Documento senza titolo
La Costituzione Politica dello Stato è stata il frutto di un cammino tortuoso, di negoziazioni e accordi, di errori e di alcune morti. A partire da sabato 7 febbraio è il fondamento delle relazioni tra boliviani e Stato, tra persone e gruppi. Questo ha definito il voto del 61,43 per cento della gente nel passato referendum: cosi sia.
Anche volendo, non possiamo nascondere che il testo che il governo di Evo ha negoziato con i partiti tradizionali nel Congresso Nazionale, con una moltitudine di marciatori poveri in attesa nella Plaza Murillo di La Paz, sia un documento pieno di lacune a partire dalle quali, come ha segnalato Pablo Mamani, è impossibile creare “un nuovo paese indigeno-popolare”.
Un buon esempio di ciò potrebbe essere il tema, adesso tanto attuale, degli organismi geneticamente modificati. Con la legislazione ereditata dal neoliberismo, vari prodotti agricoli transgenici sono entrati in Bolivia, come la famosa soia RR. Però c’è sempre stata protezione per le culture più importanti per la vita della Bolivia, come la patata, e questo povero paese non la commercializzava; il protezionismo ha funzionato per qualche anno, soprattutto grazie alla pressione delle organizzazioni ambientaliste e dei contadini.
Durante alcuni mesi, mentre entrava in vigore il testo costituzionale approvato ad Oruro dall’Assemblea Costituente nel novembre del 2007, l’articolo 408 diceva: “si proibisce la produzione, l’importazione e il commercio dei transgenici”. Dopo le comunelle congressuali di qualche mese fa, l’articolo 409 della costituzione approvata dice: “la produzione, l’importazione e il commercio dei transgenici sarà regolato dalla Legge”.
Chi beneficia questa singolare flessibilità? Di che classe politica o di che progetto di paese parla questo testo?
Bisogna inoltre pensare che definisce la cittadinanza come i semplici attributi elettorali e dell’essere funzionario statale (articolo 144). Inoltre, come ha dimostrato Carlos Crespo in una semplice ma acuta analisi, lascia aperto il rubinetto perché l’impresa privata continui a usufruire del denaro della gente per i servizi d’acqua potabile e reti fognarie.
Nonostante tutto, questa costituzione appena partorita ridimensiona lo Stato ad ente laico e concede l’ufficialità a tutte le lingue originarie che si parlano in Bolivia, senza dimenticare i 18 diritti specificatamente consacrati per i popoli indigeni. Questo testo, finalmente, rende possibile che i comunarios dell’oriente e dell’occidente, di qualsiasi angolo, possano costruire l’autodeterminazione territoriale alla quale hanno diritto.
Evidentemente, una nuova legge come questa fa arrabbiare coloro che, pur essendo in minoranza, hanno usurpato i diritti e il patrimonio di milioni di persone che, mettendo il corpo e il passato nelle barricate e nelle strade, hanno cambiato per sempre la Bolivia.
La sconfitta espressa come incomprensione, come permanente “critica” di ciò che succede in questo paese, non è nient’altro che una dimostrazione in più della mentalità coloniale di cui si fanno portatori expresidenti come Carlos Mesa, che oggi difende una democrazia concertata che criticava fino a poco prima di essere cacciato dalla gente… o di una mentalità colonizzata, come quella che dimostra l’exvicepresidente indigeno Víctor Hugo Cárdenas, subordinato di Gonzalo Sánchez de Lozada quando svendette malamente la ricchezza boliviana e le imprese proprietà della gente.
Arrivano talmente lontano che nel “maggiore” giornale di Santa Cruz, El Deber, pochi giorni fa si lamentavano dei tempi andati, con i contadini amabili e docili, e riescono a malapena a spiegarsi nel loro razzismo il cambiamento, per il quale possono “mettersi davanti a chiunque che li fronteggi”, perché i nuovi contadini che circondano la città vengono da un’altra regione o sono dei marziani!
Questa Nuova Costituzione Politica dello Stato che ha promulgato il presidente indigeno è la loro sconfitta, quella di coloro che oggi affermano di difendere la democrazia a bastonate contro gli indios, i contadini e gli operai. Piena di lacune, concrezione delle concessioni fatte alla destra da parte di un governo che si sollazza nello specchio, questa costituzione è per la gente cosa propria, carne e sangue della gente che ha marciato settimane e mesi nel 2008, 2007, 2000, 2003, 1971, 1952, 1789, 1901…e un’eredità per i propri figli.
Ma dalle urne ingravidate il 25 gennaio scorso è sorto un altro risultato, quello del referendum “della terra”, che ci pare importante risaltare per sempre, in questa storia: circa la definizione della massima estensione di terra che potranno possedere gli individui in Bolivia, l’80,65 % dei voti ha detto che sarà di soli 5mila ettari, contro i 10mila che chiedeva l’opposizione dei proprietari terrieri.
La terra, tema perenne nel dibattito sociale e politico boliviano, ha convocato più volontà che il testo negoziato da Evo Morales. Inoltre, molti hanno considerato un tradimento che si accordasse nell’ottobre passato che, senza importanza per il risultato del voto, l’articolo costituzionale 398, circa il latifondo, non fosse retroattivo per le immense proprietà attuali: una funzionaria della Rappresentanza Presidenziale per l’Assemblea Costituente, che nell’amazzonica regione del Beni visitò decine di comunità, ci ha commentato che più di una comunità l’ha espulsata dai propri territori e ha votato per il NO alla costituzione….però contro il latifondo.
In realtà, in questo disaccordo che apre una breccia con la quinta parte dei votanti in Bolivia, l’80 % della gente ha votato di fatto contro l’oligarchia e il sostentamento del suo potere, la terra. Aprendo un piccolo margine di autonomia davanti al governo attuale, ha deciso di non sostenere la comunella costituzionale… perché la cosa più importante in gioco oggi nel paese non è come si governa questo paese, nè chi lo governa, ma semmai come dovrà essere la Bolivia da qui in avanti. E questo, domani per il governo e anche per coloro che credono che questo cambiamento lo abbiano fatto dei marziani, dovrebbe essere l’orizzonte: sono morte varie centinaia di persone nella tappa di lotte perché così sia.
Traduzione di Andrea Lorini