Sabato 3 maggio siamo stati arrestati dai
carabineros nei pressi della proprietà della impresa multinazionale del legname Forestal Mininco, vicino alla comunitá mapuche di Chupilco, nel comune di Galvarino, IX regione del Cile.
Il
lonco (capo) della comunità ci aveva invitato per intervistarlo sull’esproprio di terre subito dalla popolazione indigena del luogo.
Durante la permanenza nella comunità siamo venuti a conoscenza di una protesta in atto nella proprietà dell’impresa transnazionale. Ci siamo recati sul luogo per osservare e informarci sull’evento. Lí abbiamo incontrato un gruppo di circa dodici mapuche incappucciati che stavano tagliando i pini della piantagione. Ci hanno spiegato che i pini, piante esotiche, stanno prosciugando i fiumi e uccidendo le piante native e che le piantagioni nascono al seguito di una deforestazione spietata.
Questi territori in origine erano terre mapuche, espropriate durante la dittatura, di cui loro reclamavano la restituzione.
Mentre ci allontanavamo dal luogo ci siamo trovati i fucili delle forze speciali puntati addosso, la faccia a terra e le manette strette ai polsi, il tutto senza spiegazioni.
Dopo un viaggio seduti sul pavimento della camionetta e alcune ore di attesa, un magistrato ci ha spiegato che il motivo della detenzione era “usurpazione” di terra. L’accusa, nel momento in cui doveva essere formulata formalmente, é decaduta per mancanza di prove.
Nonostante ció la polizia internazionale, applicando la legge di extranjeria art.26 n.1 del Decreto Supremo n. 597 ha chiesto all’Intendencia (presidenza) della regione la nostra espulsione immediata dal paese, rendendola esecutiva due giorni dopo.
La legge applicataci dice che é necessario espellere chi fomenta “dottrine che tendono a distruggere o alterare con la violenza, l’ordine sociale dello stato” o che commettano atti contro la sicurezza del paese e che noi l’abbiamo infranta “al permanere e partecipare ad un’occupazione indigena”.
La realtà é che noi stavamo solo osservando e che le riprese video fatte dimostrano che stavamo appunto filmando e non tagliando legna. In piu’ l’occupazione era contro un’azienda privata e non volta a sovvertire il governo del Cile.
Questo è un piccolo ed emblematico esempio del fatto che sia a rischio espulsione chiunque dia l’impressione di voler sensibilizzare l’opinione pubblica sulla repressione del popolo Mapuche da parte dello Stato cileno.
Lo stesso è infatti successo a due francesi un mese e mezzo fa e a degli spagnoli prima di loro.
I Mapuche (gente della terra) sono il popolo nativo del Cile, che ancora non ha smesso di resistere alla colonizzazione, riuscendo a conservare un proprio territorio fino al 1881, data in cui la Repubblica cilena ha esteso con la violenza il suo dominio.
Nonostante ciò, erano riusciti a mantenere una parte delle loro terre, le quali sono state definitivamente espropriate dal governo militare di Pinochet.
Questo popolo non ha mai smesso di lottare nell’arco della sua storia e solo dal 1990 ha iniziato a recuperare fazzoletti di terra.
Nel 1993 nacque la CONADI (Corporacion Nacional de Desarrollo Indigena), un organismo statale adibito alla tutela dei diritti e dello sviluppo del popolo indigeno, che in realtá tutela gli interessi dello Stato e soddisfa solo le richieste minori dei Mapuche: compra meno dell’1% delle terre di proprietà originaria per poi “regalarle” alle comunitá, quindi spendendo soldi statali nell’acquisto delle terre precedentemente espropriate dallo Stato stesso.
Le proprietá vengono recuperate dalle comunitá attraverso occupazioni ed atti di protesta (come il taglio degli alberi) contro i danni causati delle grandi imprese del legname, che spingono, fino ad obbligare, il governo a regolarizzare la situazione dei terreni, in un modo o in un altro.
Durante questi atti dimostrativi gli indigeni sono spesso costretti a violenti scontri con la polizia, che si svolgono a mani nude (o al limite con pietre e bastoni) contro battaglioni anti-sommossa equipaggiati con armi da fuoco. Il 3 gennaio dell’anno corrente, Matias Catrileu, 22 anni, ha perso la vita durante un recupero di terra, che si stava svolgendo in modo assolutamente pacifico. In quell’occasione la polizia ha sparato sei colpi con una mitraglietta Uzi sopra una folla di trenta manifestanti. Le dichiarazioni della polizia si sono riferite ad un atto di legittima difesa, tuttavia non sono riusciti a dimostrare la presenza di armi da fuoco diverse da quelle in dotazione ai carabinieri.
Un altro atto eclatante fú, nel dicembre 2006, l’esecuzione di un lonco, avvenuta nel cuore della notte per mano di un carabiniere che stava compiendo un controllo su un presupposto furto di animali da parte dell’uomo. In realtá l’anziano settantenne era stato un importante esponente della resistenza al regime. Anche questa volta si ricorre alla legittima difesa. Il giudice che si é occupato del processo ha dichiarato che non sono state rinvenute pallottole diverse da quelle dell’arma che ha ucciso l’uomo, per questo motivo l’imputato é ancora sotto processo. Ció nonostante, non solo adesso si trova a piede libero, ma svolge con tranquillitá il suo lavoro di tutore della legge.
Attualmente nella regione dell’Auracanìa si contano circa mille Mapuche detenuti per recupero delle terre. Spicca tra essi la lonco Juana Calfunao, che si é strategicamente fatta arrestare per dare piú visibilitá alla sua causa. Ci ha dichiarato che riderá del governo del Cile quando il mondo saprá che lei, la prima donna cilena candidata al premio nobel per la pace, si trova nelle carceri di questo paese cosí repressivo nei confronti degli indigeni.
Il popolo Mapuche sta anche difendendo il bio-equilibrio del territorio al fine di proteggere la fertilitá delle poche terre a loro rimaste e la loro cultura inscindibile da esse.
Nelle comunità sta lentamente scomparendo la figura della “maschi”, medico e guida spirituale, che trae energia, conoscenza e materia prima dalle piante native medicinali.
Al momento ci troviamo in attesa della risposta al ricorso amministrativo della nostra espulsione, in caso fosse negativa, seguiremo con un ricorso giudiziario finanziato dal Consejo de Todas las Tierras (organizzazione indigena), che ci ha appoggiato in questa battaglia, a differenza dell’Ambasciata italiana, che in principio, non si é interessata delle questione e in seguito ha assunto un atteggiamento di rifiuto all’aiuto richiesto e una scarsa, pressoché nulla, assistenza informativa.
Da Temuco con indignazione
Dario Ioseffi e Giuseppe Gabriele