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18 anni fa una colonna formata dai popoli indigeni entrava a La Paz dalle regioni delle Yungas in richiesta di terra e territorio, e per una Assemblea Costituente che potesse riconoscerli come boliviani e garantire i loro diritti lungamente violati.
Agli originari delle terre basse dell’Oriente, dell’Amazzonia e del Chaco, si sommarono gli abitanti delle comunità dell’Altipiano, e in una dimostrazione di unità e forza esposero all’allora presidente Jaime Paz Zamora, questi diritti.
Ciò nonostante, dovettero passare sei governi perchè questi stessi popoli, fusi fra loro in una storica marcia nel centro politico del paese, la città di La Paz, oggi conseguissero ciò che si proposero.
“Dietro sono rimasti sofferenze, sforzi, pianti, feriti, detenuti, morti. Però oggi questo sforzo, lo sforzo di questa marcia, di queste migliaia di marce di tutti i boliviani dei nove dipartimenti che volevano una nuova Costituzione, oggi, no è più invano”, afferma il vicepresidente Álvaro García Linera.
Se la nuova Costituzione cominciò ad essere scritta nel 1990, le sue basi si costruirono durante le giornate dell’ottobre 2003 a El Alto, quando un popolo mobilitato espulse coloro che avevano venduto le ricchezze nazionali, pagando però un alto prezzo per la propria dignità: 65 morti e più di 400 feriti. [la cosiddetta Guerra del gas]
Furono 18 anni di marce di un popolo, “che dal più profondo della terra, dai quartieri, dai sindacati, dalle università, dalle fabbriche, dalle mine, scese nelle strade per dire che mai più ci sarebbe stata una Bolivia senza la gente, senza i boliviani, senza i lavoratori, senza la gente semplice, senza la gente umile”, dice ancora García Linera.
Però il vecchio sistema politico non era disposto a sottostare a questa domanda e dalla stessa convocazione dell’Assemblea Costituente, il 6 marzo 2006, cominciò a germinare una strategia delle forze reazionarie e conservatrici per renderla irrealizzabile.
In primo luogo le destre ottennero il numero sufficiente di costituenti e, con la formula dei due terzi di voto per approvare il testo costituzionale, impedirono per mesi che il Magno Foro potesse avanzare negli accordi. La maggioranza rimase alla mercè della minoranza.
Poi venne la richiesta di rendere come capitale piena Sucre: un nuovo stratagemma affinché l'Assemblea Costiuente fallisse.
Una volta che l’Assemblea approvò il testo finale a Oruro, il 9 dicembre 2007, dopo i luttuosi fatti del 24 novembre nel quartiere di Calancha, Sucre, che costarono la vita a tre persone, l’opposizione trincerata in quattro regioni reclamò l’approvazione di altrettanti statuti autonomisti nonostante fossero considerati illegal.
La nuova Costituzione si trovò ad affrontare un processo molto difficile, fatto di secessioni e rivolte, offese e morti: le prefetture che tra agosto e settembre insorsero per spodestare il presidente Evo Morales; Le violenze nella regione del Pando, dove sicari, presumibilmente al servizio del ex prefetto del Pando Leopoldo Fernández, fecero un’imboscata e assassinarono almeno 16 contadini, tra i quali un bambino di appena due anni, e fecero 100 dispersi.
Prima che la cospirazione si manifestasse con l’occupazione e il saccheggio delle istituzioni statali a Santa Cruz, Trinidad, Tarija e Cobija, il 10 agosto il popolo è riuscito ad approvare il processo di cambio e la nuova Carta Magna. Il 67,4% dei boliviani ha detto sì al processo di cui è a capo il presidente Evo Morales.
È questo il contesto e la radice del massacro del Pando. Ed è èer questo che si chiese l’intervento dell’Unione Sudamericana delle Nazioni (Unasur) che espresse un contundente appoggio al Presidente costituzionale e condannò qualsiasi tentativo di colpo di stato e destabilizzazione del governo legalmente costituito.
È in questo quadro che si riprese il dialogo governo – opposizione che è finalemnte culminato il pomeriggio dello scorso martedì 21 ottobre con la promulgazione presidenziale della Legge di convocazione del referendum risolutivo e approvativo del progetto della nuova Costituzione Politica dello Stato per il 25 gennaio 2009.
Il lavoro che non è riuscita a fare l’opposizione nei 16 mesi che durò l’Assemblea Costituente, ha trovato una svolta nelle ultime settimane.
Però l’accordo non è stato facile. Il 13 ottobre era cominciata a Caracollo la più grande marcia popolare che si fosse vista in Bolivia.
A questa madre delle marce se ne sommarono altre, formate da migliaia di boliviani stanchi di essere ignorati dal potere e per essere finalmente parte della costruzione del loro stesso destino.
Sono state giornate di intenso dialogo, dove il presidente Evo Morales ha dimostrato una grande prodigalità in onore dell’unità dei boliviani, così come lui stesso ha oggi confessato.
Non solo ha accettato di rivedere la totalità del testo costituzionale approvato a Oruro, ma ha rinunciato anche alla rielezione presidenziale nei termini che indicava il progetto della Carta Magna approvato il 9 dicembre del 2007, che a tal fine non considerava l’attuale periodo costituzionale.
Evo, tra lunedì e martedì, è stato uno in più fra coloro che reclamavano una nuova Carta Magna, un nuovo paese, una nuova opportunità affinché la Bolivia possa svilupparsiavere e, soprattutto, un nuovo futuro basato sulla dignità, sulla proprietà della sua ricchezza, sulla sua sovranità, sulla sua gente.
Gran parte dell’opposizione comprendeva questa domanda nazionale e sapendo che la propria sopravvivenza politica dipendeva dal non dare ancora una volta le spalle al popolo, e si è unita nell’ultima parte alla costruzione della nuova Costituzione.
Però i settori più radicali dell’opposizione, quelli che avevano tentato con tutti i mezzi di far fallire l'Assemblea Costituente sono rimasti impassibili.Si sono chiusi in una posizione che ha ignorato fino all’ultimo secondo il sacrificio di migliaia di boliviani in difesa dei propri diritti marciando per le strade, e di milioni che si erano uniti a distanza a questa domanda di dignità.
La legge di convocazione al referendum costituzionale già è parte delle conquiste popolari e sarà il popolo ad essere finalmente sovrano il prossimo 25 gennaio 2009 .
È un suo diritto e questa volontà dovrà essere assunta da tutti i boliviani, incluso quelli che non hanno mai creduto nell’Assemblea Costituente.
traduzione di Cristina Coletto