“Voi siete colpevoli dell’allegria della maggior parte del popolo paraguaiano”. Con queste parole Fernando Lugo, ex vescovo e teologo della liberazione, ha salutato le prime notizie dei sondaggi postelettorali che proclamavano la sua vittoria come presidente del Paraguay.
Fernando Lugo ha 57 anni e presenta un lungo curriculum di spiritualità, riflessione e lavoro a fianco dei più poveri fra i poveri. Sacerdote, laureato in Sociologia e Spiritualità in Italia, missionario della congregazione verbita attraverso la quale ha lavorato nel continente latinoamericano, espulso nel passato dal Paraguay paese a causa dei suoi “sermoni sovversivi” e vescovo della diocesi di San Pedro, la più povera del paese sudamericano, oggi è l’immagine di una nuova svolta politica, avvenuta nel cuore del Sudamerica.
Lugo ha vinto la presidenza del Paraguay con il 40,9% dei voti, secondo un sistema che non prevede il ballottaggio. La coalizione da lui guidata, l’Alleanza Patriottica per il Cambio (APC) ha messo fine al dominio indiscusso del partito colorado che ha governato per 62 anni di fila. Nicanor Duarte Frutos, presidente uscente, ha riconosciuto i risultati delle elezioni dichiarando che “per la prima volta nella storia politica del Paraguay vi sarà un passaggio di poteri da un partito all’altro senza spargimento di sangue, senza colpi di stato e senza violenza”. Intanto nella Plaza de los Heros lo aspettavano migliaia di militanti della sua coalizione. Importante presenza simbolica, quella di Hebe de Bonafini, presidente delle Madri di Plaza de Mayo, venuta dall’Argentina per accompagnare la vittoria.
Il sogno elettorale inizia nel 2006, quando Lugo convocò una marcia in opposizione al progetto di modifica costituzionale di Duarte che cercava una “via legale” per essere rieletto per la terza volta. Alla marcia ad Asunción parteciparono ben 45.000 persone. Un risultato non sperato. Nello stesso anno Lugo rinunciò al ministero sacerdotale, decisione che causò non poche critiche, una sospensione “a divinis” ed il muso lungo di Ratzinger, che non vedeva di buon occhio l’ascesa politica di un Teologo della Liberazione. Ma lo stesso Lugo, intervistato dall’agenzia Misna pochi giorni prima delle elezioni affermava “ho cambiato attività ma cerco di realizzare quello che Papa Pio XI diceva quando affermava che l’attività politica è l’espressione più sublime della carità”.
Il partito Colorado, che aveva candidato Blanca Olverlar, risultava ormai troppo debole, corrotto e pieno di scissioni interne. Si era trasformato in un contenitore di potere e repressione, passando per 35 anni di dittatura di Alfredo Stroesser, generando un deterioramento economico e sociale del paese ed affidando le sue risorse in mano ad un’oligarchia nazionale terratenente ed all’agrobusiness da esportazione.
Altri rivali validi per le elezioni erano l’Unione Nazionale di Cittadin Etici (Unace) che candidava Lino Oviedo e Patria Unida che candidava Pedro Fadul. Entrambi non presentavano una vera alternativa di cambio, e miravano alla semplice perpetuazione dello status quo. Oviedo avrebbe mantenuto la presenza di un’oligarchia terratenente di matrice “colorada” e gonfiata di populismo e Fadul non avrebbe avuto scrupoli nel mantenere alta la bandiera del neoliberismo che difficilmente nasconde le enormi disuguaglianze sociali del paese.
La stessa APC rappresenterà, di fatto, una sfida per Lugo. È una coalizione rappresentata da un universo di partiti e movimenti con differente storia e vigore politico. Tra questi, il Movimento Popolare Tekojojia (che in lingua Guarani significa Vivere con Giustizia) fu fondato dallo stesso sacerdote ed è espressione del suo ideale politico, in quanto agglomera diverse organizzazioni Indigene e Campesine. Il Partito del Movimento al Socialismo (P-MAS) che, oltre a richiamare con la suggestione del nome la coalizione del presidente indigeno di Bolivia, si impegna in un lavoro quotidiano con i settori marginali della capitale, con la gioventù ed i settori più bisognosi della classe media di Asunciòn. A questo si aggiunge il Partito Liberale Radicale Autentico (PLRA), uno dei più importanti partiti del paese con una forte presenza di latifondisti che non è esente dal dibattito interno tra il progetto democratico e la continuità oligarchica dell’ordine sociale esistente.
Il progetto della APC, a detta del neoeletto presidente, non sarà costituito da un documento fiume, pieno di punti e propositi, ma da pochi obiettivi fondamentali. In primo luogo assicurare una riforma agraria integrale per i 300.000 contadini senza terra. Non solo ripartizione di terra ma anche assistenza tecnica, crediti agevolati, formazione cooperativa. La creazione, insomma, di un modello produttivo differente, che elimini la repressione e la discriminazione dei piccoli produttori, molti dei quali parlano esclusivamente il Guarani. In un paese dove oggi vi sono circa 2.500.000 di ettari di soia (un territorio grande quanto il Piemonte) e dove solo nel 2002/2003 dovettero lasciare la terra oltre 100.000 persone per l’espansione di questo cereale.
In secondo luogo, ricostruire l’uguaglianza sociale, in un paese dove 500 famiglie gestiscono la ricchezza ed il potere a scapito del 50% dei 6 milioni e mezzo di paraguaiani che vivono al di sotto della soglia della povertà. Una delle drammatiche conseguenze della disuguaglianza sociale è l’esodo della popolazione verso i paesi del nord (in primo luogo in Spagna) o verso le zone urbane. Un viaggio che da decenni ha il capolinea nei cinturoni di emarginazione e di oblio delle periferie latinoamericane.
In terzo luogo, una riconciliazione nazionale, politica e sociale, in modo da creare un tavolo di dialogo, superare per sempre l’odio sociale e creare regole democratiche di convivenza. Dopo decenni di dittatura e la partecipazione al Plan Condor, programma di sterminio e di annichilimento di intere generazioni in tutta la regione che ebbe proprio ad Asunción il suo centro operativo.
In quarto ed ultimo luogo, il recupero dell’istituzionalità e dell’indipendenza della giustizia. La Corte Suprema di Giustizia è stata sottomessa al potere politico, con sei decenni in cui il partito unico (colorado) si identificava con lo stato. Per questo l’obiettivo è di una giustizia sia autonoma, indipendente e sovrana e non sia assoggettata ad alcun partito politico.
Per comprender la problematica e la storia del Paraguay, bisogna considera l’immensa ricchezza di risorse naturali che possiede. La principale risorsa del paese è l’energia idroelettrica, seguita dalla produzione agricola (principalmente soia e cotone) e dalla produzione bovina. Il paese possiede tre centrali idroelettriche, una nazionale ed altre due binazionali, condivise rispettivamente con Argentina (ripresa di Yacyretà) e Brasile (ripresa di Itaipù).
Il Paraguay è l’unico paese del Mercosud (il blocco continentale di cui fa parte insieme ad Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela) con eccedenza idroelettrica. Nonostante ciò, consuma solo il 10% di quest’energia, mentre il 59% proviene dalla biomassa (legna, carbone e bucce di frutti), il 30% dal petrolio e l’1% dai biocombustibili (principalente etanolo prodotto dalla canna da zucchero).
Due trattati firmati nel 1973 con Argentina e Brasile sulla gestione delle dighe binazionali, permettono ai paesi “fratelli” di comprare energia idroelettrica eccedente dal Paraguay a condizioni vantaggiose, che riceve appena 250 milioni di dollari annuali. In aggiunta, per soddisfare il suo fabbisogno energetico, il Paraguay compra 750 milioni di dollari di petrolio all’anno. Un risultato assurdo, non solo per il vai e vieni di energia, ma anche per il fatto che un paese che fornisce energia a buona parte della regione, deve pagare per soddisfare il suo fabbisogno interno.
Se l’energia idroelettrica prodotta dal Paraguay fosse venduta a prezzo di mercato, il paese recupererebbe 3 miliardi e mezzo di dollari all’anno, rispetto ai 250 milioni attuali (meno del 10%). Già un mese prima delle elezioni Lugo aveva presentato il problema a Lula, manifestando la propensione al dialogo. Il giorno dopo i risultati elettorali, Lula si affrettava a confermare che il trattato di Itaipù non sarà modificato. Il Brasile ha sete di energia, visto che il programma per l’accelerazione della crescita è il cavallo di battaglia del secondo mandato del presidente operaio. Programma che ha richiesto fin dal principio un elevato consumo energetico per elettrificare aree rurali e distretti industriali.
Non finisce qui. Nel sottosuolo del Paraguay, insieme a quello di Argentina, Brasile ed Uruguay, si trova l’Acquifero Guaranì, una delle più grandi riserve idriche sotterranee del pianeta (la seconda o terza per volume d’acqua). Si calcola che, se sfruttato in maniera sostenibile, potrebbe fornire acqua potabile di buona qualità a l’intera popolazione mondiale per i prossimi 200 anni. Una ricchezza immensa, minacciata da quanto avviene in superficie: dighe e sbarramenti, fertilizzanti e pesticidi dell’agricoltura, contaminazione industriale, sfruttamento indiscriminato, prelievo ed imbottigliamento sono solo alcuni dei pericoli, attuali e potenziali, che vive l’acquifero.
Oltre all’importante militarizzazione dell’esercito brasiliano, ed ai movimenti delle forse armate argentine ai limiti dell’acquifero, non è un caso la presenza di 500 militari nella base aerea Mariscal Estigarribia, nel Chaco Paraguaiano, molto vicino alla triplice frontiera (Argentina-Brasile-Paraguay). Una posizione ideale per la “supervisione” strategica delle risorse della regione.