RICORDATE LA STAGIONE del «partito dei sindaci»? Oggi, per fortuna, restano solo le macerie di quell'ondata, mentre idee molto diverse di amministrazione del territorio, che poco interessavano ai promotori di quel movimento, sembrano diffondersi, pur non senza limiti e contraddizioni, tra gli oltre ottomila comuni italiani. Certo la Rete del Nuovo Municipio sembra aver perso smalto e anche il Coordinamento degli enti locali per la pace mostra stanchezza, mentre esperienze come la Rete dei comuni solidali piuttosto che le Città del bio e l'Associazione dei comuni virtuosi rivelano un invidiabile stato di salute. L'ultimo arrivato è il Coordinamento nazionale degli enti locali per l'acqua bene comune, che si riunisce in assemblea il 6 marzo, a Roma, e di cui sentiremo parlare molto in primavera.
Che intorno all'acqua esista ormai un movimento ampio quanto sottovalutato lo dimostra il numero crescente di forum locali per l'acqua, ma anche la quantità di amministrazioni locali che negli ultimi mesi hanno approvato modifiche del loro statuto e ordini del giorno a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico. L'effetto Parigi, la cui amministrazione, come è noto, ha deciso di non confermare i contratti con i due giganti privati dell'acqua, Veolia e Suez, in Italia è diventato il punto di partenza per moltissimi enti locali di piccole dimensioni ma, nelle ultime settimane, anche per quelli più grandi.
Quello che è accaduto a Torino, ad esempio, è emblematico: il popolo dell'acqua in giugno ha consegnato oltre dodicimila firme al consiglio comunale per chiedere che la proprietà e la gestione dei servizi idrici siano pubbliche. L'8 febbraio il movimento dei cittadini è riuscito a far presentare e approvare anche una delibera d'iniziativa popolare, con la quale per la prima volta una grande città afferma, nel proprio statuto, che l'acqua è un bene comune e deve essere gestita totalmente da soggetti pubblici. A essere sconfitto - da una parte della sua maggioranza - è stato il sindaco Sergio Chiamparino, uno dell'ex partito dei sindaci.
Pisa non è Torino, ma quel che è accaduto nella città della Torre è altrettanto significativo: nonostante da queste parti non esista un forum locale di cittadini, il consiglio comunale ha approvato all'unanimità, tre settimane fa, la mozione presentata dal consigliere comunale di Rifondazione comunista, Marcelle Brini, in difesa dell'acqua pubblica.
Atti formali analoghi sono stati approvati, con i media piuttosto «distratti», dai comuni di Cosenza, Ferrara, Gubbio, Livorno, Mantova, Napoli, Trento, Venezia così come da diverse Province e soprattutto dalla Regione Puglia e dalla Regione Valle d'Aosta. Ma il cuore della campagna «Salva l'acqua», proposta dal forum dei movimenti e alla quale possono aderire gli enti locali, restano amministrazioni come Anghiari [Arezzo], i piccoli comuni del Coordinamento regionale siciliano degli enti locali per l'acqua, quelli del Coordinamento pugliese e molti altri sparsi in tutte le regioni. Tra questi, Cassinetta di Lugagnano [Milano], il comune del «consumo di suolo zero», o Petralia Sottana [Palermo], noto per aver ospitato in giugno l'incontro nazionale dei Gruppi di acquisto solidale, come a dimostrare che i nessi della battaglia in difesa dell'oro blu con altri temi sono numerosi.
Rosario Gallo, sindaco di Palma di Montechia-ro [Agrigento], uno dei comuni che ha promosso il Coordinamento regionale siciliano degli enti locali per l'acqua, è convinto che la cultura amministrativa della fine degli anni novanta, secondo la quale la privatizzazione di tutti i servizi pubblici è un fatto «naturale» e obbligatorio, si avvia al tramonto. Spiega Gallo: «In Sicilia esistono un forte movimento di cittadini e una rete importante di circa cento amministrazioni, per un totale di un milione di abitanti, che hanno promosso un'iniziativa popolare per la legge regionale in favore dell'acqua pubblica. I tre mesi entro i quali era necessario raccogliere l'adesione di almeno quaranta consigli comunali oppure di un decimo della popolazione siciliana scadono il 2 marzo e sono stati più che sufficienti. Ma non ci fermiamo, presenteremo anche quarantamila firme di cittadini per dimostrare che la partecipazione popolare è enorme».
Malgrado le scelte del governo Berlusconi, dunque, sono sempre di più a pensare che la difesa dell'acqua possa avere un esito positivo. Anche nei territori in cui le resistenze di amministrazioni legate al Partito democratico restano prevalenti, come in Toscana, non c'è rassegnazione. «Nella provincia di Arezzo, la prima in Italia a sperimentare la privatizzazione, il fallimento di quella scelta è sempre più evidente - dice Danilo Bianchi, eletto con il Pd sindaco di Anghiari [Ar], comune di seimila abitanti - ma non tra gli amministratori. La tariffe pagate dai cittadini sono molto più alte di qualche anno fa, è cresciuto l'indebitamento pubblico, perché sulla carta il 54 per cento della proprietà è pubblico ma di fatto il comando è completamente lasciato nelle mani della multinazionale Suez, e non è migliorato il servizio. Per ora, come diciamo da queste parti, siamo 'becchi e bastonati', ma presto saranno in molti a cambiare idea».
Secondo Danilo Bianchi, il ruolo del Coordinamento nazionale degli enti locali per l'acqua «sarà decisivo per la battaglia referendaria che comincia in marzo», con la quale si propone l'abrogazione delle norme che hanno privatizzato i servizi idrici, e per una nuova stagione di difesa di tutti i beni comuni. Il movimento «l'acqua è del sindaco» si prepara per il brindisi.