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I BENI COMUNI, CATEGORIA DELL’ESSERE E NON DELL’AVERE
Alberto Lucarelli a Trento alla conferenza di martedì 31 gennaio a Trento
Francesca Caprini per l'Adige
[05/02/2012 19.17.45]
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Oltre 200 persone martedì sera hanno sfidato freddo e gelo per partecipare alla serata “Beni comuni: una sola lotta” proposta dai comitati cittadini per l’acqua e i beni comuni, per venire ad ascoltare uno dei nostri più insigni giuristi, Alberto Lucarelli. Professore ordinario di diritto all’Università Federico II di Napoli e alla Sorbonne, è stato membro della commissione Rodotà, è uno degli estensori di un referendum storico come quello per l’acqua bene comune ed è recentemente diventato assessore con delega ai beni comuni di Napoli. Ma soprattutto, è uno che è capace di tradurti il diritto in pane e vino, in vita quotidiana, in democrazia. Cosa da pochi.
Come assessore Lucarelli ha dato il via ad un’operazione unica in Italia, ma non in Europa perchè compiuta anche a Parigi, traghettando la locale Arin Spa, società In house che gestiva l’acqua di Napoli e dintorni, nella Azienda Speciale Acqua bene Comune. Un processo che anche Padre Alex Zanotelli ha definito rivoluzionario, per aver di fatto applicato – primo comune d’Italia - l’esito referendario, dando concretezza al senso della volontà popolare espresso il giugno scorso. Dopo la sbronza della campagna referendaria si è tornati dunque a parlare di acqua.
Martedì la serata organizzata in forma di assemblea pubblica, per cercare di capire qualcosa di più sulla annunciata creazione di una Spa In House attraverso l’estrapolazione del servizio da Dolomiti reti, la società mista pubblico privata che attualmente gestisce l’acqua di Trento, Rovereto e altri 15 comuni. Erano infatti presenti esponenti del mondo sindacale, gli operai di Dolomiti Energia, organizzazioni cittadine, un consigliere comunale e nessuno della Provincia o dei Comuni interessati benchè fossero stati tutti invitati. Un’occasione persa, probabilmente, per un confronto con la propria cittadinanza che non capisce ad esempio dove si andranno a prendere i 42 milioni di euro che servono per ricomprare gli acquedotti ora in mano a Dolomiti Reti, e con l’esperienza di Napoli raccontata da un esperto del settore.
Assieme a Lucarelli c’era anche Marco Benvenuti, vicesindaco di Tassullo, che lunedì ha presentato in giunta una mozione d’indirizzo sulle orme di Napoli, e Roberto Tonezzer dell’Azienda Speciale di Tione, l’unica in Trentino (lui l’ha definita “come una villa liberty che ha resistito in mezzo ai palazzoni di cemento”). “Quello che è successo è Napoli è forse la prima volta che un’amministrazione locale adotta una proposta elaborata dal basso”, ha spiegato Lucarelli. “C’è in corso un processo di accaparrameno dei beni comuni. Siamo in presenza di un vero e proprio saccheggio. Questa è una battaglia chiara per i diritti umani e fondamentali contro forme di privatizzazioni forzate”. Il professore ha illustrato bene a che punto siamo ora dopo il referendum: “ Vige il principio di neutralità del diritto europeo rispetto agli assetti proprietari, il principio della libera definizione ovvero la possibilità per ogni comune di potersi scegliere il proprio modello. Il vuoto legislativo è riempito dal diritto europeo. Se c’è una volontà politica chiara che un servizio idrico sia gestito attraverso un ente di diritto pubblico, in questo momento è possibile, a livello nazionale e tanto più in una provincia autonoma, in forza dell’articolo 8 della Legge provinciale trentina.
A Napoli con la delibera del 26 ottobre scorso abbiamo trasformato la Spa pubblica 100% in un soggetto di diritto pubblico perchè sia realmente partecipato. Nel consiglio di amministrazione ci sono 3 componenti tecnici e due cittadini con voto deliberativo. Il modello è Eau de Paris,l’ azienda speciale di Parigi nata nel luglio del 2010. E’ stato previsto un comitato di sorveglianza cittadina con rappresentanti dei lavoratori dell’azienda, cittadinanza attiva e una rappresentanza del consiglio comunale. La differenza fra una spa pubblica e un soggetto di diritto pubblico è che la proprietà è pubblica in entrambi i casi, ma la prima si muove secondo le regole del diritto societario e del profitto. Un Comune non ha gli strumenti per il cosiddetto controllo analogo, come per un proprio ramo dell’amministrazione. E’ una mistificazione. In questi primi mesi come assessore ne ho avuto la prova concreta. Appena insediato ho scoperto come la Arin Spa avesse creato delle altre società per esternalizzare servizi senza mai dover passare dalla Giunta e dal Consiglio comunale. Le Spa pubbliche non sono un continuum naturale fra proprietà e gestione, è la differenza che esiste fra proprietà formale e sostanziale”.
Alberto ha scritto anche un libro, presentato mercoledì scorso a Sociologia: “I Beni Comuni, dalla teoria all’azione poltica” (ed. Dissensi). Ai ragazzi ha spiegato: “Dobbiamo agganciare il tema dei beni comuni al tema della proprietà e della democrazia partecipativa, perchè vanno oltre il pubblico e privato. La dimensione proprietaria è di per sè escludente. Oggi dobbiamo dare prova che è possibile creare un modello di gestione delle risorse idriche realmente partecipato, fuori dalle logiche del profitto, ed allargarlo a tutti gli altri beni collettivi, dall’istruzione all’informazione. I beni comuni sono una categoria dell’essere e non dell’avere”. Sabato scorso a Napoli si sono riunti decine di amministratori locali e migliaia di cittadini per il laboratorio dei Comuni per il Bene Comune. Ne è nato un decalogo, che presto verrà presentato. Vediamo, oltre il coraggioso Tassullo, chi fra i nostri comuni trentini raccoglierà una sfida che sa di futuro.
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Ultimo aggiornamento
23.10.2012 ore 20.44
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