Roma, 30 aprile 2012 - Una enorme diga gonfiabile e una folta delegazione di rappresentanti di comunità italiane e straniere impattate dai progetti dell’Enel hanno accolto oggi gli azionisti della compagnia giunti presso la sede di Viale Margherita, a Roma, per il loro incontro annuale.
L’assemblea degli azionisti della principale azienda energetica del nostro Paese è inoltre coincisa con il lancio della campagna “Stop Enel, per un nuovo modello energetico”, a cui hanno già aderito oltre sessanta realtà italiane e internazionali. Due rappresentanti delle campagne italiane e internazionali hanno poi preso la parola durante l’assemblea per portare a conoscenza degli azionisti tutti i conflitti socio-ambientali attualmente esistenti al mondo causati da progetti targati Enel, direttamente o tramite le sue controllate.
Oggi l’Enel, per il 31 per cento ancora di proprietà statale, è attiva nel settore dell’energia elettrica e del gas in 40 Paesi. Con l’acquisizione della spagnola Endesa nel 2009, ha ereditato diversi impianti e progetti in varie località dell’America Latina. Per esempio in Cile, in Guatemala e in Colombia, Paesi da cui sono arrivati esponenti delle comunità locali per chiedere uno stop alle opere in fase di realizzazione, come le dighe nella Patagonia cilena e nei territori mapuche, e delle giuste compensazioni per quelle già in fase di completamento come El Quimbo (Colombia) e Palo Viejo (Guatemala).
Ma l’Enel è sinonimo anche di carbone, sia all’interno del nostro territorio nazionale che in Europa dell’Est. Sono anni che i No Coke di Civitavecchia e Porto Tolle denunciano gli impatti possibili e quelli già riscontrati delle centrali attive o in fase di riconversione. Ma anche a Porto Romano (Albania) e Galati (Romania) i pericoli di un modello energetico fallimentare e che non fa che esacerbare i cambiamenti climatici sono ben conosciuti e sbandierati dalle comunità locali.
Per far giustificare lo sfruttamento del carbone, l’Enel impiega in maniera ingannevole terminologie come “carbone pulito” e sfrutta al meglio i cosiddetti meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto, che consentono alle imprese di continuare ad inquinare, assegnando veri e propri permessi di emissione in cambio della costruzione di impianti di energie rinnovabili.
La neonata campagna ritiene che “l’Enel è pertanto responsabile di promuovere in Italia ed esportare all’estero un modello energetico insostenibile e obsoleto, basato su una produzione centralizzata per mezzo di grandi impianti, imposti alle comunità locali e velati da compensazioni economiche elargite ai comuni o ai governi compiacenti. Operando in questo modo non si migliora la qualità della vita dei cittadini, ma si incentiva l’industria estrattiva e un’economia basata sullo sfruttamento illimitato delle risorse”
Per info: Luca Manes 335 57 21 837 - Enzo Vitalesta 347 6482702