Dall’avvento di Evo Morales al governo – e dei settori sociali che rappresenta – la lotta per il potere in Bolivia cresce giorno dopo giorno. Gli scioperi cittadini alimentati dai più ricchi, la campagna mediatica – nazionale ed internazionale - attraverso la quale vengono esasperate le contraddizioni, i disordini per impedire l’attuazione della riforma agraria, il razzismo, e ora il referendum autonomista che disconosce il governo centrale, promosso dalle regioni nelle mani dei settori conservatori. Il 4 di maggio è un altro passo in questa escalation della tensione. Nella quale, per gli errori politici dei settori oggi al governo, non stanno trovando spazio adeguato ampli settori popolari.
La debolezza istituzionale dello stato boliviano è grande, così come le concessioni fatte da Evo alle opposizioni. Il fatto grave è che l’autonomia espressa dall’elitè di Santa Cruz, ottenuta anche con brogli, non può andare avanti senza rompere veramente con la legalità vigente: smetteranno subito di pagare le tasse, subordineranno le forze armate e la polizia e altre azioni di questo genere…un rischio che forse ancora non possono correre perché significherebbe dare l’opportunità ad Evo e ai suoi di usare tutta la forza repressiva dello Stato.
Quello che succederà d’ora in avanti non si può sapere con certezza. Che questa lotta sia un conflitto basato su contrapposizioni – Governo contro opposizioni, cattivi contro buoni – è solo la punta dell’iceberg, la gente non si allinea tutta dietro al Governo o agli autonomisti.
Nonostante il vicepresidente abbia affermato lo scorso 22 di aprile che si tratta di lotta di classe con i ricchi di Santa Cruz – questa particolare elite di allevatori, imprensari e politici – la domanda di autonomia si è diffusa in vari settori im poveriti che, dopo essere giunti in queste zone per cercare lavoro, hanno visto in qusta opposzioni l’incarnazione viva del progresso, dell’ascensione sociale e materiale.
E anche se pagano migliaia di dollari per organizzare grande adunate e marce nella propria città, i dirigente di Santa Cruz non sono esattamente democratici: sono invece razzisti e violenti. Basti ricordare come, da quando Evo Morales è presidente, abbiano picchiato indigeni e contadini per le strade, abbiano cambiato il testo del proprio statuto per compiacere i possibili alleati senza minimamente consultarsi con la propria gente.
“Evo cumple”…
I dibattiti sul carattere e i miglioramenti del “governo della rivoluzione democratica e culturale” di Evo Morales Ayma non si contano. Le relazioni con alcune organizzazioni sociali sono solide e fluide – soprattutto quelle che militano nel suo partito il Movimiento al Socialismo. I cocaleros, di cui Evo continua ad essere presidente, continuano ad essere la parte più vibrante di questi settori, e si muvono come un solo uomo dietro di lui.
Altri, che pure l’hanno appoggiato anche se tenendo una critica distanza, non sempre sono disposti a difenderlo. Per tutti, più o meno, il governo boliviano ha avuto qualche regalo: tutti traggono beneficio dei programmi sociali e della beneficienza.
In una regione povera che considera la solidarietà come la forma più importante di relazione, le popolazione boliviana ha saputo apprezzare l’aiuto dei medici cubani che sono arrivati sui territori. Il programma
“Yo sí puedo” sta srdaicando l’analfabetismo. I bonus assistenziali come quello como “Dignidad” per gli anziani, migliorano le quotidianità dei più. Così come il loro presidente che ogni tanto regala comupet a qualche comunità o si fa una partitina a calcio con le squadre locali.
Ma non è tutto oro quello che luccica. Errori e corruzione pesano. Come i trattori che venivano regalati in ogni nregione del Paese. Molti di questi venivano dal Venezuela – fabbricati con tecnologia iraniana – e si rompono con facilità e non si trovano i pezzi di ricambio. E furono portati senza aratro ( e non si trovano aratri compatibili…).
Peggio, un ex ministro di Evo, l’avvocato cruceño Hugo Salvatierra, è oggi sotto processo proprio per queste faccende dei trattori, che invece che regalare vendeva ad una piccola rete mafiosa. E così via: i casi di corruzione e le mancanze dell’amministrazione non hanno fatto bene alla popolarità del ‘jefe’. Ma, pegggio, Evo e i suoi hanno commesso il grande errore di non dare interamente la voce alla gente, e non hanno prestato abbastanza attenzione alle organizzazioni affini.
Mercoledì 16 aprile, nel pomeriggio, in una assemblea della Federación de Juntas Vecinales de El Alto – la mássima rappresentazione sociale di questa città indigena – è stata mandato via il viceministro per i rapporti coi movimenti sociali Sacha Llorenti, e rifiutati i soldi che lui portava per costruire una nuova sete, perché si voleva incontrare Evo Morales e parlare con lui. Siccome morales aveva dato buca all’appuntamento, gli aymara della città si offesero enormemente e decisero di romperer i rapporti con lui. E così è successo con altri leader sociali, come Óscar Olivera di Cochabamba o Eugenio Rojas, sindaco aymara della città di achacachi. Stufi di non essere ascoltati, hanno creato una nuova posizione politica che critica le destre ma si tiene distante dalle posizioni conciliatrici di Morales.
Gli schiavi di oggi al centro del conflitto
In febbraio, il viceministro della terra Alejandro Almaraz fece visita in una regione nel sud di Santa Cruz per dare inizio all’operazione più importante e richiosa del governo, il recupero delle terre dal potere latifondista. Nell’Alto Parapetí, la zona prescelta, c’è la popolazione più povera, quasi tutta guaranì, che vive in condizioni di schiavitù e lavora per meno di mezzo dollaro al giorno e che s’indebitano coi padroni che vendono loro vestiario e alimenti.
Almaraz fu mandato via a suon di pallottole dai possidenti terrieri, in particolare dal cittadino statunitense Ronald Larsen, padrone di 57 ettari. Il Governo ha accusato Larsen di essere un trafficante di schiavi, i terratenienti hanno per tutta risposta, indurito la loro posizione. Durante i primi 14 giorni di aprile, Almaraz ha preteso di ritornare nella zona per cominciare il suo lavoro. Non solo è stato di nuovo preso a fucilate, ma la delegazione dell’ Asamblea del Pueblo Guaraní (APG), che stava con Almaraz, è stata brutalmente picchiata. Almaraz e il governo hanno continuato a sostenere le propie accuse contro Larsen, non portando altro che le testimoninaze di gente del luogo, che sistematicamente smentiva per le minacce. La violenza segue regnando nella zona.
Maestri di scuola guaranì, membri della APG, sono minacciati ed aggrediti. Le comunità, praticamente relegate in un territorio che sembra una riserva indigena, già non ricevono cibo né possono comprare dalla popolazione dell’Alto Parpetì.Almaraz, che aveva annunciato di voler tornare nella zona con la forza, ha dovuto rinunciare per ordine di Evo in attesa che si distendessero gli animi fra i terratenienti e i leaders politici di Santa Cruz.
Maestros de escuela guaraníes, miembros de la APG, son amenazados y agredidos. Las comunidades, entre ellas un territorio comunitario de origen (algo parecido a una reserva indígena), no reciben ya comida ni pueden comprar enseres en las poblaciones de Alto Parapetí. El Viceministro Almaraz, que había incluso anunciado el uso de la fuerza policial para volver a la zona, se ha retirado de ahí con su guardia, por orden de Evo, para ofrecer ‘distensión’ a los bloqueos de los hacendados y los líderes políticos de Santa Cruz.
Cosa viene negoziato
Sabato 26 aprile con una sessione straordinaria, gli Stati Uniti decidono di intervenire per favorire il dialogo, possibilmente prima del 4 maggio. Durante la crisi del Alto Parapeto, una delegazione statunitense – capeggiata da Dante Caputo - viene in visita in Bolivia. Spinge per un dialogo fra le partiu, contrapponendosi al referéndum dell’opposizione. In genere, tutti i protagonisti – dai prefetti ai leader politici ai membri del Governo – manifestano sempre volontà al dialogo, salvo non smettere mai di insultarsi e di accusarsi.
Dagli scranni autonomisti vengono segnali favorevoli al dialogo. Ma solo dopo il 4 maggio: una mossa che viene interpretata dagli analisti per arrivare prima di Evo e dei suoi, rafforzati da una probabile legittimità davanti alle urne. Senza per questo accettare la legittimità statale all’interno del dipartimento di Santa Cruz.
Situazioni simili accadono nel Beni en el Pando, al nord, e a Tarija al sud. Accusano il governo di essere centralista e dittatoriale. Il quale, da parte sua, aveva fatto parecchie aperture, a partire dalla Nuova Costituzione. Tutto pare negoziabile, a cominciare dalla compatibilità delle autonomie con il testo costituzionale. Che lascia ad Evo e al suo governo la titolarità dell’azuioni politiche, ma pretendendo , ad esempio, che nelle offerte vengano inclusi gli ususfrutti delle risorse naturali. Tu
Nel caso dell’ Alto Parapetí, parliamo ad esempio di enormi giacimenti di gas e di petrolio, che ovviamente sono il verdo motivo delle dispurte fra Governo centrale e autonomie.
In tutto ciò, non vincerà nessuno. Di buono c’è che gli Stati Uniti non sembrano appoggiare apertamente
i cruceños, dicendo chiaramente di non apprezzare la sedizione boliviana. E nemmeo Brasile ed Argentina, stati confinanti con Santa Cruz, lo permetteranno. Ne consegue che i crucegnisti non potranno contrattare più che tanto la loro autonomia.
Andando ancora più in là, è illuminante quello che mi è stato riferito anonimamente da un membro dell’assemblea autonomica: “Non è tanto per l’autonomia o per il problema della terra…Quello che vogliono
veramente Costas e [Branko] Marinkovic è che se ne vada questo indio di merda”.
Los hijos de la “Media Luna”
Sono quasi tutti bianchi. Mangiano carne di vitello. E negli ultimi decenni, sono stati anche appoggiati
dalla varie gestioni statali e arricchiti enormemente dagli affari con le multinazionali per le estrazioni di gas e petrolio. I membri della elitè cruceña hanno dato un impulso enorme alla propria regione, considerata il centro focale di un territorio chiamato Media Luna, che si completa con i dipartimenti di Pando, Beni e Tarija: qui si concentrano immense ricchezze, estensioni di terra incalcolabili divise in meno di 50 famiglie, e la grande concentrazione, di nconseguenza, del potere politico ed economico.
Qualche decennio fa, come mostrano le fotografie, comparve una simpatica festa in maschera a Santa Cruz chiamata
“Ku-Klux-Klan”… Si nascondevano qualche criminale nazista, un po’ di croati e molti molti figli dell’aristocrazia locale, che cercavano fortuna nel commercio di legname e nell’agricoltura. In questo terreno fertile prese piede una generazione di militari che governò il Paese col ferro e nel sangue durante i tempi dei gorilla sudamericani. A capo di tutti c’era il colonnello Hugo Bánzer Suárez, il dittatore che nel 1975 regalava con decreto la maggior parte delle sue proprietà a Ronald Larsen. Sono anche i proprietari della peggiore arma in questa guerra non dichiarata: l’informazione. Attraverso i mezzi di comunicazione, con un cinismo che ricorda il Venezuela, i giornalisti venduti attaccano Evo almeno quanto difendono i propri padroni. Parimenti, odiano Hugo Chavez, che ritengono avere un’influenza enorme su Evo, visto che non ritengono il presidente boliviano abbastana intelligente da portare avanti il proprio paese nello stampo socialista.
In ogni caso, sono una elitè. Ciò significa che sono pochi. Che la loro capacità di scendere armi in mano non è così grande. Hanno un potere economico importante ma limitato, come ha dimostrato il Govenrno quando con due decreti gli impedì di esportare olio d’oliva, grano, farina, riso ed altro, visto che stavano creando volutamente una carestia per alzare il tasso d’inflazione. Soffrono, perché è il portafogli che gli fa più male, quando ricevono i colpi, alcuni ben assestati proprio da Morales.
Il paese non cambierà, dopo la consulta illegale del 4 maggio. E i
cruceños dovranno sedersi ancora una volta davanti ad Evo ed ai suoi ministri, ognuno per vedere di trovare la maniera di negoziare e di mantenere il proprio status quo. Il referendum non cambierà le cose per loro e forse nemmeno per la gente povera. Per loro poi, è anche difficile pensare a cose nuove: sono loro in fondo che mobilitano il Paese, mandano via i Governi e manifestano per settimane nelle città. Ma cnora non entrano in scena.
Da sapere…
- A Santa Cruz viene coltivata quasi la totalità Della soia e dello zucchero, di produce la maggior parte degli olii alimentari e Mopti dei beni di consumo. I padroni del giro d’affari legato all’agricoltura sono le famiglie dei principali leader autonomisti, a partire da Branko Marincovic.
- Lo scorso dicembre, la cosiddetta Assemblea Provinciale Autonomica di santa Cruz aveva presentato lo statuto che , a – dicono – era la base giuridica del referendum autonomico del 4 maggio. In un abile gioco di ombre e menzogne, gli ideologi crucegni con a capo Pblo Klinski, hanno rifatto lo statuto autonomico catalano del ’79, oggi già decaduto.
(V:http://www.ubnoticias.org/es/article/mentiras-y-plagios-de-los-autonomistas.)
- Il testo dello statuto autonomico di Santa Cruz (http://www.asamcruz.org/Estatuto_2008.pdf) spiega al capitolo 6, delle “competenze esclusive”, la capacità del governo dipartimentale di esercitare “il potere legilslativo, esecutivo e di regolamentazione” in materia di terra, e di rendite finanziarie. Cieè, possono eludere, secondo loro, la legge statale.
- Al principio di aprile i lavoratori universitari hanno denucniato come lo statuto crcegno violasse l’autonomia universitaria. Le autorità del Consiglio Dipartimentale hanno modificato il tsto con una risoluzione, come già fatto parecchie volte.
* giornalista e scrittore messicano. Collabora con numerose riviste internazionali. Fondatore del sito di informazione www.ubnoticias.org. Vive e lavora a La Paz. Autore del libro "El Alto de pié", approfondita analisi sulla Guerra del Gas deell'ottobre 2003 in Bolivia.