Potrebbe esserci un italiano neofascista, Marco Marino Diodato, dietro un  massacro avvenuto nella notte tra l'11 e il 12 settembre a El Porvernir, in  Bolivia, quando squadroni della morte legati a gruppi civici che si battono contro Evo Morales per  l'autonomia regionale hanno ucciso quindici contadini indios che stavano andando a una dimostrazione di sostegno al presidente boliviano. Diodato, poco più che cinquantenne, è molto conosciuto  in Bolivia, dove si è trasferito agli inizi degli anni Ottanta.
  L'indice accusatore contro l'ex parà nato a San Giovanni Teatino (Chieti) lo  punta Aldo Michel Irusta, ex parlamentare e giornalista, che non ha esitato a metterlo in  relazione con il prefetto di Pando, Leopoldo Fernandez, attualmente agli  arresti per aver violato lo stadio d'assedio imposto nel dipartimento. Il  giornalista d'assalto Wilson Garcia Merida ha sostenuto che Diodato ha operato di recente nei dipartimenti della Mezzaluna (Santa Cruz,  Beni, Pando e Tarija) "organizzando gruppi di killer" e che è  stato in luglio a Cochabamba, dipartimento di cui era prefetto Manfred Reyes  Villa, revocato nel referendum del 15 agosto.
  Operante in Bolivia dalla fine degli anni '70 al servizio dei dittatori di  Hugo Banzer e Luis Garcia Meza, qualcuno dice per conto della Cia, Diodato  entrò nell'esercito boliviano. Sposò una nipote di Banzer e salì agli onori  delle cronache quando fu arrestato nel giugno 1999 per una denuncia legata ad  un giro di cellulari clonati dei vertici delle forze armate.
 Il quotidiano El Nuevo Dia svelò che Diodato era titolare di una fabbrica per  il montaggio di armi e riferi' dichiarazioni del pm Francisco Boreinstein,  secondo cui "abbiamo cominciato con la clonazione dei telefonini e abbiamo  trovato cose ben più gravi: traffico di armi, droga e riciclaggio di  denaro". Con lui furono arrestati l'ex console onorario italiano a  Santa Cruz, Fausto Barbonari, Tullio Diodato (padre di Marco), Giuseppe Paludi,  Natale Armonio e Gianfranco Gabillio, che per il giornale Presencia rispondevano al mafioso Nitto Santapaola.
 Condannato a dieci anni di carcere per narcotraffico l'ex parà, accusato  anche dell'omicidio della pm che indagava su di lui Monica Von Borries, fuggì  da una clinica dove era stato ricoverato, svanendo nel nulla. L'agenzia di  stampa statale boliviana Abi riporta dichiarazioni di Michel, che intervenne a  lato della pubblica accusa in un processo contro l'ex parà, secondo cui il  prefetto
  di Pando Fernandez sarebbe legato alla "mafia di Diodato" e a  narcotrafficanti operanti a Rio Branco, in Brasile.
  Secondo Michel, Fernandez ha consolidato legami con il gruppo Diodato e ad  un giro di introiti illeciti mediante case da gioco clandestine. L'ex  parlamentare sostiene addirittura che alla
struttura criminale lasciata da Diodato apparterrebbero, oltre Fernandez, anche  il prefetto di Santa Cruz, Ruben Costas, ed esponenti dei Comitati civici di  quel dipartimento.
"L'attività delittuosa del gruppo di Diodato - ha detto -  ha operato  per oltre 10 anni a Santa Cruz con copertura  dei Banzer, Jorge Tuto  Quiroga e Gonzalo Sanchez de Lozada".
 E squadroni paramilitari finanziati da questo, ha concluso, hanno agito al  servizio della prefettura di Pando nel massacro dell'11 e 12 settembre di  contadini ed indigeni inermi.
Fonte: rainews.it