Il presidente hondureño, Manuel Zelaya, circondato da centianaia di cittadini all’alba oggi ha detto “Oggi l’Honduras si unisce”.
Nel paese centroamericano è in corso un golpe che sta tentando di destituire il presidente Zelaya, democraticamente eletto e sostenuto dai movimenti sociali e dalla base.
Il tentativo è quello di impedire la realizzazione del referendum popolare sull’Assemblea Costituente la prossima domenica.
Durante la serata di mercoledí 24 giugno, il presidente Manuel Zelaya ha rimosso il capo delle Forze Armate, Romeo Vásquez Velásquez, colpevole di essersi rifiutato di iniziare le operazioni di distribuzione del materiale per lo svolgimento del referendum. Allo stesso tempo ha accettato le dimissioni del ministro della Difesa, Edmundo Orellana.
Di fronte a questa decisione, l’impresa privata ed i vari Poteri ed istituzioni dello Stato hanno alzato la loro voce contro il presidente Zelaya, e la Corte Suprema di Giustizia ha ordinato la reintegrazione di Romeo Vásquez al suo posto, assicurando che "sono stati violati i suoi diritti", ha dichiarato il magistrato Rosalinda Cruz, in una chiara dimostrazione di invasione dell’autonomia dei Poteri statali.
El mandatario è asserragliato nel palazzo mentre i suoi sostenitori stanno distribuendo il materiale elettorale ai più di 5000 centri elettorali nel Paese. Le ultime notizie che arrivano dall’Honduras segnalano una riunione urgente dei deputati del Congresso Nazionale che starebbero preparando un’indagine per accusare Zelaya di una serie di delitti, in modo da chiederne la destituzione. Ma lui dice “Non ho paura dell’inchiesta”.
L’intervista al nostro compagno Erasto Reyes, coordinatore del Bloque Popular de Honduras e membro della Red Vida, realizzata dalla Lista Informativa "Nicaragua y más".
Che cosa è accaduto durante la giornata di ieri, 24 giugno?
Sappiamo che nel pomeriggio di mercoledì un gruppo di imprenditori si è riunito con il Comando delle Forze Armate e sono iniziate a circolare voci su un possibile colpo di Stato contro il presidente Zelaya. Di fronte a questa minaccia, membri delle organizzazioni sociali, sindacali e popolari del paese hanno iniziato a concentrarsi davanti alla Casa di Governo per appoggiare il Presidente.
Hanno passato lì tutta la notte invitando la popolazione e le altre organizzazioni a partecipare a questa mobilitazione in difesa dello Stato di Diritto e la Costituzione.
Zelaya si è prima riunito con le organizzazioni popolari e in un secondo momento con la Giunta di Comandanti ed è stato allora che ha ordinato al capo delle Forze Armate, il generale di Divisione Romeo Vásquez Velásquez, di eseguire la distribuzione del materiale per il referendum nazionale. Al negarsi, il presidente Zelaya ha deciso di destituirlo, mentre il ministro della Difesa ha presentato le sue dimissioni che sono state immediatamente accettate.
Di fronte a questa decisione del generale Vásquez e temendo un colpo di Stato, il presidente Zelaya ha deciso di chiedere alle organizzazioni sociali di riconcentrarsi davanti alla Casa di Governo durante tutta la giornata di giovedì 25. Dopo un lungo discorso è quindi uscito e si è messo alla testa di una manifestazione che si è diretta verso le istallazioni della Forza Aerea, dove si trova il materiale per il referendum che il Tribunale Supremo Elettorale aveva ordinato di porre sotto sequestro.
Come valutate il fatto che quasi tutti i Poteri dello Stato si sono dichiarati contro la realizzazione del referendum e della Quarta Urna?
È ormai evidente che chi controlla lo Stato in Honduras sono i gruppi di potere, le multinazionali, che sono poi i settori che in queste ore stanno difendendo i loro interessi politici ed economici.
Come si stanno muovendo i movimenti sociali e le organizzazioni sindacali e popolari?
Stiamo sostenendo il presidente. È vero che ci sono molti punti su cui siamo in disaccordo con questo governo, ma è anche vero che dobbiamo riconoscere al presidente Zelaya molte cose positive che ha fatto, come ad esempio l’aumento del 60 per cento al salario minimo nelle zone rurali e urbane. Abbiamo considerato come molto positiva la decisione di sostenere la partecipazione dell’Honduras all’ALBA ed anche la convocazione a questo referendum popolare, in quanto nel passato non era mai stato chiesto al popolo honduregno di esprimersi su temi così importanti come una riforma costituzionale. Noi stiamo con il popolo dell’Honduras e se questo implica difendere il Presidente della Repubblica, lo faremo sicuramente.
Sul tema della Quarta Urna si è detto che l’unico obiettivo di Zelaya sarebbe quello di rieleggersi come presidente. Che opinione hanno di ciò le organizzazioni e i movimenti sociali?
Noi non stiamo sostenendo la rielezione di nessun presidente. Stiamo sostenendo un processo di consultazione che potrebbe portare all’installazione di una Assemblea Costituente, nella quale verrebbe garantito uno spazio di partecipazione per le organizzazioni sociali che rappresentano quei settori che non hanno mai avuto la possibilità di entrare in Parlamento. Parlo dei contadini, degli operai, delle donne lavoratrici e delle casalinghe, delle popolazioni indigene, ma anche della piccola e media impresa. Un’Assemblea Costituente ed una riforma alla Costituzione in cui si riscatti lo Stato dell’Honduras a favore degli honduregni, per difendere le nostre risorse naturali, per recuperare l’energia, la salute, l’educazione e la terra. La nostra proposta è diretta a seppellire il modello neoliberista.
Credete che in realtà ci sia il rischio di un colpo di Stato?
Il fatto che il capo dell’Esercito abbia disobbedito ad un ordine del Presidente della Repubblica è già un colpo di stato tecnico. Ora bisogna vedere che cosa accadrà nelle prossime ore e chi verrà nominato al posto del generale Vásquez per ristabilire l’istituzionalità nel paese.
Come si muoveranno i movimenti e le organizzazioni sociali?
A San Pedro Sula la gente si sta concentrando nel parco centrale e ci sono migliaia di persone che si sono messe in cammino verso la capitale Tegucigalpa. Altre migliaia di persone stanno accompagnando il presidente nella manifestazione. Non c’è dubbio che la mobilitazione continuerà fino a che non saremo sicuri che lo Stato democratico sia al sicuro.
© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )