Primo appuntamento della rappresentanza U’wa, in visita in Italia con Yaku fino al 25 luglio: a Massa, con l’associazione Pietra Vivente, la delegazione delle popolazione indigena colombiana è stata ricevuta dal Presidente della Provincia Osvaldo Angeli, Sindaco della città di Massa Roberto Pucci e dall’assessora provinciale alla Cultura, Lara Venè.
Un incontro partecipato ed intenso, che ha tracciato i primi saldi legami fra locale e globale connettendo le problematiche ambientali locali della zona - Elia Pegollo, portavoce di Pietra Vivente, ha illustrato la seria situazione in cui versano le Alpi Apuane, le “montagne di Michelangelo”, sventrate dall’industria del marmo - e il messaggio universale di difesa del pianeta Terra di di cui gli U’wa sono portatori.
“Noi non possiamo negoziare, non possiamo prendere ciò che vogliamo, dalla nostra Madre Terra. Questa è la legge naturale. Sira dice che il mondo non si può vendere. Se volete, costruitevi un mondo vostro e vendetelo. Il Popolo U’wa combatte per tutte le popolazioni del mondo, non solo per salvare il Kajka – Ika”.
Berito Kuwaria, rappresentante spirituale del popolo U’wa, pronuncia queste parole in lingua U’wa. Il Kajka – Ika è il loro territorio ancestrale, che per loro è il centro del mondo. Poi comincia a cantare le antiche canzoni del suo popolo – che ha tradizione solo orale - officiando un rito d’augurio e di conciliazione.
Daris Christancho, rappresentante delle donne U’wa, parla della visione del proprio popolo e della condizione della donna:
“Se voi siete qui fate parte del nostro pensiero. Noi U’wa è più di sessant’anni che combattiamo per difendere la nostra cultura, e più di 500, per la nostra pura sopravvivenza. Lottiamo da sempre contro coloro che tentano di impedirci di diffondere il Pensiero U’wa. Che dice che la Madre Terra ci dà tutto, ci dà da mangiare, ci dà la vita. E noi dobbiamo difenderla. Noi siamo i Guardiani della Terra”.
“Vi chiedo: cosa stiamo pensando di lasciare ai nostri figli? Io non vivo fuori dal mondo, so che il denaro serve. Ma quando la terra non darà più frutti, l’acqua sarà troppo contaminata, le sementi troppo stanchge per crescere, che pensiamo di fare? Qual è il nostro progetto? Questa è la grande tristezza che noi proviamo. Per questo noi cantiamo molto per la Madre Terra, per cercare di lenire il suo dolore, che in questo tempo è grande. Noi U’wa siamo stati incaricati di proteggere la terra, l’aria, l’acqua. Per questo, siamo in un processo di lotta e resistenza”.
Odio i musei delle popolazioni indigene.
Noi siamo vivi. Noi viviamo in Colombia, siamo segnalati, possiamo sparire da un momento all’altro. Ma andiamo avanti.
Stiamo lottando. Contro il nostro Governo, che attacca la nostra cultura ed il nostro territorio appoggiando progetti di devastazione e cercando in ogni maniera di dividerci. Andiamo avanti sicuri del nostro compito nel mondo, anche se loro ci danno già per scomparsi, per finiti. Solo perché vogliamo andare avanti seguendo i dettami e la filosofia che da sempre ci ha contraddistinto: vivere in armonia con la Terra, con gli elementi, rispettandoli. Questo per noi è il progresso. So che per voi è difficile pensare che esistono persone, popolazioni, che vivono come migliaia di anni fa. Fra di noi U’wa c’è chi non ha mai visto un’automobile e non sa cosa sia una lampadina. Ma è una nostra consapevole scelta.
Io sono la prima donna U’wa ad uscire dal territorio e viaggiare.
Fin da piccola le mie nonne mi parlavano di quello che sarebbe stato il mio destino: essere una leader per il mio popolo. Ho cinque figli, di cui quattro femmine. Le più grandi vanno all’università. Ma vivono gran parte della loro esistenza nelle comunità U’wa, perché la memoria del proprio popolo va protetta e mai dimenticata. Il mio sogno è che ogni donna U’wa possa pensare di poter essere una leader, e parlare, lottare, viaggiare, partecipare ad incontri internazionali in appoggio al nostro popolo.
Dieci anni fa ci scontrammo con la più grande multinazionale del petrolio di allora, la statunitense Occidental Petroleum Inc. Il Governo colombiano dopo mesi di trattative inutili, mandò un esercito armato contro il nostro popolo inerme. Fu una carneficina. Le donne marciarono e si opposero con forza a tanta violenza. Da allora continuarono a essere presenti agli incontri pubblici. Il ruolo della donna nella nostra comunità è cambiato, hanno cominciato a guardarci con occhi diversi. Da allora, io lotto perché le donne U’wa siano davvero riconosciute come vera forza del “popolo che sa parlare”, gli U’wa.
Stare con voi, qui, oggi, ci dà comunque molta forza. Parte del nostro viaggio è compiuto. Perché la parola U’wa è in viaggio. Gli U’wa camminano lenti, ma sicuri. Sempre pensiamo prima di parlare.