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La Toscana, fino a oggi, ha fatto ricorso ai dissalatori soprattutto per contribuire a risolvere il problema della sete delle isole dell’Arcipelago. A Capraia è in funzione dal 2005 un dissalatore a osmosi inversa, capace di produrre fino a 500 metri cubi di acqua potabile al giorno e a Giglio Bonsere un altro impianto, attivo dal 2004, produce circa 2mila metri cubi al giorno. A Giglio Campese è in corso la costruzione di un dissalatore dal 1.200 metri cubi al giorno, mentre a Giannutri entro l’estate dovrebbe essere inaugurato un impianto da 100 metri cubi giorno, che come deposito utilizzerà cinque cisterne romane interrate e comunicanti tra loro.
Ma per l’assessore alle risorse idriche, Marco Betti, “Si può e si deve fare di più. E’ arrivato il momento di potenziare questa capacità, attraverso un uso intelligente dei dissalatori. Partendo dal raddoppio di quello del Giglio e dalla ultimazione dell’impianto di Giannutri porteremo la capacità a 4.300 metri cubi al giorno. L’intenzione è però realizzarne altri impianti lungo la costa, a partire da Punta Ala e Scarlino. A questo scopo sarà destinata una parte dei 5 milioni di euro previsti per quest’anno dal Patto per l’acqua”.
L’assessore ha scelto questo inizio di ennesima estate siccitosa per fare il punto della situazione regionale e per lanciare la sua idea di un sistema di dissalatori che si aggiunga ai due già esistenti.
“Ormai questa tecnologia ha raggiunto costi competitivi - precisa Betti -. Basti pensare che un dissalatore capace di servire 100mila abitanti costa 1 milione di euro e ha spese di gestione che variano da 0,75 centesimi a 1 euro e 50 al metro cubo di acqua prodotta. Significa che ricavare 1 litro di acqua potabile da quella marina costa al massimo 15 millesimi di euro, cioè 2,9 delle vecchie lire. Se a ciò si aggiunge che alimentando gli impianti con pannelli fotovoltaici anche il consumo di energia si riduce, che l’acqua trasportata con le bettoline costa 30 euro al metro cubo e a parte lo spreco energetico nel 2004 abbiamo speso per questo 4 milioni di euro, ben si dimostra come un dissalatore si ripaghi ampiamente, e in poco tempo”.
E per convincere della qualità dell’acqua dissalata, l’assessore Betti cita l’esempio della regione spagnola di Murcia, dove 2,3 milioni di abitanti ricevono dall’acquedotto locale acqua proveniente per tre quarti dal mare e per un quarto dal fiume. L’assessore ha organizzato anche un assaggio di acque con voto finale, riservato a una giuria di giornalisti, ai quali ha proposto cinque diverse acque potabili, da quella dell’acquedotto, a una delle minerali in commercio, all’acqua dissalata che gli spagnoli vendono in bottigliette da mezzo litro.
“Aiutare le zone più siccitose come le coste grossetane utilizzando l’acqua di mare - ha concluso l’assessore - significa poter far fronte al picco delle richieste estive causate dalla forte presenza turistica, risparmiare l’acqua dell’Amiata e ridurre gli effetti del cuneo salino, cioè l’intrusione dell’acqua salata nelle falde di quella dolce. Ovviamente il primo obiettivo da cogliere è quello di ridurre gli sprechi, favorire il riutilizzo e l’uso razionale della risorsa, ma nell’acqua di mare possiamo avere un valido alleato in più contro la sete della Toscana”.
Firenze, 21 luglio