“Adesso basta sull’acqua decidiamo noi”. La società civile italiana non solo non sta zitta, ma si organizza e crea un fronte d’opposizione coeso, allargato, e davvero determinato. Stiamo parlando della privatizzazione della gestione delle acque nazionali, approvata – ma si potrebbe dire imposta, visto il ricorso al voto di fiducia - attraverso il decreto legge 135/09 Ronchi il 19 novembre scorso, nello stupore e nello sdegno della gente e dei movimenti non solo italiani, ma europei e latinoamericani. Una indignazione forte e trasversale – movimenti, associazioni cattoliche, singoli intellettuali e sindacati, partito d’opposizione e organizzazioni dei consumatori hanno messo da parte protagonismi e storiche differenze politiche per dire no all’acqua come merce – che nell’arco di alcuni mesi ha disegnato un percorso a tappe che prevede una manifestazione nazionale a Roma – il prossimo 20 marzo – ed un referendum abrogativo.
“Se il Governo Berlusconi pensava, con l’approvazione dell’art.15-decreto Ronchi, di chiudere i giochi sulla privatizzazione dell’acqua, consegnando questo bene comune agli appetiti dei mercati e delle grandi multinazionali, si è sbagliato di grosso”, si legge nel comunicato diramato in questi giorni dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, la piattaforma organizzativa all’interno della quale si stanno coordinando le maggiori iniziative nazionali, ma anche le decine di vertenze territoriali che dal nord al sud del Paese evidenziano il netto rifiuto popolare alla privatizzazione idrica. Un dato per tutti, il moltiplicarsi degli enti locali che stanno inserendo nel proprio statuto la dicitura “acqua a non rilevanza economica”, e le Regioni e le Provincie che hanno espresso la volontà di impugnare davanti alla Corte Costituzionale, l’articolo 15 del Dl Ronchi, che mette a bando alcuni servizi pubblici locali. Puglia di Vendola in primis.
Sabato 20 marzo dunque, tutti in piazza per la grande manifestazione nazionale a Roma per ribadire il NO alla privatizzazione dell’acqua, per riaffermare che l’acqua è un bene comune e un diritto umano universale e per chiedere l’immediata approvazione della legge d’iniziativa popolare presentata nel 2007 con il sostegno di oltre 400.000 cittadini, che chiede la ripubblicizzazione dell’acqua e la sua gestione partecipativa.
Dal prossimo mese di aprile, e dopo una serie di consultazioni con i partiti all’opposizione – che sono stati però di comune accordo lasciati fuori dal comitato promotore del referendum, proprio per non incorrere in protagonismi “spaccagruppi” – verrà lanciata una grande campagna di raccolta firme per la promozione di tre referendum abrogativi: uno per abrogare l’art.23bis, uno per l’art. 150 del Decreto Ambientale 152 e il terzo per abrogare parte dell’art. 154 del Decreto Ambientale 152. Una scommessa che, a detta dei promotori – un fronte davvero amplio, che oltre il Forum vede anche federconsumatori, Arci, legambiente, WWF, Popolo Viola, Grillini e molti altri – ribalterà il triste primato di quorum in binaco che caratterizza l’Italia. I Comuni che hanno nel frattempo costituito il ‘Coordinamento nazionale degli enti locali per l’acqua pubblica’, si riuniranno il prossimo 6 marzo a Roma con la loro prima assemblea nazionale. E molto altro è in cantiere per determinare la riappropriazione sociale di un bene comune da sottrarre al mercato.
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