"articolo" cols="86" rows="15">UNA CORAGGIOSA DECISIONE DI OSCAR OLIVERA
LEADER DELLA GUERRA DELL’ACQUA DEL 2000 A COCHABAMBA (BOLIVIA)
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Oscar Olivera, sconfisse il sistema e ora rinuncia per convocarci a vincerlo
Con queste parole alte e dure, Oscar Olivera si accomiata per restare. Lo aveva già fatto nel momento di vincere con la sua gente la “guerra dell’acqua”, inizio della fine del saccheggio. Esempio del cammino della libertà. Oggi annuncia il suo commiato, se ne addolora e se ne rallegra, ci addolora e ci emoziona. Si accomiata da qualunque ombra di mediocrità, di menzogna, di inganni e da tutte le meschinità e falsi onori di cerimoniali e di prestigio, per posizionarsi definitivamente nel luogo a cui appartiene: la lotta degna, irrinunciabile, modesta, indelegabile e trasparente. Oscar Olivera termina ora di annunciare un salto e le sue parole ricordano la storia irrinunciabile che dobbiamo trasformare in realtà a favore della vita. Queste sono parole del mondo che già stiamo costruendo, costi quello che costi, “…poiché tutti siamo figli e figlie della terra, non siamo figli del sistema”.
RINUNCIO AL MIO INCARICO MA NON ALLA LOTTA CONTRO L’INGIUSTIZIA, LA CORRUZIONE E PER L’EMANCIPAZIONE DEI NOSTRI POPOLI
“Il processo non è propaganda, il processo non è chiacchiera, il processo non è marketing, il processo è cambiare la vita della gente.”
Compagni e compagne
CGTFB, FTTFC, Segretari e Segretarie Generali dei Sindicati Fabriles, Sorelle operaie, fratelli operai, Sorelle e fratelli delle organizzazioni sociali.
Al mio amato popolo.
Fratelli e sorelle tutti e tutte:
Sono trascorsi 14 anni e trentatre giorni giorni da quando decisi personalmente, contando sull’appoggio delle basi operaie cui appartengo, di assumere l’incarico di diventare il principale portavoce degli operai e delle operaie di Cochabamba e il 9 dicembre 1955 uscii dai laboratori della fabbrica Manaco.
Il 12 gennaio 1944 nasceva nelle viscere della fabbrica Manaco il glorioso e combattivo Sindacato Manaco al quale mi onoro di appartenere da oltre 31 anni allorché entrai come aiutante del maestro lattoniere Sinforiano Montaño, il 4 settembre 1978. Il 12 gennaio del 2000 l’impresa Manaco decise di licenziare 60 operai, la maggioranza veterani, a causa di problemi finanziari.
Sempre un 12 gennaio, nell’anno 2000, il Coordinamento di Difesa dell’Acqua e della Vita – del quale, per i casi del destino, divenni, senza chiederlo, uno dei principali portavoce – convocava la prima grande occupazione per la dignità di Cochabamba difendendo il diritto all’acqua, il diritto alla vita, contro il malgoverno, contro la privatizzazione dell’acqua, contro la corruzione. Così ebbe inizio la Guerra dell’Acqua.
Oggi, 12 gennaio 2010, a 66 anni dalla fondazione del sindacato Manaco, 10 anni dopo aver reso possibile il recupero della nostra VOCE e la nostra capacità di DECIDERE come gente comune e lavoratrice, come Popolo, in maniera personale e malgrado che manchi un anno al termine del mio incarico, HO DECISO DI LASCIARE L’INCARICO DI SEGRETARIO ESECUTIVO DI QUESTA GLORIOSA, DEGNA E MODESTA FEDERAZIONE DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI FABRILES DI COCHABAMBA.
Questa rinunzia al mio incarico e responsabilità la compio in maniera dolorosa e triste, ma al medesimo tempo allegro e con speranza. In maniera dolorosa e triste perché il sistema economico neoliberista, il sistema dei partiti, dei caudillos e dei signori ha deformato la mente ed i cuori di migliaia e migliaia di giovani lavoratori mentre la maggioranza di questi li ha obbligati a dimenticare la propria storia, i propri valori, la propria cultura, le proprie origini, il proprio destino e li ha condannati ad un presente di sottomissione, di subordinazione, di rassegnazione, di rabbia, di impotenza e rinuncia. Questi giovani lavoratori e lavoratrici stanno vivendo una schiavitù silenziosa e clandestina.
Dolorosa e triste perché questa forza, questa energia, questa capacità di indignarsi e mobilitarsi recuperata con la Guerra dell’Acqua, oggi sono state di nuovo espropriate come nel 1952, come nel 1970, come nel 1982, come nel 2003, dai partiti e dai governi che si dichiarano governi nostri. Ancora una volta ci siamo lasciati espropriare della nostra VOCE, della nostra autonomia di movimenti sociali. In questi anni la nostra lotta era diretta a recuperare l’indipendenza e la voce; questo volevamo essere, questo dobbiamo tornare ad essere.
Ma nello stesso tempo abbandono questo posto in maniera allegra e con speranza, perché nel tempo di questo breve cammino abbiamo incontrato uomini e donne, ragazzi e giovani, anziani e anziane, professionisti o no, e da tutti coloro ho sperimentato la loro generosità, la loro abnegazione, il loro amore per il popolo, per la lotta, per la giustizia, il loro rifiuto alle opportunità e alle prebende, alle lusinghe del denaro degli incarichi, delle rappresentanze istituzionali o di sindaci di comunità, comprendendo che prima di tutto il vero potere non appartiene a “quelli di sopra” ma stà in ciascuno di noialtri e noialtre, in basso e a sinistra, come dicono i fratelli e le sorelle indigene del Chiapas, gli e le zapatiste.
In questo percorso, molte volte incompreso, abbiamo incontrato gente disposta a lottare, a guardare in faccia e negli occhi il potere, di dire NO alla subordinazione partitaria, di assumere azioni e atteggiamenti di dignità. Questo ci ha rafforzato durante questo tempo e per questo me ne vado con allegria e speranza.
Se vi è qualcosa che stiamo lasciando come eredità più alta alle generazioni future e presenti che oggi lottano per la loro emancipazione, questa non è fatta di ponti o palazzi, non di rendite né premi; non abbiamo ossequiato persone altolocate perché questo è inganno, è truffa.
Stiamo lasciando la possibilità che è possibile costruire spazi di dignità e libertà, spazi di allegria e di speranza. Questa Federazione e la Coordinadora sono il referente morale, la riserva morale di un processo di cambiamento iniziato molto tempo prima del 2000. Non abbiamo impegnato la nostra parola con nessuno, ne col padrone, né col caudillo, né con alcun partito. Ci siamo parlati e ascoltati, abbiamo discusso e confrontato idee, abbiamo deciso e fatto, come quando occupammo le fabbriche con i padroni all’interno, quando accerchiammo il potere politico statale o quando abbiamo cacciato Presidenti o la transnazionale dell’acqua; questo è stato possibile e questo dobbiamo tornare a fare, questo non possiamo dimenticarlo, questo è il vero potere, questo significa recuperare la politica per il Popolo.
Abbiamo imparato a pensare e ad agire personalmente affinché nessuno possa più dirci quello che dobbiamo fare, affinché nessuno possa più ingannarci, affinché il voto popolare, la fiducia e la speranza che si sono svegliate negli ultimi tempi dai settori più impoveriti e degni non si converta in festa per i ricchi, per i potenti, per i neoliberisti travestiti da agnelli, per le “miss”. Il processo non è propaganda, il processo non è chiacchiera, il processo è cambiare la vita della gente.
Perciò saluto i giovani lavoratori e lavoratrici che oggi accettano la sfida e il compito di rendersi responsabili di questa federazione di questa casa e di questo spazio che sono del Popolo.
Per terminare voglio ringraziare la gente che è presente in questa sala e che rappresenta il sentire e il lottare e il lavorare di molti altri e altre che non sono potuti venire, queste persone sono miei fratelli e mie sorelle, quelli e quelle mi sostennero quando ero debole e incredulo. Ringrazio anche coloro che sono stati sleali dai quali ho imparato a non esserlo, a tutti e tutte voi, non voglio fare nomi perché sarebbe ingiusto, non mi interessa se sono bianchi o bruni, indigeni o meticci, professionisti o commercianti, ma in modo speciale ai comitati e alle cooperative dell’acqua, ai regantes e alle regantas[19]che mi restituirono e mi inculcarono il modo di vedere la vita dei nostri antenati, ai miei fratelli e sorelle operai e operaie delle fabbriche e dei laboratori clandestini di Cochabamba e del paese, a coloro che ebbi l’onore e l’orgoglio di rappresentarli e di lottare assieme, ai degni dirigenti sindacali fabriles di tutti i livelli, a tutti e tutte voi senza distinzioni, perché tutti siamo figli e figlie della terra, non siamo figli del sistema.
Infine voglio ringraziare la mia famiglia. Come succede sempre con le famiglie dei sindacalisti queste sono le ultime nelle attenzioni e nei ringraziamenti. Sono già anni che mia madre venne e si sedette in una delle sedie lì dietro; di fronte a lei e a molti di coloro che oggi mi accompagnano giurai di non mentire, di non essere pigro, di non tradire[20] e così mi sono impegnato a fare, con tutti i miei limiti e i miei difetti. Oggi rinnovo questo giuramento di fronte a voi, davanti ai miei figli e figlie, ai miei fratelli e le mie sorelle che sono qui. Esse ed essi che sanno che mai ho mentito loro e che mai ho posto a rischio le loro vite, i loro cuori, le loro esistenze, i loro sogni, che sono anche i sogni del nostro popolo. Oggi con queste dimissioni e questa rinunzia a questo posto di lotta, condivideremo in maniera più legittima, come sempre, e costruiremo pure come sempre, dal basso, dall’uguaglianza, da dove sta il vero potere, la possibilità di un mondo migliore, solidario, reciproco, rispettoso, trasparente, allegro e in movimento.
Fino alla vittoria, Senza Padroni, Senza Caudillos, Senza Partiti Né Privatizzazioni, Né nazionalizzazioni, Né Statalizzazioni……AUTEGESTIONE
La Llajta (Cochabamba-Bolivia), nel mese di gennaio 2010, mese di poca acqua, di poca pioggia e di molto carnevale elettorale.
Oscar Olivera Foronda
Tradotto da A.Z. dal sito http://www.nasaacin.org/noticias.htm?x=10924
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