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Manfred Reyes Villa è ormai l'ex prefetto di Cochabamba.Nel referendum revocatorio di domenica scorsa, almeno il 63% della popolazione della Regione  ha decretato la fine del suo mandato. Lanciando accuse di frodi elettorali, e facendo intendere fino all'ultimo che non avrebbe lasciato il suo incarico, nella giornata di ieri Reyes Villa ha docuto abbandonare i suoi uffici prefetturali e lasciare il posto, temporaneamente, al suo vice, Jhonny Ferrel.E mentre il senatore regantes Omar Fernandez ha già avviato le pratiche per una investigazione ufficiale sull'operato di Reyes Villa degli ultimi due anni, i cui conti sembrano presentare, secondo Fernandez, parecchie irregolarità, le organizzazioni sociali di Cochabamba hanno annunciato un prossimo incontro con il presidente Morales per designare il nuovo prefetto interino. Reyes Villa e’ un uomo politico dal passato pesante:  formato militarmente alla Escuela de Las Americas, e’ stato affianco alle  figure piu’ nefaste della recente storia boliviana: dal dittatore Banzer a Luis  Garcia Mesa a Gonzalo Sanchez de Lozada. Come sindaco di Cochabamba, nel 2000, Reyes  Villa indebito’ la cittadinanza – che sta ancora pagando – per oltre 40 milioni  di dollari e fu protagonista della svendita dell’acqua pubblica all’impresa  privata “Aguas del Tunari”. Cosa che porto’ alla sollevazione popolare della  cosidetta “Guerra dell’Acqua” dell’aprile di quell’anno (repressa militarmente,  un morto). Tre anni dopo era accanto al “Goni” – Sanchez de Lozada – che ordinava  di sparare sulla folla di El Alto che chiedeva di recuperare le eccedenze economiche  provenienti dalla svendita del gas boliviano: tra febbraio ed ottobre, quasi  100 morti. Molti aspettavano questo momento da tempo: esattamente dall'11 gennio 2007, il cosiddetto "enero negro", quando gli scontri fra diverse fazioni della cittadinanza - i contadini ed indigeni che manifestavano pacificamente da giorni vennero selvaggiamente attaccati dai componenti armati del Comitè Civico della città - lasciarono un saldo di tre morti e 400 feriti. Gravi furono le responsabilità del Prefetto. Per denunciare quelle che furono giornate di guerra civile, pubblicammo un articolo sul Manifesto, che alleghiamo. 
Francesca Caprini – Il Manifesto 
Cochabamba - 16 genn ’07 
 
L’11 gennaio scorso a Cochabamba, Bolivia, un esercito  irregolare di giovani appartenenti al movimento derechista “Joventud  Democratica” in appoggio al prefetto della città Manfred Reyes Villa, ha  attaccato con inaudita violenza, spalleggiato da gruppi di paramilitari provenienti  da varie parti del Paese, da Santa Cruz in particolare - i manifestanti  cocaleros che da giorni chiedevano le sue dimissioni. E’ stata una  mattanza: in migliaia – circa tremila, armati di bastoni, mazze da baseball,  catene e purtoppo anche pistole  - hanno  affrontato i campesinos nella centrale Plaza de Las Banderas dove stavano  manifestando. Due i  morti – un cocalero colpito da una pallottola e un giovane della fazione  opposta di nemmeno diciassette anni linciato dalla folla - 240 i feriti di cui  204 campesinos, fra i quali donne e bambini.
  Reyes Villa e’ un uomo politico dal passato pesante:  formato militarmente alla Escuela de Las Americas, e’ stato affianco alle  figure piu’ nefaste della recente storia boliviana: dal dittatore Banzer a Luis  Garcia Mesa a Gonzalo Sanchez de Lozada. Come sindaco di Cochabamba, nel 2000, Reyes  Villa indebito’ la cittadinanza – che sta ancora pagando – per oltre 40 milioni  di dollari e fu protagonista della svendita dell’acqua pubblica all’impresa  privata “Aguas del Tunari”. Cosa che porto’ alla sollevazione popolare della  cosidetta “Guerra dell’Acqua” dell’aprile di quell’anno (repressa militarmente,  un morto). Tre anni dopo era accanto al “Goni” – Sanchez de Lozada – che ordinava  di sparare sulla folla di El Alto che chiedeva di recuperare le eccedenze economiche  provenienti dalla svendita del gas boliviano: tra febbraio ed ottobre, quasi  100 morti.
Con tutto questo, il ripudio della popolazione verso Reyes  Villa era scattato definitivamente il 14 dicembre scorso. Il prefetto aveva  annunciato di voler indire un referendum autonomico per Cochabamba. Si era  unito cosi’alla filiera di dipartimenti boliviani in cui la destra e’ al potere  - la cosidetta “Media Luna” , che con Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija sono la  parte ricca del Paese (da sola produce piu’ del 50% del PIL nazionale) - che  alla fine dell’anno passato avevano dichiarato un sedicente autogoverno per l’indipendenza.  In barba al referendum nazionale che nel 2005 aveva rifiutato con il 54% l’autonomia  regionale. 
  In contemporánea alle elezioni presidenziali del 2005 si  tennero anche quelle delle prefetture. Fu allora che in quattro regioni su nove  vinsero i partiti che una volta erano al governo – in particolare Podemos,  Unidad Nacional, Movimento Nacionalista Rivolucionario. E fu allora che la Bolivia si ritrovo’  spaccata in due, in bilico fra un governo nazionale e uno regionale.
L’11 gennaio 2007 è una data che la Bolivia non dimenticherà. Dopo gli anni  della dittatura militare di Banzer e di quella neoliberale di Gonzalo Sanchez  de Lozada, il Paese andino stava finalmente assaggiando il sapore della  democrazia e con il MAS al governo – il Movimento Al Socialismo – e l’ex  sindacalista  Evo Morales e alla  presidenza, era pronto per quello che era stato lo slogan di Morales stesso in  campagna elettorale: per “el cambio”, il cambiamento. 
  La Bolivia e’ invece  attraversata da una crisi profonda. E il giovedi’ nero di Cochabamba ne e’  stata la trágica dimostrazione. Il popolo boliviano, abituato a lottare contro  eserciti in divisa si è trovato a lottare contro se stesso. E’ stata guerra  civile.
  Il marco razzista che l’ha  contraddistinta – bande di giovani della borghesia “blanqueas” di Cochabamba e  Santa Cruz in spedizioni punitive contro i contadini del Chapare – e’ stato  impresso volontariamente dalle destre del Paese  che hanno scelto la lotta di razza e di classe  come vessillo della loro crociata secesionista. E cio’ che e’ accaduto a  Cochabamba potrebbe pericolosamente riproporsi in altre parti della Bolivia.  Gia’ nella giornata di ieri violenti scontri hanno caratterizzato  manifestazioni a Santa Cruz della Sierra. E a La Paz i movimenti sociali hanno  dato 24 ore – che scadono oggi – al Prefetto della citta’.
I movimenti sociali che sono la base naturale del Governo  Morales stanno mandando segnali discordanti. A Cochabamba dal 4 gennaio le  sigle dei cocaleros – i coltivatori di coca – dei Regantes – coloro che  storicamente gestiscono l’acqua potabile nelle zone rurali – i Comitati  dell’Acqua, operai, minatori e contadini, stavano portando avanti una massiccia  protesta contro la spinta separatista delle oligarchie del Paese. In 100.000  erano scesi nella Plaza 14 de Septiembre, iniziando una veglia permanente  davanti agli uffici della Prefettura. L’8 gennaio la polizia aveva duramente  represso la protesta, gassificando i manifestanti che avevano reagito dando  alle fiamme la   Prefettura. Tre giorni dopo, la tragedia annunciata. 
  Nella notte di ieri Garcia Linera aveva tentato di  incanalare i movimenti verso la via della legalita’, riconoscendo la legittimita’  democrática del Prefetto e valutando di procedere con l’approvazione di un  referéndum revocatorio. Il senatore del MAS Omar Fernandez, portavoce storico  dei Regantes, dichiarava pero’ che la lotta dei movimenti sarebbe andata avanti. 
Ieri pomeriggio, di nuovo le forze sociali e sindacali cochabambine  si sono date appuntamento nella Plaza 14 de Septiembre e hanno púbblicamente  rinnegato la potesta’ di Manfred Reyes Villa. Il quale, di fatto, se n’e’ gia’  andato, in fuga da venerdi’ a Santa Cruz sotto la protezione del collega  Ruben Costas. Lo ha seguito anche  il prefetto di La Paz Jose’  Luis Paredes, costretto ad andarsene di nascosto scortato dalla polizia  militare: i movimenti sociali di El Alto gli hanno dato 24 ore, che scadono  oggi pomeriggio, per dimettersi. Lui, da parte sua, ha gia’ detto che sta  prendendo “provvedimenti”.  
  La piazza di Cochabamba ha ieri di  fatto disconosciuto il “prefetto – assassino”, decretando un’investigazione sui  fatti dell’11 gennaio. I dirigenti delle sigle sindacali piu’ vicine al MAS – fra cui il senatore  Omar Fernandez – hanno cercato a lungo di prendere tempo. Ma il “cabildo  popolare” della piazza – esasperato da due settimane di veglia , con scontri e  morti – voleva l’elezione immediata di un nuovo prefetto. Le aree piu’ radicali  dei movimenti hanno preso in mano la situazione eleggendo nella nottata un “Governo prefetturale rivoluzionario”  in vece delle funzioni di Reyes Villa. Ma il viceministro per la Coordinazione con i  Movimenti Sociali, Alfredo Rada, ha gia’ fatto sapere   che il Governo non riconoscera’ nessun  governo popolare di fatto.