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L’acqua proviene da Wirakocha, dio creatore dell’universo, che feconda la Pachamama (Madre Terra) e permette la nascita della vita. E’pertanto una divinità presente nei laghi, nelle lagune, nei mari, nei fiumi e in tutte le fonti d’acqua.
L’acqua è la rigenerazione sociale della diversità nello spazio e nel tempo nelle organizzazioni comunitarie, nella partecipazione della popolazione, permettendo l’autodeterminazione delle comunità, in un permanente dialogo con la Natura.
L’acqua è un essere vivente generatore di vita e forza animatrice dell’universo. Le culture originarie con l’acqua parlano, la trattano con gentilezza, si prendono cura di lei. Questa visione è stata un fattore fondamentale per un adeguato raccolto, e per la riproduzione e conservazione delle risorse idriche.
L’acqua permette l’integrazione tra gli esseri viventi, lo sviluppo vitale della natura e della società umana. E’ il sangue della terra e dell’universo. Permette di praticare la reciprocità in famiglia, tra i gruppi di famiglie e tra le comunità andine. Ordina la vita degli individui, considera le “differenze” non come opposizione ma come complementarietà, e facilita la soluzione dei conflitti sulla base di accordi comunitari.
I popoli delle Ande, antichi custodi di un mondo che sta scomparendo, precursori di un cambiamento politico e sociale che sta alla base della recente evoluzione dei movimenti del pianeta, pensa questo dell’acqua.
Questo stesso bene vitale nella Europe’s Water Vision (Visione Europea dell’Acqua), sottoscritta da multinazionali del pianeta (quali la Coca Cola e IBM), organizzazioni e istituzioni lo scorso 8 luglio a Saragozza, appare come un’entità che “non è una merce come le altre” [punto 1], ma che rimane pur sempre una merce, comprabile, vendibile, da cui traer profitto.
Tra le esigenze umane dell’acqua appaoiono in primis quelle delle imprese, quelle ricreative e quelle industriali [punto 2], e l’economia e il commercio come entità reponsabili e adeguate a promuovere la sostenibilità idrica: “Il nostro commercio e le politiche economiche hanno integrato le questioni idriche e abbiamo ridotto significativamente la nostra impronta globale sull’acqua, ad un livello che è sostenibile” [punto 10].
La politica dei prezzi ne esce come una strategia allocatrice ottimale, e ancora una volta “gli strumenti economici” come principale mezzo per assicurare la sostenibilità: “I servizi idrici hanno un prezzo. Noi paghiamo per i servizi e per gli usi e le nostre politiche di prezzo sono guidate da trasparenza, sostenibilità, efficienza così come da un approccio sociale ambientale. Usiamo i prezzi dell’acqua e altri strumenti economici per conseguire un utilizzo idrico sostenibile” [punto 7].
Le popolazioni indigene della Ande, grandi conoscitrici delle conseguenze di lasciare al mercato e ad una visione economicista la gestione dell’acqua, che già si ribellarono durante la Guerra dell’Acqua del 2000 in Bolivia cacciando dal paese il consorzio di multinazionali che si era appropriato della risorsa idrica, la pensano diversamente:
L’accaparramento dell’acqua da parte dei settori più dinamici dell’economia come quello minerario, industriale e agro-industriale, va a discapito della grande maggioranza dei consumatori e degli ecosistemi. Pertanto nessun’impresa, nazionale o trasnazionale, o semplicemente qualsiasi persona, ha il diritto di appropriarsi della gestione dell’acqua e controllarne l’uso per fini privati a discapito della collettività.
Perchè l’acqua rimanga di proprietà pubblica dev’essere considerata una risorsa vitale che non può essere trattata come una merce, ridotta ad un valore commerciale e sottomessa alle leggi del mercato. Per questo l’acqua non può essere oggetto di trattati di libero commercio come il WTO o l’ALCA, o anche di trattati bilaterali.
Prive di moralità alcuna, istituzioni, organizzazioni e imprese si sono riunite per stilare una carta, la Europe’s Water Vision, in vista del prossimo Forum Mondiale dell’Acqua del 2009 che si farà a Istanbul.
Ne esce una visione della risorsa idrica contraddittoria (si afferma l’esistenza di una crisi idrica mondiale da risolvere per poi prevedere più volte – al punto 2 – uno scopo ricreativo nell’utilizzo dell’acqua), pubblicitaria e priva di ogni valore di una qualsiasi cultura del presente e del passato.
Davvero vogliamo, come europei, accondiscendere un simile pensiero su una risorsa che tra tutte rimane la più necessaria alla nostra vita e al nostro intorno?
Domando questo alla Regione Toscana, unica rappresentante italiana tra le molte firme.
Domando questo ai politici toscani di essa appartenenti, consunti da un tetro presente di potere, che sottoscrivono, a fianco di ipocrite e amorali multinazionali, una Visione dell’Acqua utilitarista, mercificabile, falsa.
Come liberi custodi del Bene Comune, rispondiamo rifiuto e ribellione al vostro modo di pensare e trattare l’Acqua e la Vita.
Leggi la Visione Andina dell’Acqua
Scarica l’originale in inglese Europe’s Water Vision
Scarica la versione tradotta in italiano La Visione Europea dell’Acqua