È un piacere trovarmi qui fra le cittadine e i cittadini di Trento e della città vicine, e di condividere con delle grandi donne del mondo le esperienze personali e collettive del nostro paese, l'Uruguay, del nostro continente l'America.
Ringrazio per questa opportunità che colgo per riassumere e presentare i metodi, i modi, le visioni delle lotte intraprese nel mio paese e in quella regione e anche per apprendere da alcune lezioni vissute da altre compagne in altre vicende attraverso le quali sono passati i nostri popoli.
Per me è molto importante spiegarvi chi sono e da dove vengo. Ma anche perché mi trovo qui, grazie a tutti gli sforzi e al lavoro di tante e tanti compagni che mi hanno consentito di avere questa possibilità di condividere con le popolazioni di Trento e di varie regioni d'Italia l'esperienza in Uruguay.
Credo che il fatto di poter contare sulle mie relazioni con alcune reti permanenti, con molte persone del mio paese e di altri paesi abbia arricchito la mia vita e mi abbia dato la meravigliosa opportunità di raccontarlo a voi.
La mia vita in Uruguay è molto semplice, come quella di un qualsiasi lavoratore, ma, anche se sembra incredibile per semplice che possa essere la vita di uno qualsiasi di noi, quando viene raccontata in base al proprio vissuto, apporta qualcosa si nuovo e di creativo per tutto il movimento. Entro quindi in quel tunnel dei ricordi e della memoria, per ispirare il mio racconto sui processi di costruzione della cittadinanza.
Io lavoro da 24 anni presso un Organismo Pubblico di servizi (fornitura di acqua potabile, reti fognarie,) alla popolazione uruguayana . La copertura è di circa il 99% della popolazione per l'acqua potabile e del 45% per le fognature.
Obras Sanitarias del Estado, OSE è l'Organismo Pubblico creato con la legge 11907 nel 1952, che lo aveva definito con la competenza di “offrire un servizio di acqua potabile e di reti fognarie che anteponesse le ragioni di natura sociale e igienica a quelle economiche”. Questo articolo III della Carta Organica è stato fondamentale per le politiche e per le competenze che portarono alla creazione di questo servizio in quegli anni.
Il servizio pubblico di fornitura di acqua fino a quel momento era stato affidato ad una società inglese che alla fine della seconda guerra mondiale era passata nelle mani del governo uruguayano insieme alle ferrovie, in pagamento del debito estero che gli inglesi avevano contratto per acquistare carne bovina.
Così, questo Organismo e le aziende pubbliche del nostro paese (energia, telecomunicazioni, combustibili, poste), hanno sempre conservato una gestione culturalmente statale. Lo stato visto dal popolo uruguayano come una proprietà del popolo. Una cultura ed un sentimento contraddittori, dal momento che lo stato è quello stesso stato represso nei momenti di caduta delle istituzioni, quando ci fu il colpo di stato, quando anche la sua burocrazia, non ostante tutto, quello che rappresenta lo stato in Uruguay è percepito come qualcosa del popolo.
Negli anni '90, così come si è verificato in quasi tutta l'America Latina - a seguito della strategia del Consenso di Washington - vennero avviati dei processi di squalifica delle aziende pubbliche e la promozione del passaggio di questi servizi al capitale privato transnazionale e nazionale. Si trattò in definitiva di togliere quella visione sociale per passare ad una visione imprenditoriale e di lucro.
Tutto ciò, in quel momento, in generale e in particolare, e per me personalmente, fu qualcosa che noi associammo a delle politiche governative nazionali promosse dai nostri governi di turno e rapportabili a delle politiche globali che rispondevano ad una maggiore dipendenza dagli organismi internazionali del credito, in un ordine mondiale capitalista e neoliberista.
Poi, lungo la strada, abbiamo anche imparato quanto siano integrati gli obiettivi di questo problema planetario e tutti i diversi modi di affrontarlo e la necessità di unirci per capire la realtà presente e frenare le contraddizioni che sono insite nell'essere umano.
Fu esattamente nel 1992 quando nel mio paese iniziò una lotta incessante attraverso le consultazioni popolari per difendere il diritto all'acqua, ai servizi di base, all'energia, ai combustibili, alla telefonia, ecc.
Il meccanismo della democrazia diretta è stato ed è uno strumento fondamentale per noi uruguayani, dopo undici anni di lunga dittatura militare che aveva colpito duramente i movimenti insurrezionali e i compagni impegnati nelle lotte sociali, sindacali e politiche che vennero uccisi, esiliati e costretti al silenzio per tanto tempo. I plebisciti e i referendum sono stati fin dall'avvento della democrazia i mezzi di espressione diretta del popolo sugli argomenti trascendentali, ma anche la strada per arrivare ad un modello istituzionale che ha fatto tremare più di un partito politico.
Le lotte successive all'anno 1985, si basavano piuttosto sulla costruzione di una coscienza sociale e collettiva, per accumulare forze e cambiare attraverso i processi democratici l'ordine legale e giuridico, così come quello istituzionale e dare nuovi valori alle politiche pubbliche e alle richieste della popolazione più bisognosa.
La povertà e la disuguaglianza si stavano acuendo fino a raggiungere dei valori storici, il 20% di disoccupazione.
Un debito estero che superava il PIL del paese, mostrava uno scenario quasi impossibile da sovvertire.
Siamo andati avanti così per 5 governi dopo il ripristino della democrazia rappresentativa e, personalmente, ho sempre sentito il dovere di lottare per la giustizia sociale, per le opportunità per tutti e così, all'interno del mio sindacato FFOSE, ho formato il mio forte impegno basato su quei principi e su quei valori.
Sono stati momenti difficili, le ferite dell'esilio, la tortura, le crisi finanziarie che hanno scosso la regione nel 2002, potremmo dire 20 anni senza tregua, ricostruendo sempre ricostruendo la cittadinanza, la partecipazione e la motivazione.
La mia esperienza personale, legata particolarmente all'acqua e anche a questi valori, era incominciata da bambina, in seno alla mia famiglia discendente da spagnoli e italiani che vivevano a Villa de Aguas Corrientes, un paese di non più di 1000 abitanti sulle sponde del fiume Santa Lucia.
In quel paesino si trova il più grande invaso per la produzione di acqua potabile del paese, dove si producono fra 600 e 700 milioni di litri d'acqua trattata al giorno per i 2/3 della popolazione del paese (1.800.000).
Il nostro è un piccolo paese (1.727.000 Km2) con una popolazione di 3 milioni di abitanti.
In questo impianto per la produzione d'acqua hanno lavorato perfino 600 lavoratori. (Attualmente non sono neanche 250 mentre è raddoppiata la produzione di acqua trattata per tutta la zona metropolitana – Montevideo – Ciudad de la Costa), ciò significa che la vita del paese da sempre e fino ai giorni nostri, si è basata sulla produzione di acqua potabile per Montevideo, dal fiume Santa Lucía.
I miei due nonni (materni e paterni) hanno lavorato per l'azienda inglese di acqua potabile negli anni compresi fra il 1930 e il 1952 e io sono cresciuta in quel villaggio ascoltando la sirena che chiamava a prepararsi per il cambio di turno tutti i lavoratori che abitavano nei pressi dell'impianto.
Mio nonno Rivera, mi ha sempre raccontato la istoria dal suo punto di vista socialista del mondo e mi ha anche insegnato i valori verso quella società senza sfruttati né sfruttatori, e mi ha trasmesso il disprezzo per il servilismo, per il profitto personale, per l'adulazione, per la falsa personalità. Mi faceva sempre notare la bellezza delle cose semplici. Ricordo i racconti della sua militanza con i suoi unici due alleati nei suoi “anni giovanili” e pensavo veramente: “che coraggioso era mio nonno, solo in tre per un'assemblea e magari bastava per far sperare nel cambiamento”.
Gran parte della mia famiglia ha lavorato in questa società divenuta poi un Organismo Pubblico, dato che in quel luogo quella era l'unica fonte di lavoro, oltre al servizio che si poteva prestare alla popolazione.
Un paese dove la pesca e tutte le abitudini della popolazione sul fiume, avevano marcato il suo profilo di paese piuttosto dipendente dalle città vicine, come Santa Lucia a soli 7 Km. e Canelones a 12 Km.
Personalmente devo ricordare i valori di solidarietà, di vita comunitaria e di condivisione delle cose semplici che ho appreso da quello scenario così piccolo, ma così pieno di insegnamenti. Lì dove ho goduto nel mangiare della pesca di mio nonno, o del podere, a gioire del silenzio del fiume, delle carezze e degli aromi degli alberi del bosco. Il mirto, il capoc, la ginestra, tanti aromi che oggi mi ricordano dei momenti indimenticabili.
Ho imparato che la comunità è molto importante nelle nostre vite, per tutto, quando abbiamo bisogno di affetto, o delle necessità economiche, quando cresciamo i nostri figli, quando abbiamo dei problemi gravi.
Ricordo anche che non c'era la televisione e che le giornate duravano molto di più che in città. Quando io avevo dieci anni ci siamo trasferiti definitivamente a Montevideo e là la mia vita era diversa. Molto più veloce, più intensa nelle responsabilità. Con poco tempo per guardare quelle cose semplici. Incredibilmente, quei primi 10 anni avevano segnato la mia vita per sempre. E poi, da adolescente, il mio contatto permanente con il paese sarebbe stato determinanti per la mia vita.
Oggi mi chiedo sempre: come facevano i miei nonni? Come riuscivano ad avere tanto tempo?
Non sono riuscita a trovare la risposta, ma nei miei momenti di riflessione cerco di trovare delle similitudini fra la loro vita e la mia. Cerco di recuperare quello stato emozionale così meraviglioso.
E anche quel modello di amore, che si viveva in quella coppia, con mia nonna Chica, sua moglie, dal quale ho imparato quel modo di amare, quel modo di vivere di un uomo e di una donna.
Nel 1984 sono entrata come funzionaria amministrativa nello stabilimento di Propios, nel settore sindacale più combattivo dell'Organizzazione. Su 800 lavoratori, in maggioranza uomini, noi donne eravamo circa 20; eravamo solidali con tutte le misure e le azioni che venivano intraprese. È stato in quello stabilimento che ho imparato il cameratismo, il rispetto fra uomini e donne lavoratrici e anche fra le diverse gerarchie. Eravamo molto uniti, non ostante le diversità, stavamo sempre insieme, pronti a lottare. A quel tempo, io avevo già 3 figli piccoli e mi ero separata dal loro padre, i miei compagni furono essenziali in quei momenti difficili della mia vita.
Ricordo che entrai il 10 Dicembre 1984 (per 20 anni abbiamo rappresentato l'ultimo cambiamento generazionale insieme a molti compagni) e la settimana dopo essere entrata, era scoppiato un conflitto sindacale che sarebbe durato oltre 3 mesi, con il quale riuscimmo ad ottenere degli importanti miglioramenti salariali per tutti i lavoratori del paese.
In quello stabilimento si riparavano pompe per tutto il paese, per la distribuzione dell'acqua attraverso gli alimentatori, per fare le perforazioni, per rifornire i villaggi, vale a dire, tutta la mano d'opera specializzata nel riparare, ricostruire, riciclare e mantenere in funzione il sistema di fornitura dell'acqua in tutto il paese.
Con il terzo governo democratico del presidente Julio María Sanguinetti (partito Colorado), quell'impianto venne smantellato e suddiviso in Zone, (anno 1996) attaccando così uno dei principali bastioni sindacali dei nostri lavoratori del settore dell'acqua potabile. Nell'impianto si fece resistenza con uno sciopero generale nel 1973, contro la dittatura fascista ed è un grande orgoglio per tutte e tutti i lavoratori della OSE ricordarlo. Oggi, il comitato di base degli operai continua a chiamarsi Sector Propios, in memoria di questa meravigliosa organizzazione che ha sostenuto grandi lotte sindacali personali e di tutta la società uruguayana.
Nel 1998, dopo lo smantellamento dell'impianto di Propios è iniziato il processo chiamato di “concessione delle opere pubbliche” che includeva nelle nuove leggi l'autorizzazione per portare avanti queste iniziative in tutta la zona interna del paese. Avanza quindi la privatizzazione e si apre una fase della mia vita che definirei di indignazione ma, che nel contempo e di nuovo mi doveva insegnare molto, grazie agli apporti fondamentali di molti compagni, vecchi e cari, che ci hanno tramandato la storia, il come e anche la speranza “il si può”.
Tutto può essere trasmesso e lo abbiamo li per prenderlo e continuare l'opera. Questo l'ho scoperto man mano che interpretavo i fatti concreti legati ad una visione del mondo, dei governi, di quelli che comandano e di quelli che più soffrono. Questo richiamo che sorge dall'intimo di una persona, è il prodotto di un sentimento profondo che sovverte le ingiustizie, le iniquità emergono allora con forza per scatenare una serie di decisioni che ci impegna per questi principi e per questi valori.
Oggi siamo riusciti a far entrare i giovani e altri lavoratori per trasferire le conoscenze prima che i nostri vecchi compagni se ne vadano. Questa sensazione di non poter trasferire la conoscenza per mancanza di gente giovane, ha tormentato sempre tutti i lavoratori. Evidentemente si preparava o per meglio dire, si abbandonava tutto per privatizzare.
La privatizzazione del dipartimento di Maldonado, nell'ottobre del 2000, è stato uno dei momenti più tristi che io ho vissuto come lavoratrice. In una giornata piovosa, noi compagni del sindacato siamo andati tutti in autobus a vedere come si sarebbero consegnati gli impianti della OSE di Maldonado alla gestione di URAGUA, composta da azioni dell'azienda pubblica di Aguas de Bilbao, Iberdrola e Kartera 1, capitale spagnolo per 30 anni.
Abbiamo resistito per 5 anni da quando era iniziata l'offensiva del governo del presidente Julio María Sanguinetti (partito Colorado), ma appena assunse il potere il presidente Jorge Batlle (partito Colorado) nel marzo del 2000, consegnò la concessione il 2 ottobre dello stesso anno. Quel giorno ci siamo vestiti a lutto in tutti gli impianti della OSE del paese. Fu un vero lutto.
Ormai nel dicembre del 1992, ad Est di quello stesso dipartimento, c'erano state delle trattative con 2 ex ingegneri della OSE, l'Ing. Bellagamba e l'Ing. Gross, che avevano creato una loro impresa nazionale, la SEINCO, con capitale dalla impresa di costruzioni Benencio Construcciones, per fornire i servizi di fornitura di acqua potabile e fognature alla popolazione di quella zona. Arrivarono a gestire 2900 servizi.
Dopo 5 anni dall'autorizzazione parlamentare approvata da tutti i partiti politici, eccetto un solo legislatore, il Senatore Helio Shartoo, si associarono con la multinazionale Aguas de Barcelona, filiale della Suez e, per 14 anni incassarono il 700% in più delle tariffe che nel resto del paese.
Tutto questo venne restituito due anni dopo la riforma della Costituzione (ottobre 2006).
Il dipartimento di Maldonado è uno dei più ricchi del paese ed è rimasto nelle mani delle multinazionali che l'hanno gestito per 14 anni, ad Est (Aguas de la Costa) del torrente Maldonado e per 5 anni ad Ovest del torrente Maldonado
(URAGUA).
Grazie alla Riforma Costituzionale del 31 Ottobre 2004, il popolo uruguayano ha accompagnato con il 64,7% della popolazione questi processi che hanno portato alla restituzione degli impianti e all'abbandono definitivo del nostro paese da parte delle multinazionali.
Questa riforma che segue tutto un processo di definizione, elaborazione e, finalmente un apparato organizzativo che ci ha portati al trionfo, è riuscito a far allontanare gli stranieri dal paese, ma non nel caso dell'impresa nazionale SEINCO che continua a detenere il 40% delle azioni di Aguas de la Costa in società con il governo uruguayano che detiene il 60% delle azioni di una impresa mista, che è chiaramente incostituzionale e che il governo uruguayano dice di avere carattere provvisorio.
Concludendo e per spiegare le buone pratiche e i nodi cruciali di questa organizzazione che si è andata legando come reti fra le reti. Vi racconterei che la proposta di riformare la costituzione fu di un cittadino di una comunità che si chiama Ciudad de la Costa, in un altro dipartimento chiamato Canelones, dove oggi vivo con la mia famiglia. Il 12 giugno del 2001 in un'assemblea denominata “Commissione in Difesa dell'Acqua e dei Servizi Fognari della Ciudad de la Costa e Pando”, i lavoratori dell'acqua potabile, delle reti amici della terra, e di altre organizzazioni sociali, anche di Maldonado (Lega per la Promozione delle Sorgenti) abbiamo convocato la popolazione della comunità affinché dichiarasse che l'acqua è un diritto fondamentale dell'uomo e che l'acqua superficiale e sotterranea sarebbero passate al demanio pubblico. In questo modo si sarebbero annullate tutte le leggi che avevano consentito tutti quei meccanismi discriminanti e ingiusti, in modo tale che tutti possano avere accesso all'acqua, indipendentemente dalle proprie condizioni sociali ed economiche. Con questo articolo si sarebbero frenati i tentativi partirti dal governo per promuovere dal FMI con Lettere di Intenti firmate dal governo per “mettere all'asta le acque correnti del paese”.
Questa struttura che era iniziata con un'organizzazione locale e con delle convocazioni estese a tutti i settori sociali, ha funzionato sempre in un clima fraterno, di rispetto, e con la tecnica per raggiungere i consensi per poter andare avanti. Ricordo i grandi compagni e le persone che cercavano gli strumenti creativi e intelligenti per generare una coscienza tra la popolazione locale sull'importanza dell'acqua, ad esempio Ariel, con la su bicicletta vestita da leggenda come “PER TOGLIERE LA SETE” e percorreva la comunità tutta e tutti i sabati presentava alla Fiera di Lagomar, insieme a sua moglie Juanita, la mappa dell'Acuífero Guaraní a tutti quelli che passavano con i loro acquisti del sabato.
Per noi è stato fondamentale, avere uno strumento completo, diverso e partecipativo, con tutto ciò che questo comporta. In effetti, nascevano delle idee creative, affiorava la sensibilità, la solidarietà e per questo siamo stati duramente criticati dalla stampa tradizionale, dai partiti politici dell'opposizione e dalla stessa Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Abbiamo anche dovuto sostenere dei forti dibattiti all'interno dello stesso sindacato e con gli altri compagni lavoratori.
Per esempio, indicare che la lotta per la difesa dei nostri posti di lavoro ha a che fare con la lotta per preservare la risorsa idrica, senz'acqua non c'è vita e nemmeno lavoro.
La partecipazione di una società non solo comprende quelli che sono organizzati, ma soprattutto quelli che non lo sono.
Quindi, per la redazione dell'articolo, venne creata la Commissione Nazionale in Difesa dell'Acqua e della Vita, CNDAV, che avrebbe avuto sei mesi per la redazione e la consultazione dell'articolo da presentare alla considerazione di tutta la popolazione uruguayana nell'ottobre del 2004. Il Dott. García Duchinni e il Dott. Bismark Font, insieme a dei cari compagni della Facoltà di Scienze, come Ricardo, Marcel e Anita sarebbero diventati i pilastri fondamentali per la redazione giuridica e ambientale dell'articolo.
Per quel momento e quello spazio, quel modo di lavorare per creare una coscienza su tutto quanto avesse un significato, voleva dire perdere il controllo delle nostre riserve d'acqua superficiali e sotterranee, oltre che della gestione del nostro organismo pubblico, che ha avuto un ruolo sociale fondamentale e che ha attraversato trasversalmente le differenze ideologiche, religiose, politiche. È stato dimostrato che l'interesse generale, la difesa delle cose che ci danno una migliore qualità della vita, è al di sopra di qualsiasi interesse personale o corporativo.
Quei momenti di assemblee plenarie quasi permanenti hanno rafforzato anche i vari laboratori nei quali noi lavoravamo sui principali pilastri del nostro obiettivo che era: mettere la difesa dell'Acqua nell'Agenda sociale e politica.
Uno dei pilastri presentati era la visione internazionale della situazione della risorsa idrica; un'altro è stata la questione economica; quella giuridica e da ultimo, quella ambientale.
Con questi strumenti, ogni persona dalla propria organizzazione usciva preparata per dare le risposte a qualsiasi dibattito in qualsiasi regione del paese.
Si sono così organizzati dibattiti nei quartieri, presso le case-famiglia, le chiese, le scuole, i lice, le piazze e tutti gli spazi che lo richiedessero e, a partire dall'ACQUA, abbiamo parlato di tutto, perché l'acqua ha a che fare con tutte le cose della nostra vita quotidiana.
Con la Costituzione modificata, con le privatizzazioni multinazionali di ritorno alle loro case madri, con un cambiamento di governo di taglio progressista, dopo 200 anni di governi conservatori, dobbiamo dire che questa lotta è continua, e per noi donne lo è più che mai, con la costruzione di reti sempre più numerose fra i popoli e le culture e gli uomini e le donne.
La privatizzazione dei servizi pubblici è stata "ritardata" di giorno in giorno, “fermata” ma, l'appropriazione delle nostre riserve d'acqua da parte del capitale transnazionale continua ad avanzare attraverso gli IED (Investimenti Stranieri Diretti) nella stranierizzazione della terra, le monocolture e le mega imprese industriali.
Questa è una lotta per cambiare le regole dei rapporti fra gli esseri umani e con la natura. In termini storici, questo è solo un soffio di ossigeno per un mondo che cammina in senso assolutamente contrario.
La nostra principale missione in quanto creatrici della vita sarà di anteporre sempre azioni, pensiero e lavoro per quell'unico e grande fine per il quale siamo stati creati, vivere in letizia fra eguali.
Molte legislazioni hanno raccolto lo spirito delle nuove politiche da promuovere da parte dei governanti del popolo, ma la cosa più difficile è convincerli del fatto che è l'unica possibilità per le generazioni future. Tornare a livelli produttivi più ridotti, sperare nel recupero della natura, rispettare gli ecosistemi e distribuire la ricchezza in modo equo. I governanti non possono permettere che dei paesi così ricchi abbiano la loro popolazione così povera. Bisogna capovolgere questo ordine politico.
Reti sindacali, sociali, di contadini, indigeni, reti di giovani e di donne, è questo che facciamo.
La nostra cara Rete Vita fa parte di questo, riportandoci la memoria, riportandoci le culture ancestrali per metterle al servizio dei nostri bambini e dei giovani. Lottando e resistendo alle pressioni economiche e militari, come nei paesi fratelli della Colombia e dell'Ecuador, o con le TLC in Costa Rica, Messico e El Salvador.
L'America Latina sta resistendo, sta proponendo, sta cercando alternative, come avviene in altri continenti, in molti paesi, come pure qui in Italia, sappiamo della lotta dei nostri fratelli italiani per il diritto umano all'acqua, nelle diverse regioni, dove sono all'erta e disposti a difendere i loro beni pubblici, le proprie risorse naturali.
Dal 2003. la fondazione della Rete di Vigilanza Iberoamericana per la Difesa del Diritto all'Acqua, è per noi motivo di orgoglio per i suoi principi basilari che continuano ad essere sempre più validi e degni, è per noi motivo di orgoglio per la sua breve vita, ma di enormi successi e progressi, è per noi motivo di orgoglio per essere stata l'ispirazione, come lo era stata la guerra dell'acqua in Bolivia, perché molti più donne e uomini, giovani e bambini si fermino a pensare su dove stiamo andando con questa logica del mercato.
Questa rete funziona con lo scambio di informazioni, con gli incontri biennali, nei quali si sono tenute già due assemblee continentali, nel 2005 a Porto Alegre (Brasile) e nel 2007 a Lima (Perù). Ma è anche il legame della sua lotta con i compagni di diverse organizzazioni che lottano per la terra, contro le dighe, per i diritti umani, per le trasformazioni politiche. È una rete politica; viene definita rete politica quella che affronta con decisione questo modello capitalista, predatore e ingiusto. Perché si ritrovi il legato delle nostre culture di origine. La Rete ha vinto le frontiere politiche, integrandoci, mettendoci in comunicazione, dandoci il suo appoggio e, come l'acqua… non conosce frontiere.
Non ci sono frontiere per la cooperazione e la solidarietà, basta volerla, basta avere la volontà di esercitarla.
Come donna ho imparato che dobbiamo dare i tempi e controllare le ansie, e continuare sempre ad organizzare il raggiungimento di quel grande e nobile obbiettivo che è la felicità di tutti gli esseri umani.
Come donna mi interessa moltissimo rafforzare l'organizzazione della nostra presenza a tutti i livelli delle organizzazioni e della politica. In ogni luogo da me percorso durante questa lotta per la vita ho trovato delle donne coraggiose e decise che promuovevano dei progetti di cambiamento, di coscienza, di organizzazione.
Sono rimasta ammutolita davanti all'umiltà e al sacrificio delle donne africane e davanti alla saggezza delle donne indigene Colombiane e Boliviane.
Quando ho accettato quella bella sfida che è stato il primo Forum Sociale Mondiale nel 2001, a Porto Alegre, dove conobbi tante persone di culture diverse che sentivano e pensavano in modo molto simile a come si sentiva e si pensava nel mio paese, pensai in silenzio:, quanto ci hanno separato? Perché ci hanno separato tanto?
I padroni del mondo, loro si che ci conoscono tutti e sanno tutto di noi, ma anche noi ci stiamo conoscendo e ci stiamo unendo. Ci mettono i bastoni fra le ruote, ci impongono regole, ci indicano modelli, ci copiano i líder, cercano di farci guardare con sfiducia a causa della nostra razza, del nostro aspetto, per le nostre idee, ma con tutto ciò noi andremo avanti e, come ai tempi dei miei nonni, costruiremo di nuovo quello spazio, per poter tornare alla pace della mia infanzia, quando il cibo si trovava nei fiumi e nella terra seminata, quando i vestiti li tessevano le nonne, quando i frutti si mangiavano cogliendoli dagli alberi, quando c'era tempo per pensare e per riflettere.
Molte grazie a tutti a nome dei miei compagni dell'Uruguay e di tutta la Red Vida
Fraternamente,
Adriana Marquisio
CNDAV – FFOSE
Federacion de Funcionarios de Obras Sanitarias del Estado
Uruguay
598-29242477
598-29244858
Riferimenti Web:
Agua y Vida -
Red VIDA