In un Paese in  guerra da cinquanta anni i movimenti sociali colombiani tra  guerriglia,  paramilitari e impunità di stato ricostruiscono dal basso le fondamenta della democrazia. Intervista a Juan Camilo Mira coordinatore della campagna  referendaria colombiana “Acqua, un  bene  pubblico” e referente di Ecofondo, partner di Yaku per la Escuela Andina  del Agua. 
La Colombia è negli ultimi tempi straordinariamente presente sulle cronache internazionali. Le motivazioni sono ben note: Farc, Ingrid Betancourt, narcotraffico. E le  tensioni col vicino Venezuela. 
  Ma la Colombia  è anche un paese in emergenza idrica: "La Colombia  possiede la seconda riserva acquifera del mondo, ma una parte sostanziale della  sua popolazione muore di sete o vede l'acqua come un lusso", si leggeva  poco tempo fa sul quotidiano colombiano El Tiempo. E così è. Le malattie  connesse all'uso di acqua inquinata si portano via ogni giorno più di cinquanta  bambini.  Privatizzazioni selvagge e  sfruttamento indiscriminato dell'ambiente: la ricetta mortale è nota.  
  Tutto questo, in un  paese in guerra perenne, potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso. E  il Governo Uribe, ormai l'unico  in America Latina rimasto filostatunitense e neoliberale, faticosamente impegnato nel suo secondo mandato a nascondere una dilagante corruzione, spinge in Parlamento un progetto di Legge che privatizza le fonti di acqua  concedendole in concessione per 50 anni, o in alternativa per 20 con la possibilità  di cessione libera dei titoli: come fare dell'acqua una merce a tutti gli  effetti. 
  Ecco perché  l'impressionante campagna referendaria che da oltre un anno e mezzo attraversa  in lungo e in largo il paese per sensibilizzare e raccogliere firme per la  difesa dell'acqua come bene pubblico sta cominciando ad incidere sugli  equilibri politici del Paese. E ad alcuni, a fare paura.
Un migliaio di  organizzazioni sociali e circa 60.000 persone si sono mobilitate negli ultimi  18 mesi per la raccolta firme per il referendum che vuole inserire nella  Costituzione Statale il concetto di acqua come diritto umano fondamentale e la  sua gestione pubblica e comunitaria. E' la campagna "El agua, un bien  publico", iniziata nel 2005 e promossa dalla organizzazione ambientalista  più grande del paese, Ecofondo - 152 organizzazioni non governative, comunitarie di base,  istituzioni di ricerca  -  assieme a sindacati e organismi locali. Juan Camilo Mira, biologo  colombiano, ne è il referente. La scorsa settimana è stato ospite in Italia per  partecipare alle giornate indette a Milano dal Forum Italiano dei Movimenti  per l'Acqua in vista della costruzione della una rete europea dei movimenti  per l'acqua. Mira, invitato anche come portavoce della rete latinoamericana Red  Vida - una delle più estese del pianeta, comprendendo 21 paesi delle due  Americhe - ci ha raccontato quello che sta succedendo nel suo paese. E come  attorno all'acqua, in Colombia, si stia creando un movimento di persone senza  precedenti. 
"141 delle 349 imprese idriche del paese sono private - spiega - come il 40% degli acquedotti. Da quando è entrata in vigore, la Legge 142/94 sulla liberalizzazione dei  servizi ha prodotto aumenti tariffari fino al 226% nelle 18 principali città  del Paese, producendo l'esclusione di 12 milioni di colombiani dai servizi  idrici di base, mentre nelle aree rurali praticamente non esistono acqua  potabile e reti fognarie. In più, l'inesistenza di efficaci sistemi di  trattamento delle acque sta avvelenando i maggiori fiumi del Paese. E di  conseguenza, le popolazioni indigene che vivono attorno ad essi" . 
  Prendiamo quello che  è successo nella capitale Bogotà: la EAAB, l'impresa che gestisce l'acquedotto, aveva cercato di rescindere il contratto di subappalto con la concessionaria francese Compaigne General des Eux, perchè, dovendo pagare una somma di denaro fissa indipendentemente dalla quantità di metri cubi d'acqua effettivamente distribuita, si ritrovò a pagare 32 milioni di pesos, 19 milioni di dollari, per 160 milioni di metro cubi di acqua non utilizzata. Nello stesso periodo però, la concessionaria francese aveva tagliato l'acqua a 236.000 famiglie incapaci di fare fronte agli aumenti tariffari. Se il contratto verrà rescisso, sarà dopo una multa di 32 milioni di dollari. Che pagheranno i contribuenti. E  l'esasperazione cresce. 
Lo scorso 22  febbraio la prima vittoria della Campagna: la "Registraduria  Nacional" colombiana ha approvato la prima tranche di 230.000 firme  raccolte. Cosa non scontata, vista l'opposizione del Governo verso un movimento di movimenti così trasversale ed esteso. E il timore del Polo, il partito di sinistra. L'obbiettivo è ora  ambizioso:  raccogliere il 10% delle firme della popolazione - più del 5% previsto - per  saltare il passaggio parlamentare e il possibile veto in cui il testo  referendario potrebbe incorrere: "Una mobilitazione così importante  sposterebbe automaticamente il favore delle forze politiche, abituate ad  appoggiare chi ha consenso popolare - spiega ancora Mira - ed Uribe potrebbe  rimanere isolato". Quasi tre milioni di firme che Ecofondo e compagni raccoglieranno navigando i maggiori fiumi colombiani. "Già una commissione internazionale risalì il Rio Magdalena: siamo così riusciti a coinvolgere le popolazioni indigene attraverso il consenso dei Curacas, i leader comunitari. L'appoggio internazionale e della Red Vida è fondamentale - conclude Mira - questo referendum è anche un confronto con le politiche del Fondo monetario internazionale e dalla Banca Mondiale. E l'acqua ormai deve essere difesa dai movimenti di ogni parte del pianeta". 
 
Titolo  I. Dei Principi Fondamentali. Articolo nuovo: "Lo stato deve garantire la  protezione dell'acqua in tutte le sue manifestazioni perché essenziale nella  vita di tutte le specie e per le generazioni presenti e future. L'acqua è un  bene comune e pubblico".
  Titolo  II. Capitolo I dei Diritti Fondamentali. Articolo nuovo: "L'accesso  all'acqua potabile è un diritto umano fondamentale. Lo stato ha l'obbligo di  somministrare acqua potabile sufficiente a tutte le persone, senza  discriminazioni. Si deve garantire un minimo vitale gratuito". 
  
  Titolo II. Capitolo II Dei Diritti Sociali, Economici e Culturali. Paragrafo  nuovo dell'articolo 63 della Costituzione: 
  "Tutta l'acqua, in tutte le forme e stati; i corsi dei fiumi e le spiagge  sono beni della nazione e come tali di uso pubblico. Si dovranno rispettare  delle zone di protezione intorno ai fiumi e ai laghi. Le acque che scorrono o  si trovano in territori indigeni o nei territori collettivi delle comunità afrodiscendenti  sono parti integranti delle stesse. Si garantirà il valore culturale dell'acqua  come elemento sacro nella cosmovisione dei gruppi etnici". 
  
  Titolo II. Capitolo III Dei Diritti Collettivi e dell'Ambiente. Paragrafo nuovo per l'articolo 80 della Costituzione: 
  "Gli ecosistemi essenziali per il ciclo dell'acqua devono godere di speciale protezione da parte dello Stato e saranno destinati in maniera prioritaria a garantire il funzionamento di questo ciclo, senza calpestare i  diritti delle comunità che tradizionalmente li abitano, fornendo modelli di uso  sostenibile, in maniera tale che si disponga di acqua abbondante e pulita per  tutti gli esseri umani". 
  
  Titolo XII. Regime Economico e Della Gestione Pubblica. Paragrafo nuovo per  l'articolo 365 della Costituzione:
  "Il sevizio di condutture idriche e di fognature sarà fornito direttamente  dallo Stato o dalle comunità organizzate. Gli enti statali o comunitari che si  occuperanno di queste opere non avranno fine di lucro e garantiranno la partecipazione cittadina, il controllo sociale e la trasparenza nella gestione  delle risorse naturali e in tutti gli aspetti dell'operazione. 
  Le comunità organizzate per la prestazione di questi servizi saranno  autogestite in modo tale che tutti i partecipanti dovranno accordarsi per la  gestione economica necessaria al suo funzionamento".