Eccoci qui, con un referendum epocale vinto alle spalle, ed un futuro da costruire su nuove basi. Abbiamo detto che questa campagna referendaria poteva essere paragonata a quella del ’74 sul divorzio, per l’incisività sugli equilibri politici del Paese. E così è. Ma i tempi sono cambiati e quello che sta accadendo attorno all’acqua, al territorio ed ai beni comuni in Italia, viene guardato con speranza ed attenzione da ogni parte del mondo. Dal 13 giugno, da quando 27 milioni di persone hanno stralciato con una valanga di sì quei convincimenti disfattisti che parlavano di quorum irraggiungibili “perché da 15 anni che succede così”, di distacco della gente dalla politica “perché ormai l’individualismo la fa da padrone”, di un mondo destinato alla catastrofe, di realtà non modificabili; da quando il 13 giugno una maggioranza assoluta ha gridato – sorridendo – “vi state sbagliando”; ebbene: ci sono arrivati gli abbracci emozionati dalla Colombia e dall’Uruguay. Dal Giappone – presente alla Bocca della Verità, a Roma, con tre televisioni nazionali – e dai movimenti di Nuova Delhi. Oltre che da mezza Europa. Oggi il lavoro continua.
Ne siamo sempre stati consapevoli perché se il referendum non fosse stato vinto saremmo andati avanti ugualmente. Le nostre finalità – condivise, costruire in maniera partecipata – partono da esigenze primarie, fondamentali: vivere bene, vivere meglio. Proteggere il prezioso equilibrio dei nostri territori, sottrarlo da quelle logiche di mercato che si sono appropriate dei servizi indispensabili all’esistenza umana ed ambientale. Ecco perché saremmo andati avanti comunque, vittoria o meno.
Ma abbiamo vinto, ora nulla sarà come prima. Ripartiremo dalla Legge di iniziativa popolare depositata due anni fa e che giace silente nei cassetti della commissione ambiente. Ripartiremo dalla proposta sul finanziamento delle infrastrutture idriche – 60 miliardi nei prossimi 30 anni è la prospettiva – che dice basta soldi per le bombe, tassiamo le bottiglie in PET, promuoviamo il presitito irredimibile, gli aqcuedotti sono la prima grande opera che serve all’Italia. A fine giugno il Forum dei Movimenti per l’Acqua si è già dato appuntamento per un convegno nazionale: ci sono molte cose da discutere e decidere.
Anche il Trentino si è istintivamente mosso in questa direzione: i comitati hanno voglia e bisogno di confrontarsi per delineare i prossimi passi. Che hanno al centro l’autorganizzazione, la partecipazione, la gestione dei beni comuni fuori da logiche mercantilistiche. La nostra provincia si è spesa con generosità ed allegria per questa battaglia sfoderando una delle migliori percentuali di affluenza d’Italia. Gente che attorno all’acqua si è costituita soggetto pensante, proponente, politico. E che da oggi sarà protagonista nelle decisioni più importanti. Gente che vuole essere parte della soluzione e non solo del problema.
Sabato alle 12.30 presenteremo il libro “La visione dell’acqua – Un viaggio dalla cosmogonia andina all’italia dei beni comuni”[ed Nova Delphi] a Caldonazzo, nell’ambito del Trentino Book festival, e sarà occasione per parlare del referendum per l’acqua.bene comune. Nell’introduzione del libro il grande scrittore uruguayano Eduardo Galeano dice, parlando del plebiscito che mise l’acqua come diritto nella Costituzione del Paese: “La gente confermò anche di non essere tonta e di sapere che più presto che tardi in un mondo assetato le riserve di acqua saranno concupite quanto o più delle riserve di petrolio”.
Francesca Caprini