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Acqua, luogo simbolico e reale di liberazione. È nell’oceano che riposano in pace le anime di milioni di schiavi che non arrivarono mai sull’altra sponda dell’Altlantico. È nell’oceano che i fedeli a Iemajá, la vergine del mare, immergono i loro doni perché arrivino fin nel cuore della dea pagana. È nell’oceano che i fedeli venerano “la madre i cui figli sono i pesci”. È un battessimo di massa, accompagnado da una dolce carezza del sole al tramonto.
“E’ la vergine del mare. Ti aiuta in amore, denaro, salute, lavoro...”. Lo afferma con convinzione una tenera signora, che tutti i 2 di febbraio viene a venerare Iemanjá, la dea del mare, la madre di tutti gli dei - “mio marito è a casa sulla sedia a rotelle. Ed io chiedo a Iemanjá di aiutarmi. Altre volte mi ha aiutato, lo ha sempre fatto”. Come lei tanta altra gente una volta all’anno venera la dea del mare. Sono i fedeli al culto umbanda e ad altri culti di orgine africana, ma ci sono anche cattolici che venerano la Vergine della Candelaria, nome cristiano di Iemanjá. E c’è chi lo fa semplicemente per tradizione.
Qualcuno si ferma sbigottito quando sente che in Europa nessuno venera Iemanjá, la dea del mare, figlia di Olokum, reggina dell’oceano. Con i suoi fianchi ed i suoi seni opulenti, rappresenta il simbolo della fertilitá. È la figura materna per eccellenza. È una sfilata di fedeli, turisti, curiosi davanti alla statua della dea del mare. Un culto che si ripete ogni anno sulle spiagge dell’Atlantico Meridionale, da Montevideo a Bahia. Un culto di origine Africana. Gli schiavi deportati in Sud America non avevano il diritto di adorare i propri dei. Per questo, diedero loro sembianze cattoliche. Ritrovarono in Iemanjá la loro fede, nell’oceano il loro luogo di purificazione e nella storia dei loro antenati una ragione di sopravvivenza.
Anche chi non è fedele a Iemajá rimane estasiato dai riti che accompagnano la sua adorazione. L’immersione nelle acque dell’oceano, i doni alla vergine del mare, una miriade di candele accesse in buchi scavati nella sabbia, che illuminano come fuochi fatui i riti di purificazione praticati dai templi a cielo aperto. I tamburi con i loro ritmi africani, accompagnati da balli e momenti di trance facilitati dai deliri alcolici della caña (un distillato della canna da zucchero).
Sono riti che si praticano tutto l’anno e che una volta all’anno si concentrano sulle spiagge dell’Uruguay e del BRasile. Molti culti afroamericani si originarono in Brasile come l’ umbanda, il kimbanda, il bautuque e il candolblé. Si diffusero in Uruguay grazie alla libertá di culto stabilita dalla costituzione. Oggi la festa alla dea del mare è quasi un fenomeno di massa. Troppi curiosi, troppi turisti, troppo rumore. Ma la mistica è ancora presente. L’Atlantico Meridionale è il lugo di riunione di Milioni di persone che dall’Africa all’America del Sud, pregano nella stessa lingua, grazie alla Dea del Mare.