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Scontri in tutto l’Oriente del Paese. I separatisti attaccano un gruppo di contadini, almeno 15 i morti nella regione del Pando per quello che è stato definito il "masacre del Porvenir". Nel Pando ieri sera è stato decretato lo stato d'emergenza. Solidarietà internazionale al governo Morales. Tensione bilaterale fra stati latinoamericani e Stati Uniti. Isolata la città secessionista di Santa Cruz da parte dei movimenti sociali fedeli al Governo. Le Forze Armate della Bolivia rifiutano ogni ingerenza del Venezuela e hanno avvertito il Presidente Hugo Chavez e la comunità internazionale di evitare qualsiasi intromissione: "non tollereremo alcuna azione dei gruppi radicali violenti" ha detto il generale boliviano Luis Trigo in risposta a Chavez che ieri aveva affermato di "appoggiare qualunque movimento armato".
Bolivia, il giorno dopo.
Per ora 15 i morti ammazzati nella giornata di giovedi nella regione boliviana del Pando dall’esercito paramilitare della Union Juvenil agli ordini delle prefetture delle regioni secessioniste. Secondo le prime ricostruzioni, le vittime, a parte una identificata come impiegato della prefettura del Pando, sono tutte contadini della locale Federacion Campesina. I contadini sono stati attaccati con fucili e mitragliatrici nel pomeriggio di giovedì mentre si stavano recando ad una riunione a El Porvenir, a 30 chilometri dalla capitale dipartamentale Cobija. Almeno 60 i feriti. 70 i dispersi. Le vittime dell’attacco pare abbiano tentato di difendersi con machete e bastoni. Ovviamente, nulla hanno potuto contro le armi da guerra degli “unionisti”, equipaggiati in maniera professionale.
Una furia omicida che non ha paragoni nel recente passato della Bolivia, nonostante i due anni della presidenza Morales siano stati caratterizzati da una conflittività sociale che ha contato oltre trenta caduti in manifestazioni e scontri di piazza.
Alla sanguinosa giornata è seguita una eccezionale alzata di scudi da parte di tutti i Paesi alleati in America Latina: il Brasile, con Lula, l’Argentina con “i” Kirchner, il Paraguay di Lugo, il presidente ecuadoriano Correa, l'Honduras e soprattutto il presidente venezuelano Hugo Chavez, hanno tutti espresso solidarietà incondizionata a Morales.
Chavez, da sempre il più forte alleato politico ed economico della Bolivia, ha esordito senza mezzi termini contro la presunta ingerenza statunitense nei fatti boliviani, che hanno portato il governo boliviano all’espulsione immediata dell’abasciatore statunitense in Bolivia, Philip Goldberg: “Ya basta de tanta mierda de ustedes, yanqui de mierda”, ha esordito ieri Chavez nel suo discorso alla nazione. Facendo seguire l’espulsione dal proprio paese dell’ambasciatore statunitense Patrick Duddy, Dopo che gli USA avevano chiesto l’espatrio dell’ambasciatore boliviano dagli Stati Uniti, Chavez ha inoltre ritirato il proprio da Washington.
Anche la OEA, la Organizzazione degli Stati Americani, attraverso il suo presidente Josè Miguel Insulza, ha espresso il proprio “ripudio per i gravi fatti della Bolivia”, elogiando la “prudenza di Evo Morales di fronte ai fatti” e considerando “totalmente inaccettabile la violenza delle opposizioni autonomiste”. Prudenza, quella di Morales, che ieri si è trasformata nel "necessario" utilizzo dell'esercito nella regione del Pando, diventata terra di nessuno.
L'ambasciatore Philip Goldberg si è detto “sorpreso” dell’espulsione. Eppure da tempo era ritenuto responsabile della politica di “balcanizzazione” che i partiti di destra stavano portando avanti contro il Governo Morales. Il suo passato come responsabile a Pristina, in Kossovo, della missione statunitense, lo aveva pesantemente inimicato alle alte sfere di La Paz. La foto che ritraeva Goldberg al fianco di un paramilitare colombiano, girata in Bolivia alla fine del 2007, aveva definitivamente rotto i rapporti di cortesia fra il diplomatico e il governo Morales.
L’appoggio internazionale ha comunque permesso oggi al presidente boliviano Evo Morales di fare delle aperture ai prefetti secessionisti per un tentativo di dialogo, che alla luice degli ultimi accadimenti non si sa quanto possa servire.
Il ministro alla presidenza, Juan Ramón Quintana aveva ricevuto ieri pomeriggio a La Paz il prefetto di Tarija - e portavoce ufficiale del coordinamento dei prefetti per l’autonomia, la CONALDE - Mario Cossío. “Sento che il dialogo è importante, solo però se c’è la diposizione a capirsi”, aveva detto Morales, che nei discorsi precedenti aveva invece parlato di “pazienza al limite”, riferendosi alla possibilità di rispondere con le armi ai rivoltosi. Cosa puntualmente verificatasi.
Aperture c'erano state anche sul tema Nuova Costituzione: Morales diceva di essere disposto a vedere se ci possono essere compatibilità fra il nuovo testo costituzionale – che dovrebbe essere ratificato attraverso un referendum popolare – e gli statuti autonomici che le regioni dell’Oriente, Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija, avevano approvato con un colpo di mano la primavera scorsa.
La giornata di giovedì è stata il culmine di un’ondata di violenza che da 18 giorni teneva in stallo la parte orientale della Bolivia, in mano all’opposizione. I prefetti per la secessione, dopo il referendum revocatorio del 10 agosto scorso, avevano alzato il tiro arrivando a bloccare i rifornimenti di gas ad Argentina e Brasile, ed ad occupare alcune raffinerie nel Chaco boliviano.
Una strategia della violenza che pare aver mostrato tutta la sua fragilità: la presa degli uffici istituzionali e dell’aeroporto nella città di Tarija; la distruzione vandalica di molti edifici in Santa Cruz; il massacro nel Pando e la tregua concordata unilateralmente nel Beni dimostrano che il CONALDE non si muove coordinatamente. La lotta per il rovesciamento del Governo democratico di Morales si è sviluppata con una violenza tale da aver attirato l’appoggio incondizionato di tutti gli stati amici della Bolivia, isolando mediaticamente – e politicamente – le destre autonomiste, qualificandole come assassine e indicando nell’ambasciatore Philip Golberg la mente dell’operazione.
Il governo boliviano tenta ora di procedere con il recupero della stabilità istituzionale e l’ordine nel Paese, ma l'utilizzo di mezzi coercitivi non fa sperare per una pronta risoluzione del conflitto.
In queste ultime ore i movimenti sociali fedeli al Governo Morales hanno iniziato i blocchi stradali e l’accerchiamento per isolare la città di Santa Cruz.
Ieri la comunità boliviana in Argentina ha marciato per le strade di Buenos Aires. Almeno 500 persone, accompagnate dai piqueteros, hanno sfilato fino all'ambasciata USA che ha rinforzato la sicurezza per timore di incidenti.
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