Documento senza titolo
da Il Manifesto del 16/12/08
I  prestiti capestro della Depfa alle società laziale e calabrese. Si  chiama project financing, si basa sui derivati ed è lo strumento con  cui la finanza va alla conquista dei beni comuni privatizzati. Che ora  rischiano di finire travolti dalla crisi economica. 
Il caso dell'acqua è  un cocktail micidiale quello che si sta formando tra il capitale  finanziario internazionale e i servizi pubblici locali in Europa. Dalla  metropolitana di Londra fino all'acqua della Calabria, passando per la  Toscana e per la provincia di Latina: la stessa vita quotidiana,  l'acqua da bere, i trasporti, l'energia rischiano di essere messi sotto  tutela dalle banche d'affari, che puntano al grande business dei fondi  pubblici. Il grimaldello si chiama project financing e si basa sui  prodotti derivati, la sofisticata e pericolosa finanza che ha inguaiato  non pochi enti pubblici.
  In Europa il mercato è gestito da tre  colossi: Depfa, Dexia e Fortis. I clienti potenziali sono le società  che gestiscono gli acquedotti, l'energia, il trasporto pubblico. I  primi a lanciare silenziosamente l'allarme sono stati alcuni comuni  degli Stati uniti, che hanno scritto al congresso a fine novembre  chiedendo aiuto, mostrando i conti comunali intossicati dai derivati,  dai contratti di swap, dai prestiti legati a tassi rinegoziati di volta  in volta, seguendo l'andamento del mercato finanziario. Anche a Londra  sono preoccupati, gli investimenti per la ristrutturazione della  storica metropolitana potrebbero saltare, visto che l'irlandese Depfa  Bank - colpita dalla crisi - sembra abbia problemi di liquidità.
  Ed  è proprio la Depfa che in Italia si sta specializzando nel  finanziamento del settore delle public utilities, concedendo prestiti  milionari ai gestori dell'acqua in Calabria e in provincia di Latina,  ambedue controllati operativamente dalla multinazionale Veolia. A che  condizioni? Questo è il punto più critico.
  La Regione Calabria,  socia di Veolia in Sorical, il gestore degli acquedotti, non ha voluto  divulgare informazioni sul contratto di finanziamento. «Sono dati  delicati», hanno commentato dai palazzi regionali. Gli unici numeri  certi riguardano la cifra, 240 milioni di euro, nulla di più. Un  silenzio particolarmente preoccupante, visto che sulla gestione  dell'acqua in Calabria aveva iniziato ad indagare anche il pm De  Magistris prima del trasferimento a Salerno.
  A Latina i 38 sindaci  che nel 2002 hanno affidato alla società mista pubblico-privata  Acqualatina, controllata per il 49% dalla francese Veolia, il 22  dicembre dovranno votare la cessione di parte della sovranità  sull'acqua al sistema finanziario. Qui la Depfa ha concesso 115 milioni  di euro, in cambio di garanzie che hanno posto il sistema idrico di  Latina sotto il controllo della banca irlandese. Il contratto di  finanziamento tra Acqualatina e Depfa è stato firmato a Londra il 23  maggio dello scorso anno dall'amministratore delegato Silvano Morandi.  Uomo di Veolia, guida la società idrica da vero manager privato. Mentre  a Londra indebita la società con contratti basati su derivati, ad  Aprilia autorizza la riduzione del flusso idrico a chi non può pagare  facendo scortare i tecnici con guardia private armate. Due lati della  stessa gestione.
  Acqualatina è in difficoltà, ha accumulato perdite  di bilancio notevoli, non riuscendo a incassare molte bollette dopo  aumenti che, in alcuni casi, hanno raggiunto il 300% rispetto alla  precedente gestione comunale. L'ancora di salvezza viene offerta dalla  Depfa in cambio del pegno sulle azioni del socio privato e di almeno il  18% dei soci pubblici, raggiungendo il 66,7% delle quote. Nessuno vuole  dire quale comune ha già firmato l'atto di pegno delle azioni. La  segreteria tecnico-operativa dell'Ato 4 comunica solo i nomi dei comuni  che hanno approvato il finanziamento.
  Nel contratto siglato a Londra  - ricevuto solo da alcuni comuni più di un anno dopo la stipula - si  legge che in caso di «evento rilevante» il controllo passa nelle mani  del nuovo padrone, la banca irlandese. Accanto ai pegni, la garanzia  richiesta è pressoché totale: i crediti della società e i crediti che  eventualmente i comuni possono vantare nei confronti di Acqualatina. La  struttura del contratto - che prevede anche il ricorso all'hedging, uno  degli strumenti finanziari più rischiosi - si basa poi su una  previsione dell'andamento della società stimato al momento della firma.  Che succede se qualcosa cambia? Che succede se i 7000 cittadini di  Aprilia che contestano la bolletta dovessero vincere la loro battaglia?  Il «modello» del contratto verrebbe ridiscusso. E già oggi a distanza  di un anno dalla firma del finanziamento i conti non tornano. Ad  esempio la spesa dell'energia che era preventivata nel piano economico  presentato alla banca è notevolmente aumentata, con un incremento dei  costi operativi di alcuni milioni di euro. Variazioni che, a  discrezione della Depfa, potrebbero essere considerate «evento  rilevante» - che pone a rischio cioè la possibilità di rimborso del  prestito - facendo entrare i banchieri nella gestione dell'acqua a  Latina.
  I sindaci dei tanti piccoli comuni nel sud del Lazio si  troveranno davanti strumenti finanziari concepiti dalle banche  internazionali, ben differenti dai classici mutui della Cassa depositi  e prestiti. Derivati e contratti di hedging sui quali potranno decidere  solo a cose fatte, solo un anno e mezzo dopo la firma del  finanziamento. Se poi l'acqua dovesse mancare - e le interruzioni di  flusso in provincia di Latina sono praticamente quotidiane - dovranno  rivolgersi ad una banca in Irlanda o ad una multinazionale con sede a  Parigi. Se le cose poi dovessero andar male, se i cittadini non  riuscissero a pagare più le bollette a quattro cifre del gestore,  dovrebbero cedere il posto di azionisti a dei signori irlandesi, venuti  da una banca, la Depfa, appena declassata dalle agenzie di rating  internazionali.
  Per ora i sindaci della provincia di Latina non  hanno ancora scritto lettere preoccupate al parlamento, come hanno  invece fatto i loro colleghi negli Stati uniti dopo la crisi  finanziaria. Hanno però un'ultima chance il 22 dicembre, quella di  evitare che la finanza speculativa internazionale possa entrare nella  gestione dei loro acquedotti. Anche perché ultimamente è una finanza  che fa acqua da tutte le parti.