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Oggi in America latina si  assiste ad un duplice fenomeno: il crescente impiego degli eserciti nazionali  in operazioni di ordine pubblico e di dispiegamento sul territorio per operazioni  di “controinsurgenza” e di vera o presunta lotta alla droga e la crescente  presenza militare statunitense, scoperta (basi militari in zone strategiche) o  mascherata (operazioni “umanitarie” in territori critici). La “criminalizzazione”  accentuata dei movimenti sociali porta in molti casi all’impiego delle forze  armate in azione di repressione sia urbana (vedi i ripetuti interventi nelle favelas delle città brasiliane[1])  che nelle zone indigene ove più alta è la resistenza in difesa dei propri  territori (Messico, Brasile, Ecuador etc). In un continente in cui le spese  militari erano più contenute rispetto ad altre zone del mondo, negli ultimi  anni esse hanno cominciato nuovamente a crescere particolarmente in alcuni  paesi quali il Cile, il Venezuela e il Brasile.
La recente riattivazione,  dopo 58 anni dal suo scioglimento, della IV flotta statunitense per la  vigilanza del Mar dei Caraibi e dell’ Atlantico del sud è il segnale più  eclatante della controffensiva yankee oggi in corso e coerente alla “dottrina  Monroe”mai sconfessati. La ricerca spasmodica del controllo dei territori  ricchi di risorse strategiche essenziali per la sopravvivenza del V  capitalismo, quello globalizzato, contempla sempre più il ricorso alle Forze  armate. La nuova dottrina statunitense, quella dell’ “intervento preventivo”,  fa da sfondo alla accresciuta militarizzazione del continente. E i paesi chiave  attraverso cui questa offensiva si sviluppa nell’ area sudamericana, la più  riottosa verso l’ingerenza statunitense, sono la Colombia e il Perù, sedi,  sembra certo, delle prossime nuove basi militari yankee. Si è inoltre dimenticato che prima della crisi argentina  venne esplorata la possibilità di condonare il debito del paese in cambio di  istallazioni militari vicine all’ Antartico, altra zona strategica, e oggi  questo paese è al centro di preoccupanti manovre reazionarie che non vedono  estranee istituzioni “private” spagnole e tedesche.
 Dall’ Alca ai Tlc : un “riposizionamento” del  progetto egemonico statunitense 
Quando nel dicembre 2005 il progetto statunitense dell’ Alca – il mercato comune  dall’ Alaska alla Patagonia - venne sconfitto nella riunione dell’  Organizzazione degli stati americani (Osa) a Mar del Plata, troppo superficialmente molti analisti di sinistra esultarono  e parlarono di una ormai avvenuta “espulsione” degli Stati uniti dall’ area  latinoamericana. Pochi si soffermarono sul fatto che su 34 paesi presenti alla  Conferenza, solo 5 si opposero fermamente all’ Alca e precisamente i 4 che  conformavano il Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay) oltre al  Venezuela, mentre gli altri, con in testa il Messico, si erano di fatto  allineati alla proposta statunitense. Lo stesso Lula dichiarò poco dopo che non  si trattava di una bocciatura definitiva dell’ Alca, ma anche questo fu  sottovalutato e poco dopo egli dapprima  ricevette il presidente Bush nel suo viaggio in 5 paesi latinoamericani mentre  l’Uruguay, nel corso dello stesso viaggio, firmava un trattato di collaborazione  commerciale con gli Usa, preludio, si disse ad un Tlc.
La  controffensiva statunitense non tardò ad articolarsi, centrandosi sulla firma  di Trattati di libero commercio bilaterali (Cile) o multilaterali (Cafta, con i  5 paesi centroamericani). Le trattative per un Tlc sono inoltre in corso con i  4 paesi del Can, da cui nel frattempo è uscito il Venezuela, (Comunidad  andina de naciones – Colombia, Ecuador, Bolivia, Perù)[2]. Ma la controffensiva si è  sviluppata anche tramite l’ intensificazione dell’ azione delle due agenzie di  Cooperazione, Usaid (United state agency for international development)  e Ned (National endowement for democracy), che sono nient’altro che  due facce più  della Cia (Central intelligence agency)  e che continuano sotto altre spoglie, più , il lavoro di  infiltrazione e destabilizzazione già portato avanti dalla stessa Cia e dalla  Dea (Drug enforcement agency) in nome della cooperazione nella lotta  alla droga e al terrorismo, i nuovi nemici storici dopo la caduta dell’Urss e attorno  ai quali si vuole perpetuare la politica di ingerenza. 
  
     Per quanto concerne l’ America latina studi    recenti di Washington segnalano che da tempo l’ agenda emisferica ha cessato    di essere una competenza del Dipartimento di stato ed è passata a essere una    competenza del Pentagono e del Comando sud dell’ Esercito degli Stati uniti.    Ciò significa che ha cessato di essere un problema politico per convertirsi    in un tema completamente militare. Nel novembre 2004 ha avuto luogo a Quito,    Ecuador, la VI Conferenza dei ministri della difesa delle Americhe alla quale    ha partecipato il capo del Pentagono Ronald Rumsfield. Nell’ ambito della    discussione sulle <>    Rumsfield tornò a insistere sulle necessità della cooperazione (regionale) in    materia di sicurezza per sconfiggere il terrorismo e quella che ha definito    <>,     alludendo al dato non confermato che le organizzazioni Hezbolla e    Hamas starebbero <> in America latina.[3] Washington ha utilizzato la Colombia    come portavoce per avanzare la proposta della creazione di una <> per combattere la <>.    Però l’iniziativa è stata respinta da un blocco capeggiato dal Brasile e    sostenuto da Argentina, Venezuela e Bolivia, sostenendo che le principali    . 
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Naturalmente  queste azioni sono coordinate dalle Ambasciate statunitensi nei vari paesi che  coltivano in particolare politiche separatiste di regioni ricche all’interno di  alcuni Stati – vedi il caso di Zulia in Venezuela e della  ovvero  della parte orientale in Bolivia – coltivando ambizioni locali e rispolverando  vecchie tensioni. Così in Bolivia da due anni è presente come ambasciatore quel  Philip Goldberg che fu il braccio destro del regista della frantumazione  jugoslava, Holbrooke. 
Per una  migliore comprensione delle strategie statunitensi è opportuno riferirsi ai  poco ricordati ma altamente significativi quattro ,  la città Nuovo Messico dove si sono riuniti periodicamente fin dal 1980 alcuni falchi del partito repubblicano, soprattutto diplomatici o consiglieri militari  esperti in problemi di geopolitica, in particolare dell’ America Latina, per  disegnare strategie alle quali si sono successivamente ispirati i governi di  Ronald Reagan, di George Bush Sr. ed ora di George Bush Jr. Il gruppo estensore  dei documenti è un gruppo informale le cui proposizioni hanno avuto grande  influenza sulle strategie latinoamericane dei governi repubblicani ora  ricordati.
  I grandi piani strutturali : Plan  Puebla Panama e Iirsa
            I  grandi piani infrastrutturali, che erano la condizione operativa dell’ Alca per  poter trasportare prodotti e materie prime da nord a sud e da est a ovest,  stanno avanzando. Il Plan Puebla Panama (Ppp) che prevede una serie di  infrastrutture stradali, aeree, portuali, telefoniche, telematiche e oleodotti  fra Puebla, nel centro del Messico, al canale di Panama, avviato nel 2000 dal  governo dell’ allora presidente messicano Fox, è stato successivamente esteso  fino al territorio colombiano. Qui si raccorda col megaprogetto della  che prevede 12 assi di  sviluppo articolati con oltre 300 sottoprogetti, il cui valore iniziale era di 40  miliardi di $. Quando sarà terminato grandi battelli da trasporto potranno  viaggiare dal Rio della Plata al Rio delle Amazzoni e viceversa (Progetto Red  fluvial sudamericana Sars-Ifsa che dall’ Orinoco via Rio Negro, Rio delle  Amazzoni, Rio Madeira etc giungerà al Parana e infine al Mar del Plata).
  
                                                           PPP E IIRSA 
  Il Ppp include una regione che si estende dal centro del Messico (la    città di Puebla) fino al Canale di Panama, mentre il secondo, Iirsa (Integracion de la infraestructura regional sudamericana)parte da dove termina il primo per coprire tutta    l’ America meridionale. Essi sono due pezzi di un puzzle più    ampio che include il Nafta, il Tlc fra Usa, Canada e Messico (gennaio 1994),    il progetto Alca (lanciato nel 1994), i vari Tlc suoi attuali surrogati. il    Plan Colombia (1999). Essi vanno quindi analizzati congiuntamente e,    nonostante il primo ufficialmente sia stato presentato come elaborazione del    governo messicano (presidenza Fox) e il secondo del governo brasiliano    (presidenza Cardoso) durante una conferenza dei capi di stato sudamericani,    la loro ideazione è stata fatta probabilmente altrove, più a nord, e subito    accolta e sostenuta dai grandi organismi finanziari internazionali. 
  Come    scrive Lusbi Portillo: <Questa realtà complessa è    l’ integrazione per e dagli Stati Uniti, è la nuova organizzazione del suo    patio trasero in tempi di globalizzazione.> 
  E Raúl Zibechi rafforza :    <L’ aspetto più conturbante é se la creazione di questa enorme rete    infrastrutturale non riuscirà, alla fine, ad imporre gli stessi obiettivi    dell’ Alca però senza il suo nome, senza dibattiti, in modo verticale, da    parte dei mercati e delle élites. (Da       | 
  
La presenza militare statunitense
Dalla  enunciazione della  (1824) in poi l’ America latina è stata  oggetto di decine di interventi militari statunitensi diretti e di interferenze  indirette. Oggi vi si sono presenti molte basi militari situate in zone  strategiche mentre contemporaneamente ogni anno migliaia di militari  latinoamericani ricevono addestramento nella famosa <Escuela de las  Americas>[4] che dal 1946, anno della sua creazione, fino al 2000 operava a Panama e che fu  trasferita poi a Fort Benning in Georgia col nuovo nome di The western  hemisphere institute for security cooperation. Le relazioni fra forze  armate statunitensi e latinoamericane vengono poi promosse con periodiche  Conferenze di vertice dei comandi e con manovre militari congiunte sia  terrestri che navali. Tutte queste operazioni militari sono coordinate dal Comando  sud del Pentagono (USSouthcom)[5],  incaricato delle operazioni in America latina e dotato anche di una  relativamente estesa autonomia politica, recentemente riorganizzato e  ristrutturato. Da qualche tempo vengono anche coltivate, sempre sotto forma di  addestramento, di equipaggiamento e di strutture di collegamento, le relazioni  con le forze di polizia dei vari stati e nell’ aprile 2008 a Bogotà è stata  inaugurata la sede di , l’ organismo creato nel 2007 in  occasione III incontro di Comandanti e Capi di polizia dell’ America latina e  del Caribe, che conta sull’ appoggio dell’ Ufficio delle polizie dell’UE di  Bruxelles, della polizia canadese e naturalmente di quella statunitense[6]. 
Una  descrizione dettagliata della presenza militare statunitense in America latina  è stata fatta nel 2007 da Carlos Fazio[7], uno dei più documentati giornalisti  operanti in Messico, che sarà a settembre in Italia per alcune conferenze, e  per un approfondimento rinviamo a questo testo. Ma chi volesse rendersi conto  meglio della strategicità del posizionamento delle basi militari in relazione  alle risorse acquifere, petrolifere e biologiche, o in funzione del contrasto  ai principali movimenti di resistenza, può sovrapporre le relative mappe  territoriali[8]. 
Qui vogliamo  analizzare invece i fatti recenti più significativi e che fanno capire come in  caso di necessità la opzione militare sia una soluzione possibile per gli Stati  uniti, con buona pace di chi ritiene che essi non abbiano la forza di  esercitarla finché sono impegnati in medio e in estremo Oriente. Il fatto  recente più significativo è la sopra ricordata ricostituzione della IV Flotta  Usa, creata nel 1943 per contrastare la presenza di sottomarini tedeschi e sciolta  nel  1950,  ora di nuovo operativa dall’ aprile scorso e dotata di una portaerei con  testate missilistiche nucleari, avente come sede la base statunitense a  Curaçao, nelle Antille olandesi. E’ evidente che questa ricostituzione ha una  rilevanza enorme sia dal punto di vista militare che politico e riafferma in  modo inequivocabile gli interessi statunitensi nell’area, particolarmente in un  momento in cui si da per certa l’ esistenza di grandi giacimenti petroliferi  sottomarini nel Golfo del Messico e lungo le coste brasiliane e in cui la Cina  si avvia a diventare il primo partner commerciale di questo paese, grazie anche  ai due Assi stradali interoceanici dell’Iirsa, quello del   (via Bolivia e Ecuador) e quello  via Manaus[9].
Ma si parla  anche di istallazioni di nuove basi militari in Perù - nella zona di  Ayacucho, la tradizionale roccaforte di Sendero luminoso e doveancora  sono presenti alcuni gruppi residui - dove da alcuni mesi sono presenti alcune  centinaia di militari statunitensi per  di  assistenza alla popolazione civile – e in Colombia, dove è noto che  circa 800 militari statunitensi sono presenti sotto forma di consiglieri  militari, oltre ad un imprecisato numero di mercenari della Dyna corp. Ora,  come dichiarato nei giorni scorsi dall’ ambasciatore statunitense nel paese, si  sta esaminando la possibilità di una vera e propria base militare permanente  nel paese. E una nuova situazione si va delineando anche in Messico il  cui presidente Felipe Calderon lo scorso anno, nel corso di un incontro a  Merida (Yucatan) col presidente Bush, ha firmato un accordo che va appunto  sotto il nome di Plan Merida o Plan Mexico, che ha tutte le  caratteristiche per essere assimilato al Plan Colombia, prevedendo come questo  assistenza finanziaria, tecnica e militare per la lotta alla droga.
Amazzonia, punto focale di interessi  internazionali
Il Brasile,  apparentemente fuori dalle mire statunitensi, si trova invece in una situazione  delicata, visto gli appetiti che la ricca ed estesa Amazzonia suscita. Una sua   viene ogni tanto invocata anche in sede Onu col  motivo dell’importanza della zona per gli equilibri ecologici del pianeta[10]. Così quest’ area è oggetto  di ambizioni esterne, oltre che di appetiti interni da parte dell’ agrobusiness,  alla ricerca di sempre nuove aree di produzione (riso, soia, e ora coltivazioni  per biocarburanti, di cui il paese è il primo produttore mondiale). Il suo progressivo  disboscamento, che ha portato alle dimissioni recenti della ministra brasiliana  dell’ ambiente Marina Silva, potrebbe essere la ragione capace di far scattare  la molla  della protezione ecologica internazionale. E’ noto  che da tempo sui libri di scuola statunitensi sulla carta geografica dell’  Amazzonia campeggia la scritta . Ma  anche l’ internazionalizzazione del conflitto colombiano è una minaccia latente  per la parte occidentale dell’ Amazzonia. Da tempo gli Stati uniti corteggiano  il Brasile per poter  il poligono spaziale brasiliano di  Alcantara situato appunto in Amazzonia.  
            Spesso  si è parlato delle mire statunitensi sull’ acqua dell’ Acquifero Guaranì,  il secondo bacino acquifero del continente situato alla Triple frontera,  al confine di Brasile, Argentina e Paraguay, dove la Casa bianca sostiene esistere  un nucleo di cellule  di Al Qaeda. Ma assai meno si parla  della Triple frontera amazzonica al confine fra Brasile, Perù e  Colombia. Sulle sponde peruviana e colombiana, a Iquitos e a Leticia, sono  istallate potenti stazioni radar statunitensi. Di fronte, a Tabatinga[11], in piena foresta  amazzonica, a 1300  km di distanza da  Manaus, la città brasiliana più vicina, i brasiliani stanno potenziando il  proprio presidio. E qui istruttori vietnamiti addestrano i militari brasiliani  alla guerriglia in foresta, nel timore di una invasione. Di chi ? Quale dei due  paesi confinanti potrebbe avere la forza di attaccare il Brasile? E’ evidente  che la paura viene da più a nord, anche se i brasiliani sono reticenti a fare  nomi. Ma di questo addestramento da parte di un esercito che ha sconfitto gli  Stati uniti in una guerriglia nella foresta se ne trova notizia sul sito dell’  esercito brasiliano e gli scambi di delegazioni militari fra i due paesi sono  ripetuti. Che le preoccupazioni in questa zona siano forti lo si vede dal fatto  che in questa zona le poche centinaia di militari brasiliani finora stanziati  vengono rafforzate fino a giungere a 26.000 unità. E grazie a un accordo fra  Lula e Chavez le forze aeree dei due paesi sorvegliano lo spazio amazzonico  notte e giorno. Perché oltre il Brasile, anche il Venezuela ha i suoi buoni  motivi di preoccupazione nella zona amazzonica di sua pertinenza ove esiste  probabilmente il più esteso giacimento mondiale di petrolio, quella della  .
Chi si oppone alla   statunitense
        Sono soprattutto  le organizzazioni sociali e indigene, oltre ovviamente ad alcuni governi progressisti  di Stati che si sentono maggiormente minacciati nella loro sovranità :  Venezuela, Bolivia, Ecuador. Ma a preoccuparsi, come abbiamo visto, è anche il  meno  Brasile, che oltre alla cooperazione militare col  Venezuela a nord, rafforza quella con l’ Argentina a sud, paese che ha pure  buoni motivi di preoccupazione. Alcuni militari nazionalisti o più ligi al  proprio dovere di difesa nazionale hanno talora contrastato questa egemonia  militare statunitense, fomentando anche colpi di stato nazionalisti (Perù,  Bolivia). Secondo Raul Zibechi con la nuova situazione creata dalla  globalizzazione, e la conseguente perdita di poteri degli Stati nazionali,  questi militari sono disturbati dall’ idea di vedere sminuito il proprio ruolo  e quindi propensi a riaffermarlo rivendicando forme di indipendenza nazionale.  Da qui, accanto alla politica di addestramento e di , la  decisione statunitense di rafforzare la propria presenza diretta nell’ area  latinoamericana.
Nel maggio del  2003 alcuni movimenti sociali latinoamericani organizzarono a San Cristobal de  las Casas (Chiapas – Mx) il <Primer encuentro emisferico frente a la  militarizacion>, che avrà seguito nel II nel prossimo ottobre in  Honduras[12]. Obiettivo di queste  organizzazioni è denunciare la situazione e chiedere la demilitarizzazione  delle aree critiche[13]. 
Come  sottolinea Bonaventura de Souza Santos[14], chi più preoccupa il  governo statunitense come ostacolo alle proprie politiche sono i movimenti  indigeni, indicati nel documento Tendencias globales 2020 redatto dal  Consiglio nazionale di informazione (Cni), branca della Cia, all’ inizio del  secolo XXI esistono gruppi indigeni radicali nella maggioranza dei paesi  latinoamericani che nel 2020 potranno crescere esponenzialmente, ottenendo l’  adesione della maggioranza dei popoli indigeni……Questi gruppi potranno stabilire  relazioni con gruppi terroristi internazionali e gruppi  antiglobalizzazione……che si contrapporranno alle politiche economiche delle  élites di origine europea” >. E’ così individuato il nemico principale e  questo giustifica l’ accanimento nel contrastare le minoranze indigene, dal  Chiapas al Cile, criminalizzandone i leaders indigeni.
Uno scenario  complesso quindi, già sede di eventi tragici come la Colombia, ma dove altre  scenari di guerra possono aggiungersi, dai Caraibi alla Patagonia.
 
Referenze per un  approfondimento
1 - Ceceña, Ana Esther  2004 <Estrategias de construcción de una hegemonía sin límites> en  Ceceña, Ana Esther (comp), Hegemonías y emancipaciones en el siglo XXI (Buenos  Aires: CLACSO). 
  2 - Ceceña, Ana Esther <La territorialidad de la  dominacion. Estados unidos y America latina>, Rivista Chiapas,  n.12, Mexico, Era 2001
  3 – Petras J. La economia politica de la politica  exterior de Estados unidos para America latina, Osal n. 17, 2005.
  4 - Zanchetta A., a cura di, America  latina, l’ arretramento de los de arriba, Massari-Fondazione Neno Zanchetta  2006
  5 –  Zibechi R., Las armas de America del sur, www.ircamericas.org
 
[1] Come è noto ad Haiti è  presente una forza Onu - comandata da un generale brasiliano e con forte  contingente di truppe di questo paese - che è ripetutamente intervenuta in  azioni di repressione sanguinosa con decine di morti e feriti. Si è adombrata  l’ipotesi che l’esercito brasiliano ha visto questa operazione come occasione  privilegiata di un addestramento delle truppe a operazioni urbane e come ha  dichiarato un alto ufficiale brasiliano, sparare in situazioni reali è ben più  efficace che non farlo durante esercitazioni tradizionali……
[2] In realtà il trattato con  la Colombia è stato firmato nel 2006 ma ad oggi non ratificato dal Senato  statunitense data la situazione di gravi violazioni dei Diritti umani nel  paese. L’ attuale operazione di 
 del presidente Uribe potrebbe  sbloccare l’ impasse. 
  
  
    [3] Agenzia Reuters Pide EU apoyo regional , Giornale Reforma, Messico  , 17 Nov. 2004
   
  
    [4] Secondo il generale  messicano  J. Francisco Gaillardo . La cifra ci pare eccessiva ma  è certamente elevata (vedi www.soag.org).
   
  
    [5] Una dettagliate  descrizione delle forze Usa dislocate in America è contenuta in <El  Comando sur de los Estados unidos. America  latina militarizada> di P.A.Mendiondo,  22.6.2006. 
   
  
    [6] Ne fanno parte Argentina, Brasile, Bolivia, Cile, Costarica, Cuba,  Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Perù, Repubblica Domenicana  e Uruguay. Sede  dell’organizzazione è Bogotà e comandante per il primo biennio sarà il generale  J.A.Bernal, Direttore generale dei  del Cile.
   
  
    [7] Fazio C., Alca e  militarizzazione, in America latina, l’ arretramento de <los  de arriba>, a cura di A. Zanchetta, 2006. Fra basi militari vere e proprie  e controllo di postazioni radar di grande portata sono almeno 30 i luoghi di  presenza militare statunitense in America latina.
   
  
    [8] www.visionesalternativas.com/militarizacion/mapas/mapahegem.htm
   
  
    [9] Come è noto il presidente  ecuadoriano Correa non ha intenzione di rinnovare nel 2009 la concessione agli  Stati uniti della base navale di Manta e sta trattando con la Cina per farne un  porto privilegiato di arrivo delle merci cinesi sul continente e di partenza  delle materie prime verso la Cina.
   
  
    [10] <Al contrario di ciò  che i brasiliani pensano, l’ Amazzonia non è loro, ma di tutti noi>  (Albert Gore, già vicepresidente statunitense e preteso leader ecologista).  <Rispetto all’ Amazzonia è necessario applicare la dottrina della  ‘sovranità limitata’ e del ‘diritto di ingerenza’> (Francois Mitterand,  già presidente francese). <Il Brasile deve delegare parte dei suoi  diritti sull’ Amazzonia agli organismi internazionali competenti>  (Michail Gorbaciov, ex presidente dell’ Urss).
   
  
    [11] Tabatinga, la otra triple  frontiera. Un nuevo Vietnam? (Brecha del 30.12.05).
   
  
  
    [13] Vedi il sito www.nobases.net.
   
  
    [14] www.jornada.unam.mx/2008/03/17/index.php?section=opinion&articles=020a1pol