorporando selettivamente elementi di altre culture e tradizioni complementari alle loro.
L’acqua segue leggi naturali in accordo ai cicli stagionali e alle condizioni del territorio. Il suo uso sostenibile implica la generazione e l’applicazione di conoscenze e abilità acquisite durante secoli di storia, così come la costruzione di una infrastruttura idraulica che permetta di realizzare un buon raccolto e distribuire l’acqua secondo metodi comunitari ed efficienti.
L’acqua è la rigenerazione sociale della diversità nello spazio e nel tempo nelle organizzazioni comunitarie, nella partecipazione della popolazione, permettendo l’autodeterminazione delle comunità, in un permanente dialogo con la natura. Come rispettare la visione delle comunità indigene e contadine delle Ande, rafforzare la loro identità, assicurare i loro diritti e conservare le risorse idriche?
L’acqua come patrimonio comune
Dalla visione e dall’esperienza del mondo andino qualsiasi piano d’azione in relazione all’acqua, deve essere orientato a proteggerla e conservarla, garantendo la sua disponibilità con equità per assicurare la sopravvivenza di tutti gli esseri umani nel pianeta. Per questo è necessario assicurare e proteggere i sistemi idrici sia nel loro bacino idrografico, sia durante tutto il loro ciclo naturale, attuando azioni comuni e meccanismi che mantengano l’integrità degli ecosistemi, specie animali e vegetali, e la vita delle comunità con dignità, ricreando la loro identità culturale.
L’acqua è patrimonio della terra e di tutte le forme di vita animale, vegetale e umana. Per questo qualsiasi sistema giuridico relativo alle risorse idriche devono rispettare questi principi.
Questo principio implica la definizione di acqua nelle Costituzioni come bene pubblico sotto il controllo delle comunità nel loro insieme.
Allo stesso tempo devono formulare meccanismi equitativi d’uso che corrispondano alle necessità della natura e a quelle delle comunità umane, dando priorità ai diritti di sussistenza, sovranità alimentare e sviluppo locale.
L’accaparramento dell’acqua da parte dei settori più dinamici dell’economia come quello minerario, industriale e agro-industriale, va a discapito della grande maggioranza dei consumatori e degli ecosistemi. Pertanto nessun’impresa, nazionale o trasnazionale, o semplicemente qualsiasi persona, ha il diritto di appropriarsi della gestione dell’acqua e controllarne l’uso per fini privati a discapito della collettività.
Perchè l’acqua rimanga di proprietà pubblica dev’essere considerata una risorsa vitale che non può essere trattata come una merce, ridotta ad un valore commerciale e sottomessa alle leggi del mercato. Per questo l’acqua non può essere oggetto di trattati di libero commercio come il WTO o l’ALCA, o anche di trattati bilaterali.
Rivalorizzazione dei saperi, delle tecnologie e delle organizzazioni andine
I saperi del mondo andino, i sistemi tecnologici e sociali relativi alla gestione dell’acqua partono dal principio della convivenza armonica con la madre terra, si sostengono sulla proprietà collettiva dell’acqua e si basano su un sistema legale proprio. Principi che hanno potuto garantire la sostenibilità degli ecosistemi da tempi immemorabili devono dunque essere preservati, rispettati e riconosciuti.
I sistemi tradizionali nella gestione dell’acqua, sviluppati e convalidati dall’esperienza di centinaia di anni, attualmente messi da parte, rappresentano una valida alternativa per la sostenibilità delle risorse idriche. Per questo devono essere approfonditi, valorizzati, recuperati e diffusi come tecnologia per la sostenibilità dello sviluppo.
I sistemi di gestione dell’acqua devono basarsi su un concetto di integralità, a partire da una concezione territoriale dei bacini idrografici, di uso compatibile e sostenibilità della risorsa. La priorità degli usi dell’acqua deve basarsi su meccanismi partecipativi che permettano di garantire la sua conservazione e il suo accesso equitativo.
I progetti di gestione sostenibile richiedono studi e approfondimenti pubblici sopra lo stato attuale e la disponibilità delle acque superficiali e sotterranee, informazioni allo stato attuale quasi inesistenti, poco sistematizzate, di difficile e costoso accesso.
Le norme legislative e forme di gestione dell’acqua devono garantire la disponibilità dell’acqua in termini di volume e qualità, per assicurare la sostenibilità e necessità degli ecosistemi e delle comunità umane. Per questo il sistema di governabilità, sia a livello di bacino idrografico che nazionale, deve basarsi su autorità idriche locali già esistenti, come le comunità indigene, contadine, associazioni di Regantes, e comitati di consumatori.
I governi dei Paesi andini devono rispettare e valorizzare la gestione e il diritto originario comunitario e integrale delle comunità indigene e contadine, tradizioni culturali che dovrebbero essere riconosciute come patrimonio dell’umanità.
La politica d’investimento pubblico deve considerare prioritariamente la conservazione delle risorse, la gestione sostenibile e lo sviluppo locale e regionale basato sugli usi, i costumi indigeni e contadini. Qualsiasi investimento privato nel settore dell’acqua deve basarsi su questi principi.
Nei bacini geografici indigeni la risorsa acqua si genera nella parte alta delle Ande, mentre i beneficiari generalmente vivono nella parte più bassa della Cordigliera. Le politiche idriche devono dare la priorità a meccanismi adeguati per il beneficio equitativo che garantisca una migliore qualità di vita delle popolazioni che vivono e gestiscono le risorse idriche nella parte alta delle Ande.