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PROMULGATA LA NUOVA COSTITUZIONE BOLIVIANA. E LA PACHAMAMA RESTA A GUARDARE.
Francesca Caprini - MC
[11/02/2009 10.32.35]



Documento senza titolo

Da buon aymara Evo Morales crede molto nelle simbologie: ecco perché sabato 7 febbraio il presidente della Bolivia ha voluto che le celebrazioni per l’approvazione della nuova Costituzione del Paese, votata dal 61, 43 % della popolazione attraverso un referendum il 25 gennaio scorso, si tenessero a El Alto.

El Alto è una distesa di baracche cresciuta senza ordine a 4100 metri d’altitudine attorno alla città di La Paz  - anzi, sopra a La Paz, che si trova in effetti in una conca. Abitata da quelli che hanno abbandonato l’Altopiano per sfuggire alla povertà di campagne e miniere, è  divenuta negli anni una vera e propria città satellite, e la capitale della popolazione indigena aymara, che da sola rappresenta un terzo degli otto milioni di boliviani.
Furono proprio gli alteños – gli abitanti di El Alto - ad insorgere e ad essere di conseguenza massacrati, nel 2003, contro il governo dell’allora presidente dittatore Gonzalo Sanchez de Lozada, reo di avere svenduto a compagnie straniere il gas boliviano mentre la popolazione moriva di freddo. Sempre da qui arrivò l’appoggio civile – ma anche armato – in aiuto alla gente di Cochabamba che nel 2000 combatteva nella Guerra dell’Acqua al grido di “El agua es nuestra, carajo!”( l’acqua è nostra) contro la multinazionale statunitense Bechtel che l’aveva privatizzata. Questo esteso ammasso di baracche è sempre stata simbolo dello sfruttamento della gente indigena boliviana. Ma anche della sua capacità di resistenza.
Ecco perché proprio qui a El Alto, e davanti alla sua gente, il primo presidente indigeno della Bolivia ha voluto promulgare ufficialmente “de cara al pueblo, no como antes sólo en el Congreso, entre cuatro paredes” [“Di faccia al popolo, non come prima, fra quattro mura e solo davanti al Congresso”] la nueva Constitución Política del Estado, CPE, la Costituzione boliviana numero sedici, la prima approvata attraverso votazione popolare e frutto di una Assemblea Costituente in 183 anni di storia repubblicana.  
Fin dall’alba del sabato – ma in molti si erano dati appuntamento il giorno prima,  passando la notte all’addiaccio nonostante le temperature vicine allo zero – una fiumana di gente aveva cominciato a gremire la Avenida 6 de Marzo , lo stradone centrale che taglia a metà la baraccopoli di El Alto. Decine, poi centinaia di migliaia di donne, uomini, vecchi, contadini, provenienti da ogni pueblito dell’Altipiano, erano arrivati con le wiphalas,  le multicolori bandiere indigene, portando le insegne del partito al governo, il MAS - Movimiento al Socialismo, gli striscioni del proprio sindacato e delle organizzazione di base d’appartenenza. Più tardi si erano unite anche le delegazioni dall’Oriente boliviano, la parte del Paese roccaforte dei partiti d’opposizione: quelli del Plan 3000 de Santa Cruz – dove negli ultimi mesi del 2008 si sono duramente fronteggiate fazioni del campesinato locale e paramilitari agli ordini delle destre. Poi i contadini della regione di Chuquisaca, gli originari dell’etnia Weenhayek del Chaco, i coltivatori di Tarija.  Tutti luoghi dove lo scontro etnico e culturale fra indigeni e criollos, i discendenti dai conquistadores spagnoli, sono stati feroci durante tutto il mandato di Evo Morales, cominciato nel gennaio del 2006. E ancora i raccoglitori di foglie di coca del Tropico di Cochabamba – i cocaleros, di cui Evo Morales è tutt’ora presidente del sindacato -  i minatori di Potosì e quelli delle miniere di stagno ed argento di Oruro, di dove il Presidente è pure originario e dove da piccolo si manteneva facendo il pastore di lama.
Non appena i primi raggi di sole hanno cominciato ad illuminare la distesa di tetti di latta e strade fangose di El Alto, le donne con le ceste e le carriole di panini, empanadas, salteñas e bibite varie, si erano contese i posti migliori. Altre schiere di venditori di bandierine e fotocopie del nuovo testo costituzionale si erano mescolati alla folla. I vecchi già inziavano a ch’alliare – benedire con dell’alcol – la giornata, mentre i rappresentanti istituzionali prendevano posto negli spalti d’ordinanza, e così in successione le autorità, gli invitati speciali – fra cui il premio Nobel per la pace, la guatemalteca leader indigena Rigoberta Menchù e il cancelliere venezuelano Nicolás Maduro – e gli ufficiali dell’esercito. Alle 11.57 il maestro di cerimonia annunciava l’arrivo del presidente Evo Morales e del suo vice, il sociologo ed ex guerrigliero Álvaro García Linera.
“Sorelle e fratelli di  Bolivia, in questa giornata storica proclamo la nascita dello Stato plurinazionale, unitario, sociale, e del socialismo comunitario, a partire dalla Nuova Costituzione. Missione compiuta per la rifondazione della nuova Bolivia unita! Ora possono uccidermi, possono cacciarmi dal Palazzo!”. Inizia a parlare così il Presidente, con l’enfasi che gli è propria. La folla nel frattempo ha raggiunto il milione di persone: un eterogeneo spaccato di tutte le categorie storicamente oppresse della Bolivia. Morales lo sa bene, e prima di ogni altro discorso legge la sentenza con la quale il 14 novembre 1781 le autorià coloniali avevano ordinato lo squartamento del leader indigeno Tupac Katari. Come a significare che con la promulgazione della nuova Costituzione un cerchio si sta chiudendo; che la giornata in corso ha la stesso spessore storico e la stessa portata di rivalsa identitaria per la popolazione boliviana e più in là ancora, per tutte le popolazioni andine che una volta facevano il Qollasuyo, l’antico regno incaico. Come a dire che quel “Tornerò e saremo milioni” detto da Tupac Katari prima di morire, oggi ha il sapore della profezia politica: “Eccoci qui, siamo milioni, siamo tornati”, pare dire l’aymara Evo Morales, ex pastore di lama.

La nuova CPE consta di 411 articoli. Fa della Bolivia uno stato plurinazionale di stampo socialista composto da 36 nazioni indigene, tante quante sono le etnie censite. Il ruolo dello Stato è più forte e vengono riconosciuti benefici sociali ai settori indigeni e ai meno abbienti. I servizi basici, in primis l’acqua, sono dichiarati diritti umani; le risorse naturali di “carattere strategico” – idrocarburi, minerali eccetera – potranno essere sfruttate solo sotto controllo statale, ma vengono fatte aperture alle partecipazioni di imprese statali straniere con contratti a prestazione di servizio. La pianta della coca  - sacra per gli indigeni, madre della cocaina per tutti gli altri - è definita patrimonio culturale. Le basi militari straniere sono bandite. La religione cattolica rimane quella ufficiale, ma viene equiparata all’animismo indigeno, che riceve pieno riconscimento. Sanità e scuola saranno un diritto e non un privilegio. Ad una prima lettura, la nuova CPE parrebbe essere la conferma delle promesse fatte da Morales e dai suoi dalla campagna elettorale presidenziale in avanti, e il coronamento di una cammino verso l’autodeterminazione di un popolo, partito cinque secoli orsono con l’arrivo di Pizzarro e dei conquistadores, proseguito in tempi più recenti con le lotte in difesa dei beni comuni e delle proprie identità culturali. Invece, severe critiche vengono proprio da quei movimenti sociali che hanno favorito l’ascesa di Morales: quelli che hanno combattuto per rifondare la Bolivia con battaglie civili e politiche che dalla Guerra dell’Acqua in avanti tentavano di tratteggiare un nuovo tipo di democrazia e di stato. E che si sono ritrovati isolati e depauperati da un governo monocolore. La Nuova Costituzione si porta in seno il difficile cammino dell’Assemblea Costituente, che per due anni non è riuscita ad avere la meglio sulle opposizioni, dando il fianco a lacerazioni politiche sempre più gravi. L’Assemblea, che era stata uno dei punti cardine dell’elezione di Morales a Presidente, doveva essere lo specchio delle forze rinnovatrici della società boliviana: di quei sindacati, movimenti sociali, contadini, indigeni, che dal ’99 in avanti avevano cacciato tre Presidenti della Repubblica a furor di popolo e avevano mostrato al mondo che un rinascimento indigeno latinoamericano stava prendendo forma e forza. Ma quella novità importante nel panorama internazionale che era  l’eterogeneità politica boliviana, non compariva nella sua struttura.
Il tema della plurinazionalità, ad esempio, è esplicativo. Assieme alla decentralizzazione, è la caratteristica distintiva di questa nuova  Costituzione. Vengono regolamentate quattro tipologie di autonomia – dipartamentale, regionale, municipale ed indigena – tutte con il medesimo “rango e gerarchia”. Nel suo articolo 1, essa infatti dichiara che : “La Bolivia si costituisce in uno Stato unitario Sociale di Diritto Plurinazionale Comunitario, libero, indipendente, sovrano, democratico, interculturale, decentralizzato e con autonomie”, e sottolinea come “la Bolivia si fondi sulla pluralità ed il pluralismo politico, economico, giuridico, culturale e linguistico, dentro il processo integratore del Paese”.
Oltre alle 36 nazioni indigene dunque, la CPE riconosce l’autonomia dipartamentale alle 9 regioni del Paese. In quattro di queste – Beni, Pando, Tarija e Santa Cruz , che compongono la cosiddetta “Mezza Luna” per le ricchezze in termini di gas, petrolio, idrocarburi ed agricoltura che possiedono - l’autonomia è già effettiva, grazie ad una delle tante concessioni che il governo Morales ha dovuto fare alle forze politiche oppositrici. Il referendum costituzionale del 25 gennaio era stato infatti fissato inizialmente il 4 maggio 2008. Ma i tumulti che infiammarono la Bolivia imposero uno slittamento della data.
Quel maggio, i partiti di destra assieme ai prefetti ed ai comitati civici della Bolivia dell’est, capeggiati dall’imprenditore di origine croata Branko Marinkovich di Santa Cruz, avevano decretato la secessione dal Governo centrale con una serie di referendum autonomici giudicati allora illegali dalle autorità governative. Con una scioccante campagna denigratoria che opponeva l’orgoglio “camba” (sostanzialmente, “orgoglio bianco”) a quello indigeno, la crema politica della Mezza Luna, riunita in un sedicente “Consejo Nacional Democrático” (Conalde), aveva alimentato una spirale di violenza che aveva provocato decine di morti ed umilianti episodi di razzismo contro contadini ed indigeni, arrivando a sdoganare la creazione ufficiale di un esercito paramilitare nominato Union Juvenil Crucenista. Lo stesso gruppo armato che l’11 settembre successivo avrebbe provocato la strage chiamata “El masacre de El Porvenir”, trucidando 30 contadini inermi nella regione del Pando. Ebbene, con un certo sconcerto, questa CPE ha riconosciuto come validi proprio quei referendum che fanno delle regioni d’Oriente di fatto delle regioni autonome,  mentre demanda al 2010 l’autonomia delle rimanenti 5 regioni, fra cui La Paz.

Un altro tema che evidenzia alcune contraddizioni, è quello degli OGM. La legislazione precedente, quella “ereditata dal neoliberalismo”, aveva permesso che molti prodotti agricoli geneticamente modificati entrassero in Bolivia (fra cui la soia). Nel testo costituzionale approvato ad Oruro nel novembre del 2007 dall’Assemblea Costituente, l’articolo 408 recitava: “ Si proibisce la produzione, importazione e commercializzazione dei transgenici”. Dopo alcuni mesi di “contrattazioni”, l’articolo 409 della CPE risulta essere: “La produzione, importazione, commercializzazione dei transgenici sarà regolamentata per legge”. In effetti, i mesi che hanno preceduto il referendum di gennaio sono stati una specie di “mercato di articoli costituzionali” che sottendeva alla creazione di un equilibrio interno al Paese. Oltre cento articoli sono stati modificati in corsa. Ma non è stato abbastanza.

Il risultato del referendum infatti, non ha sfiorato i numeri stellari del referendum revocatorio del 10 agosto scorso, che aveva decretato un granitico consenso al governo Morales. E seppure certifichi che la maggioranza della popolazione sia a favore della CPE, disegna per l’ennesima volta una Bolivia profondamente divisa. Non solo fra altopiani ed Oriente, non solo fra indigeni e blancoidi. Ma anche e soprattutto, fra città e campagna. Nelle zone rurali, il consenso alla CPE ha raggiunto l’80%. Nelle città dell’est del Paese, la retorica del “razzismo al contrario” che pregiudica i bianchi a favore degli indigeni, ha invece fatto presa sugli indecisi e sui mestizos. Le destre, da canto loro, non sono messe così bene: non hanno in questo momento un leader carismatico e sono in minoranza. Ma hanno vinto su un altro importante punto: il latifondo. Il referendum costituzionale era affiancato da quello che chiedeva alla popolazione di votare il limite massimo di ettari posseduti da ogni persona fra 10 o 5 mila ettari. L’80,65 % della Bolivia ha posto il tetto a 5mila, dando così un segnale forte contro le oligarchie che ancora oggi nel Paese posseggono distese impressionanti di territorio. Ma il referendum non è stato formulato in maniera retroattiva. Nessun esproprio dunque ai discendenti delle elitè europee che dal 17 secolo in avanti si erano spartiti la Bolivia a brandelli. E neppure a quelle militari che i vari dittatori si imbonivano regalando loro terre e campi con tanto di indigeni lavoranti annessi. Il referendum sul latifondo non darà origine ad una riforma agraria redistributiva, eccezion fatta per la terra cosiddetta oziosa di proprietà pubblica. Non andrà a toccare nemmeno i possedimenti del leader ultraderechista Branko Marinkovich. Per molti, in particolare per quelli che hanno partecipato alle grandi marce indigene per la terra, gridando “La tierra para quien la trabaja” [la terra per chi la lavora], questo è stato un tradimento.
In queste condizioni, è difficile  pensare che la CPE possa migliorare la governabilità del Paese. Soprattutto quando in campo entra anche la crisi economica mondiale, che metterà a dura prova la tanto sbandierata nazionalizzazione delle risorse, fino ad oggi più propagandistica che di fatto. Evo Morales assicura che la promulgazione della nuova Costituzione è “un un passo verso la rifondazione della Bolivia. Verso la liberazione e la vera indipendenza del Paese dopo 500 anni di ribellione contro il saccheggio e la sottomissione coloniale, dopo 180 anni di resistenza contro lo stato coloniale, dopo 20 anni di lotta permamente contro il modello neoliberale”.
Molti lo aspettano al varco. Ma molti, molti altri, vogliono credere in lui e nel sogno che rappresenta.
E così il  7 febbraio, mentre il Primer Mandatario riceveva felicitazioni ed abbracci, e una fitta pioggia aveva comiciato a battere incessantemente, gli amautas, gli shamani andini, si erano portati sotto il palco ed avevano acceso una mezza dozzina di bracieri sacri. Il fumo delle k’oa avea riempito velocemente il cielo. La Pachamana veniva ringraziata.

Ultimo aggiornamento
23.10.2012 ore 20.44
AGENDA
Le nostre iniziative
ILÊ BRASIL: acqua e ancestralità

In un momento storico di attacco alle risorse della Madre Terra, le donne a vari livelli ritornano al centro della politica come nuove parole ed antiche pratiche in difesa della vita. L'acqua, oggetto di privatizzazioni e violenze, diventa un paradigma della vita svenduta agli interessi di pochi. La difesa di questo elemento diventa a sua volta la proposizione di una visione alternativa della produzione, della partecipazione, della gestione dei beni comuni.

Che richiama anche antiche ritualità, quando il femminile si fonde con il significato stesso del ciclo generatore della Natura.

ILÊ BRASIL: acqua e ancestralità, che verrà presentato a Trento dal 25 al 28 ottobre 2012, fa parte di una delle attività proposte dal gemellaggio di due gruppi di ricerca teatrale: una italiana la Bottega Buffa CircoVacanti di Trento e una brasiliana la Cia Buffa de Teatro di Salvador Bahia.

Insieme a Yaku ed altre realtà trentine, per tre giorni affronterà questa tematica da diversi punti di vista - culturalu, politici, sociali- insieme a molti compagni di viaggio e con la partecipazione straordinaria di Ekedy Sinha, rappresentante del Terreiro Ilê Axé Iyá Nassô Oká–Bra.

Giovedì 25 alle ore 16.30, con ACQUA MATER, tavola rotonda presso l'Università di Lettere e Filosofia di Trento (Via Tomaso Gar, 14 ), parleremo di acqua partendo dal ruolo delle donne in tre paesi chiave: Brasile, Colombia, Mozambico, fra solidarietà, territori di conflitto e megaprogetti, come la diga di Belo Monte in Brasile.

Un confronto che vede anche noi, donne europee ed italiane, al centro di un movimento di presa di coscienza delle nostre responsabilità. A partire dalla dichiarazione delle donne del mondo, presenti al Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua di Marsiglia.


Firenze 10+10

A dieci anni di distanza da quell'enorme spazio di discussione e dibattito aperto che fu il primo Forum Sociale Europeo, reti, gruppi e movimenti fiorentini hanno avviato un percorso inclusivo per costruire nella città un appuntamento con cui rimettere insieme legami, riflessioni e azioni intorno alla costruzione di un'Europa sociale e dei beni comuni, come risposta alla crisi economica, sociale, ambientale e di democrazia in cui siamo immersi.

Questo evento si svolgerà nell'arco di quattro giorni nel prossimo mese di novembre e vi troveranno spazio attività autorganizzate e incontri di convergenza finalizzati al lancio di azioni e campagne europee e del bacino del Mediterraneo.

Ci rivolgiamo perciò a tutti coloro che vogliono contribuire a costruire e progettare insieme il percorso collettivo verso Firenze 10 + 10, alle donne e agli uomini che furono con noi protagonisti del FSE del 2002, ma anche a tutti i gruppi e i soggetti sociali che si sono affacciati sulla scena nazionale ed internazionale nel corso dei dieci anni trascorsi: insieme abbiamo davanti un altro decennio di lavoro comune. A tutti chiediamo di aderire alla costruzione di Firenze 10 + 10 portando il proprio contenuto di azione e le reti di relazioni con cui ciascuno opera, indirizzato anche all'organizzazione di eventi preparatori di avvicinamento.

E' un grande impegno che ci aspetta ma anche una sfida attraente: ricostruire uno spazio di discussione e azione in una fase in cui sui territori si manifestano gli effetti dei tanti volti della crisi, ma dove si attivano anche numerose forme di conflitto sociale e di proposta alternativa, capaci di assumere anche dimensioni di massa; lo dimostrano, ad esempio, l'affermazione al referendum del 2011 sull'acqua, la rete di opposizione alle grandi opere inutili, il diffuso contrasto alla privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Sul sito www.firenze1010.eu, si possono trovare tutti i riferimenti per entrare in contatto con il gruppo di coordinamento, per conoscere luoghi e tempi degli incontri preparatori e per contribuire ai gruppi di lavoro a cui tutti possono fornire il loro apporto: programma; logistica; partecipazione e accoglienza; comunicazione; risorse.

Comitato promotore di “Firenze 10 + 10”

Contatto: info@firenze1010.eu


1 OTTOBRE ORE 13.30 CONFERENZA STAMPA / ORE 15.30 MANIFESTAZIONE IN CAMPIDOGLIO

La difesa dei beni comuni in Colombia per una vita degna delle popolazioni

Con gli incontri con le istituzioni trentine – il Servizio Solidarietà della Provincia di Trento e l'Assessorato alla Cultura del Comune di Trento - che appoggiano il percorso della Commissione Justicia y Paz in Colombia, si è conclusa oggi la serie di incontri in Trentino “Acqua Giustizia e Pace – Beni comuni fra solidarietà e conflitto” che ha visto protagonista il sacerdote colombiano Padre Alberto Franco, esecutivo della Commissione.

Lunedì sera, l'incontro pubblico presso il Centro Formazione alla Solidarietà Internazionale, in Via San Marco, con la partecipazione di Padre Alex Zanotelli, in collegamento da Napoli, dove era in procinto di partire per la Marcia della Pace: “La mia solidarietà a Padre Alberto Franco, religioso che con coraggio vive nella guerra al fianco delle popolazioni – ha detto Padre Zanotelli, lanciando un appello accorato alla responsabilità a chi vive nella parte ricca del pianeta: “L'Occidente deve cambiare stile di vita, vivere in maniera più sobria. Noi qui a Napoli lottiamo quotidianamente contro l'immondizia, se non riduciamo drasticamente la produzione di rifiuti verremmo sommersi. Se non ci attiviamo, per il Sud del mondo non c'è futuro”.


La difesa dei beni comuni in Colombia per una vita degna delle popolazioni

Con gli incontri con le istituzioni trentine – il Servizio Solidarietà della Provincia di Trento e l'Assessorato alla Cultura del Comune di Trento - che appoggiano il percorso della Commissione Justicia y Paz in Colombia, si è conclusa oggi la serie di incontri in Trentino “Acqua Giustizia e Pace – Beni comuni fra solidarietà e conflitto” che ha visto protagonista il sacerdote colombiano Padre Alberto Franco, esecutivo della Commissione.

Lunedì sera, l'incontro pubblico presso il Centro Formazione alla Solidarietà Internazionale, in Via San Marco, con la partecipazione di Padre Alex Zanotelli, in collegamento da Napoli, dove era in procinto di partire per la Marcia della Pace: “La mia solidarietà a Padre Alberto Franco, religioso che con coraggio vive nella guerra al fianco delle popolazioni – ha detto Padre Zanotelli, lanciando un appello accorato alla responsabilità a chi vive nella parte ricca del pianeta: “L'Occidente deve cambiare stile di vita, vivere in maniera più sobria. Noi qui a Napoli lottiamo quotidianamente contro l'immondizia, se non riduciamo drasticamente la produzione di rifiuti verremmo sommersi. Se non ci attiviamo, per il Sud del mondo non c'è futuro”.


Desde el sábado 22 de septiembre al martes 25 Justicia y Paz en Italia

Los bienes comúnes entre conflicto y solidaridad 

Desde el sábado 22 de septiembre al martes 25, el sacerdote colombiano Padre Alberto Franco, secretario ejecutivo de la Comisión Intereclesial de Justicia y Paz de Bogotá, estará presente en varias reuniones en el departamento  Trentino de Italia


Università estiva di Attac;

Università estiva di Attac: “Buttiamo a mare i mercanti!”

FORUM SOCIALE URBANO NAPOLI

Il diritto alla città per la difesa dei beni comuni: (Napoli, 3-7 settembre 2012): mercoledì 5 settembre tavola rotonda "Acqua diritto di tutti?" con Alex Zanotelli, Francesca Caprini, Valerio Balzametti, Paolo Carsetti, Maurizio Montalto, Consiglia Salvio


FORUM SOCIALE URBANO NAPOLI

Il diritto alla città per la difesa dei beni comuni: (Napoli, 3-7 settembre 2012): mercoledì 5 settembre tavola rotonda "Acqua diritto di tutti?" con Alex Zanotelli, Francesca Caprini, Valerio Balzametti, Paolo Carsetti, Maurizio Montalto, Consiglia Salvio


SPICCHI D'ACQUA
Hidronotizie dall’Italia
No Eni? NO Party!

Da alcuni giorni sul programma del Forum sulla Cooperazione che si terrà il 1 e il 2 ottobre a Milano campeggiano gli sponsor dell’iniziativa, attesa da molti come uno spartiacque per la rinascita dell’aiuto allo sviluppo italiano. Tre società sono note a tutti: Microsoft, Banca Intesa e soprattutto Eni. 


Roma non si vende

Oggi il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso sulle forzature procedurali, effettuate dalla maggioranza di alemanno nell'assemblea capitolina, per far passare la privatizzazione di ACEA.
Questo è l'ennesimo colpo per il Sindaco di Roma e le sue alleanze che vogliono speculare sull'acqua e i beni comuni.


Vicenza: NO alla base militare

Vicenza i No dal Molin tagliano la rete della base, entrano nell'area facendo molte scritte sulle costruzioni e attaccando striscioni.


"Roma non si vende!"

L'ampia coalizione di associazioni, movimenti, comitati, forze politiche e sindacali che ha lanciato nelle scorse settimane la campagna cittadina di informazione e mobilitazione contro la manovra di bilancio della Giunta Alemanno, ha sottolineato durante la conferenza stampa tenutasi alle 15.30 di oggi in Piazza del Campidoglio, la gravità della scelta, di responsabilità del gabinetto del sindaco Alemanno, di vietare al corteo in programma per il prossimo sabato 5 di maggio l'arrivo in Piazza del Campidoglio.


In Abruzzo si ripubblicizza!

L’assemblea dei sindaci della provincia di Pescara, il 16 aprile 2012, ha votato per “ la trasformazione di ACA S.p.A. in house in azienda pubblica di diritto pubblico in considerazione che tale modello aziendale accresce le possibilità di controllo da parte dei soci e dei cittadini rispetto all’operato della azienda stessa e consentirebbe forme di partecipazione diretta alla gestione di lavoratori, cittadini ed associazioni di tutela ambientale” .

 


La Radio del CSO Bruno!

http://centrosocialebruno.it/node/17680


venerdì 23 febbraio conferenza stampa a Dolomiti energia

 

Per il lancio dell’importante iniziativa di martedì 28 febbraio, ovvero l’autoconvocazione cittadina presso il Consiglio Comunale di Trento,  il Coordinamento trentino Acqua bene Comune sul tetto di Dolomiti Energia!

 


 


la val di Susa inondata di colore
Una folla di oltre 75.000 persone ha marciato da Bussoleno a Susa sabato scorso, in un pomeriggio assolato e ventoso, quasi estivo.

No alla grande Multiutility del nord

Leggiamo con preoccupazione il rapido delinearsi della grande Multiutility del nord, di cui l'integrazione di Iren e A2A, sponsorizzata da Fassino, Tabacci è il primo passo.

 


Al Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua il Premio Personaggio Ambiente 2011!!!!

OJOS INQUIETOS
Sguardi sull’america latina
Terremoto Colombia

Il 30 Settembre 2012 forte scossa in Colombia fortunatamente molto profonda

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Central Hidroeléctrica Neltume en Panguipulli,

Representantes de las comunidades mapuche huilliche afectadas por el proyecto Central Hidroeléctrica Neltume que la transnacional Enel-Endesa proyecta instalar en Panguipulli, concurrirán a las embajadas de Italia y España este este Viernes 18 de Mayo a las 10:00 horas para entregar una solicitud a los respectivos Estados para que la empresa de capitales Españoles e Italianos desista de la construcción de la central hidroeléctrica

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Argentina, Cordoba: agua derecho fundamental

Reclamo por agua potable en Cañada Larga: La municipalidad de mina clavero aprovisiona  en camiones "agua no apta para el consumo humano", osea agua de pozo sin tratar , donde muchas familias la terminan consumiendo por no contar con otra opcion con los riesgos de salud que esto conlleva...

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rassegna stampa di Stop Enel 30 aprile a Roma

“Sono qui a Roma in rappresentanza di diversi movimenti della Colombia, in particolare l’Assoquimbo che sta difendendo il territorio contro le multinazionali Enel e Endesa. Di recente gli abitanti sono stati brutalmente fatti sgomberare dalla regione, anche attraverso una campagna che è stata coordinata con gli addetti alla sicurezza delle stesse aziende ma anche con agenti dello Stato, con un bilancio di diversi feriti, di cui uno grave

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Miles marchan por el Agua en Ecuador

"A mí no me diste, a mi no me diste, todo el Oro que a la China diste, luego me engañaste, luego me mentiste, con la derecha amaneciste… con las mineras amaneciste"

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MARCHA PLURINACIONAL POR EL AGUA, LA VIDA Y LA DIGNIDAD DE LOS PUEBLOS

In Ecuador dall'8 marzo, dai quattro punti cardinali del Paese: verso Quito per l'Acxqua e la vita.

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El Quimbo inundará seis municipios del Huila

Para construir la hidroeléctrica de El Quimbo, en el Huila, será necesario inundar un área mayor que el tamaño de Pereira. La obra, según sus opositores, se construirá a costa de diversas alteraciones y cambios sociales, ambientales, económicos y culturales, a seis municipios: Gigante, El Agrado, Garzón, Tesalia, Altamira y Paicol; cubriendo un total de 8.586 hectáreas que serían inundadas.

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LA TIERRA, EL AGUA Y LA RESISTENCIA

Lo que está sucediendo en América Latina en relación con los bienes comunes (agua, tierra, biodiversidad) es algo más que una sucesión de conflictos locales. Por momentos la intensidad de los enfrentamientos da la impresión de que marchamos hacia una conflagración general, que por ahora tiene expresiones locales y regionales, pero que se repiten en casi todos los países.

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INIZIA IN PERÙ LA GRANDE MARCIA NAZIONALE PER L’ACQUA E PER LA VITA

l 1° febbraio dalla regione di Cajamarca, nel nord del Perù, partirà la Marcia Nazionale per l’Acqua e per la Vita, che scenderà dalle montagne fino alla costa per arrivare a Lima il giorno 9.

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FINALMENTE PIOVE, MA IN TANTE CASE PALESTINESI MANCA L’ACQUA

a scarsa disponibilità d’acqua è un problema comune a tutte le comunità palestinesi in Cisgiordania ma alcune realtà sono più colpite di altre. Il distretto di Betlemme – che comprende al suo interno i centri di Betlemme, Beit Sahour, Beit Jala, Ad Doha e Al Khader e i campi di rifugiati di Aida, Dheisheh e Al Azza – è in cima a questa ben poco onorevole lista.

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