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In Messico continuano aumentando le violazioni dei diritti umani da parte di un governo sempre più deciso a terminare con la questione indigena. Si inasprisce il livello di repressione, aumenta la militarizzazione dei territori indigeni. Dopo l’articolo di Magdalena Gómez, pubblicato su La Jornada, da noi tradotto la settimana passata, che illustra la preparazione di una forte offensiva contro le comunità zapatiste, pubblichiamo la dichiarazione di alcune popolazioni autoctone e organizzazioni dello Stato Federale di Guerrero, in lotta contro una deriva sempre più autoritaria e repressiva delle istituzioni del paese.
Oggi che le nostre voci si sono incontrate nel 14° anniversario del Centro dei Diritti Umani della Montaña Tlachinollan, siamo consapevoli che la nostra sofferenza ha una stessa origine che risale alla colonizzazione spagnola, che volle strappare le nostre radici con un solo colpo. Le politiche etnocide e l’estirpazione delle idolatrie contribuirono a seppellire le nostre lingue e la nostra cultura per impossessarsi di ciò che i governi hanno sempre voluto: sfruttare i nostri territori e tutta la ricchezza biotica che abbiamo saputo conservare in maniera responsabile.
Condividiamo una storia di ignominia, e invece di far sì che le nostre lingue, le nostre conoscenze, le nostre forme di vita comunitaria e i nostri valori relazionati ad una democrazia partecipativa fossero aggiunti al patrimonio nazionale e di tutta l’umanità, i governi si sono sposati con il libero mercato per prostituire le nostre civiltà mesoamericane. Come popoli indigeni e contadini mai abbiamo cercato di distruggere un’altra cultura o di fare guerra ad altri popoli, e neanche ci siamo ossessionati per conquistarli e imporre loro altri nomi e altri governi; non abbiamo il minimo interesse a convertire altre popolazioni alle nostre credenze né di approfittare del potere per lucrare sulla ricchezza collettiva.
Questo nostro atteggiamento rispettoso verso gli altri è stato inteso dalla società dominante e dai suoi governi creoli come ingenuità, debolezza e mancanza di raziocinio. Ci considerano di età inferiore volendo scambiare piccoli specchi con il nostro oro, utilizzando le leggi del dominatore per sottometterci, cooptarci, e farci sentire i privilegiati dei governi dispotici. La nostra memoria collettiva è il bagliore che continua a darci la luce per non titubare e non perdere la strada della dignità e della nostra identità come popoli differenti, portatori di una grande civiltà.
La distruzione della nostra civiltà come figlie e figli del mais, si esprime adesso con l’imposizione di politiche e programmi che ci denigrano, ci dividono e ci trattano come oggetti da assistenza sociale. Quando ci organizziamo e assumiamo una coscienza di popolo con pieni diritti e esercitiamo le nostre libertà, i governi in maniera razzista e discriminatoria intraprendono una repressione sproporzionata contro le nostre lotte che si incentrano sulla esigenza dei nostri diritti basici. Lottiamo contro la fame, contro l’analfabetismo, contro le malattie, contro la povertà, contro l’ingiustizia, contro le leggi che ci opprimono e contro i malgoverni che ci reprimono.
Siamo stati obbligati a recuperare la nostra parola per portarla nelle piazze pubbliche e non ci siamo adeguati a circolare per le strade come esseri sottomessi, rassegnati a sopportare le nostre miserie. Davanti agli spazi chiusi e alla mancanza di canali di dialogo, le strade adesso sono i nostri spazi per esprimerci come popoli, come soggetti con diritto, per evocare ai governi questo atteggiamento insolente, superbo e colmo di disprezzo così da obbligarli affinchè rispondano alle loro responsabilità costituzionali e agli accordi internazionali circa i diritti umani.
Ci siamo resi conto che a maggiore organizzazione del nostro popolo segue una maggiore persecuzione, più cresce la nostra capacità per poter ricostruire la nostra storia e le nostre utopie, più si rafforzano gli apparati repressivi dello Stato. I governi preferiscono investire più nella tecnologia e negli armamenti come strategia di una guerra preventiva invece di fare un tutt’uno con i più poveri per poter così combattere dalle radici le cause della miseria. Con l’inasprimento del conflitto sociale, il governo tenta di metterci con le spalle al muro: ha circondato i nostri popoli con maggiore polizia, ha voluto appropriarsi dei nostri territori, e le cupole dei partiti si sono alleate per imporre leggi che cercano di spogliarci dei nostri diritti e del nostro patrimonio.
Di fronte ai conflitti sociali che ogni anno si moltiplicano all’interno del nostro stato, il governo ha trovato una forma facile e irresponsabile per posticipare la soluzione di queste problematiche, collocandole nel campo penale: giudica i conflitti per poter così definire i nostri lottatori sociali come delinquenti e lucratori sociali.
Dobbiamo alzare ancora di più la voce per affermare che la protesta sociale è un diritto fondamentale di tutti i cittadini ed è ciò che ci permette di esercitare le nostre libertà e gli altri diritti fondamentali. Dobbiamo denunciare che le leggi sono ingiuste nei confronti del popolo impoverito e che la forma di accogliere le richieste della società è coniugata ad una guerra di bassa intensità che cerca il controllo politico dei popoli per rendere invisibile l’impunità e la corruzione di un sistema che vuole distruggere la speranza in un nuovo modo di vivere nel sogno della giustizia.
Il governo, giudicando i conflitti e trasferendoli ad un confronto legale, scomette in un contenzioso lungo e debilitante con i popoli e preferisce lasciare alle agenzie dei ministeri pubblici un problema che ha un origine marcatamente sociale; il nuovo governo preferisce detenere i lottatori sociali nelle carceri poiché punta allo smantellamento e alla frammentazione dei popoli pensando di poter incarcerare i desideri di giustizia ed i sogni di libertà.
Nonostante esistano più di 200 denuncie nei ministeri pubblici contro i difensori dei diritti umani nel Guerrero, si sono moltiplicati i movimenti di resistenza i quali, creativamente, hanno reinventato forme di lotta per conquistare quegli spazi civili che sono stati privatizzati da un governo gerarchico e poliziesco. Le statistiche della repressione ci parlano di un governo poco incline al dialogo, autoritario e incapace di dare risposte alle richieste della società. Il carattere poliziesco ha sostituito la politica e le carceri si sono trasformate nei nuovi territori della negoziazione politica attraverso il processo penale.
I casi del Consiglio Cittadino di Chilapa e della Norma Rurale di Ayotzinapa, sono un esempio di questa criminalizzazione della protesta. La persecuzione e l’imprigionamento dei membri della radio Ñomndaa, del Consiglio del popolo Bátháá, della Polizia Comunitaria, dei leader del Cecop e la persecuzione nei confronti della PIM di Ayutla, ci mostrano uno scenario avverso che annuncia un ambiente di scontro politico dove le autorità svolgono il triste ruolo di difendere gli interessi del grande capitale e di chiudere in carcere coloro che lavorano affinchè ci sia giustizia per tutti.
Con questa dichiarazione i popoli e le organizzazioni qui riunite, rivendichiamo davanti all’opinione pubblica il diritto inalienabile di protestare contro le ingiustizie e gli abusi di potere, chiediamo:
- La fine della criminalizzazione della lotta sociale;
- Che si fermi la militarizzazione delle regioni indigene;
- Punizione per le autorità militari e civili che hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani;
- Libertà immediata per i 5 compagni di El Camalote, i quali si trovano detenuti presso il carcere di Ayutla e che sono vittime di una campagna di dequalificazione e criminalizzazione della loro lotta indipendente;
- che il governo dello stato rispetti completamente la raccomandazione emessa dalla Commissione Nazionale dei Diritti Umani a favore dei 14 indigeni me’phaa di El Camalote che sono stati sterilizzati forzatamente;
- rispetto per le raccomandazioni emesse dai relatori delle Nazioni Unite e delle commissioni pubbliche dei diritti umani;
- circa la libera determinazione dei popoli indigeni, riconoscimento e appoggio al Sistema di Giustizia e Sicurezza Comunitaria implementata dalla Coordinadora Regionale delle Autorità Comunitarie;
- rispetto per la decisione dei popoli contadini di La Parota che votarono contro il progetto della diga idroelettrica, secondo gli usi e costumi che sono riconosciuti dalla Dichiarazione Universale sui Diritti dei Popoli Indigeni;
- la fine della persecuzione e della prigione per Cándido Félix Santiago, leader morale del Consiglio del popolo Bátháá;
- rispetto per il progetto della radio comunitaria Ñomndaa de Xochistlahuaca e la fine della persecuzione dei suoi fondatori;
- esigiamo rispetto per le richieste legittime degli studenti della Normale Rurale di Ayotzinapa che contrastano l’imposizione di politiche di privatizzazione e la minaccia di cancellare il progetto di educazione popolare implementato dalla loro fondazione. Contemporaneamente esigiamo che il governo federale e statale smetta di “giudicare” la richiesta legittima degli studenti che apirano a ottenere una piazza, così come maestri.
- Richiediamo la desistenza degli ordini di arresto contro gli indigeni nauas del Consiglio Cittadino di Chilapa e contro il direttore del Centro Regionale dei Diritti Umani José María Morelos, Pavón e Manuel Olivares.
- Da queste montagne ci uniamo alla campagna della Rete Nazionale dell’Organismo Civile dei Diritti Umani “Tutti i Diritti per Tutte e Tutti”, in relazione con il diritto alla protesta che rappresenta il diritto fondamentale che ci garantisce l’esercizio degli altri diritti.
La Montaña fiorirà quando la giustizia abiterà tra i me’phaa, i na savi, i nauas, gli amuzgos ed i meticci.
ATTENTAMENTE
Consejo de Ejidos y Comunidades Opositores a La Parota (Cecop),
Consejo para el Desarrollo del Pueblo Indígena Me´phaa de la variante lingüística Bátháá.
Consejo Ciudadano de Chilapa
Asamblea General de Ejidatarios de Carrizalillo
Organización del Pueblo Indígena Me’phaa (OPIM)
Organización para el Futuro del Pueblo Mixteco
Unión de Mujeres Ecologistas de la Sierra de Petatlán
Escuela Normal Rural de Ayotzinapa Raúl Isidro Burgos
Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias
Cooperativa Kimi Taxa
Colectivo Torito A.C
Consejo de Jornaleros Agrícolas de la Montaña
Radio Comunitaria Ñomndaa de Xochistlahuaca
Programa de Aprovechamiento Integral de los Recursos (PAIR)
Movimiento de Campesinos Indígenas de la Montaña
Movimiento de resistencia civil de Tlapa
Instituto Guerrerense de Derechos Humanos
Red Guerrerense de Organismos Civiles de Derechos Humanos.
Centro Regional de Derechos Humanos José María Morelos y Pavón.
Centro de Derechos Humanos de la Montaña Tlachinollan
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Traduzione di Andrea Lorini