Documento senza titolo
Tre giorni di dibattito per costruire un nuovo spazio politico
Venerdì 10 ottobre 2008
L’invito al confronto di tre giorni (il 10, 11 e 12 ottobre prossimi) a Venezia – Marghera al Centro sociale Rivolta che rivolgiamo a tutte le realtà di movimento, alle reti sociali e alle comunità in lotta, ai collettivi e ai singoli, muove da una semplice, ma impegnativa constatazione: siamo all’”anno zero”.
Partiamo dalla consapevolezza che un ciclo si è definitivamente chiuso, che la storia è andata avanti, che delle trasformazioni che hanno intessuto questa storia siamo stati, ognuno a suo modo, tra i protagonisti, e che già siamo dentro, immersi in un nuovo ciclo, quello caratterizzato dalla crisi della globalizzazione (o crisi globale?), e necessariamente ci avviamo in cammino, alla ricerca del modo più adeguato con cui stare dentro questa fase nuova. Ma la profondità di tale passaggio che caratterizza la nostra contemporaneità rende necessario forse parlare di fine di un’epoca, in cui si sono succeduti cicli diversi. Siamo all’anno zero e di una sola cosa siamo certi: il mondo è pieno di ingiustizie e tragedie e l’unica maniera di affrontarlo è pensare di cambiarlo.
Una prima specificazione è qui indispensabile: crisi globale non significa affatto una marcia indietro rispetto alla globalizzazione. La storia non torna mai indietro. Ad essere messo in discussione non è certo il compimento di quel processo che ha determinato un unico mercato, un unico spazio di produzione, scambio e circolazione, i cui confini coincidono ormai con gli stessi limiti fisici del pianeta. Anzi, la crisi è tutt’uno con il compiersi del processo di globalizzazione: la sua estensione, la sua velocità, le sue stesse caratteristiche nulla hanno a che vedere con le forme della crisi fino ad oggi conosciute dal modo di produzione capitalistico. Di nuovo vi è sicuramente il concatenarsi di differenti aspetti: crisi finanziaria, energetica, alimentare ed ecologica si accumulano e mostrano un intreccio inestricabile con la crisi delle forme del comando politico, non solo delle vecchie figure della sovranità statale, ma anche dei modelli di governance che sembravano affermarsi indiscussi sullo scenario globale. La crisi è globale, e nel suo procedere assisteremo a sviluppi inaspettati, certo è che si tratta di crisi della globalizzazione capitalistica dentro alla globalizzazione.
Anche la definizione di "territorio" è un punto che vogliamo chiarire. Non vi possono essere ambiguità sul fatto che il territorio di cui parliamo è ormai interamente riplasmato dalla dimensione globale e dalla sua crisi. Non vi è un ritorno al locale che possa di per sé offrire una risposta efficace alla crisi globale. Teorizzare questo, in tutte le sue varianti di “destra” come di “sinistra”, è letteralmente reazionario, ovvero rappresenta una risposta puramente reattiva e illusoriamente regressiva alle contraddizioni che ci stanno di fronte. Allo stesso modo, quando introduciamo il concetto di “comunità territoriale” non è ad una dimensione originaria, né naturalistica, né geografica che ci riferiamo. E neppure intende alludere ad alcun organicismo: “comunità” è per noi, positivamente, quella dimensione soggettiva, frutto di una decisione politica collettiva, moltitudinaria, che attivamente produce e difende il comune, anche come dato materiale, all’interno di un territorio che non è mai separato, ma fino in fondo implicato nella dimensione globale.
Dire che siamo all’anno zero non significa che azzeriamo il portato di esperienze collettive accumulato precedentemente. Lo sconvolgimento è tale che alcuni, nella grande famiglia della “sinistra”, hanno bisogno di tornare agli anni ‘50 per trovare qualche appiglio. Noi no. Vediamo ciò che è più vicino a noi come una grande ricchezza a cui attingere. Dall’epoca precedente proponiamo di ricavare l’auto-definizione di “no-global”, spesso utilizzata dal senso comune e dai media. In che senso siamo “i no-global” dopo l’esaurimento del “movimento no-global”? Nel senso che di quel ciclo, in chiave genealogica e non identitaria, assumiamo la positiva sedimentazione soggettiva, ovvero la nuova consapevolezza del significato immediatamente globale dell’azione politica, la critica ai modelli economici, sociali e politici neoliberisti che ha saputo anticipare le proporzioni della crisi, la sperimentazione di nuove forme di lotta e la creazione di un nuovo linguaggio che è divenuto lingua globale dei movimenti. In questo senso siamo qui a raccogliere un’ “eredità che non è il lascito di alcuna tradizione”.
Proponiamo che l’idea e la pratica dell’autonomia siano ricomprese, sussunte ed integrate da un più ricco e articolato concetto di indipendenze. E’ un concetto che richiede una doppia lettura, oggettiva e soggettiva, in relazione strettissima con la dimensione delle eccedenze: in primo luogo, perché esso descrive efficacemente il rapporto che intercorre, nell’attuale composizione sociale della moltitudine, tra singolarità e collettivo. In secondo luogo, perché, se assumiamo come all’origine della crisi globale vi sia la strutturale ingovernabilità del rapporto di dominio e sfruttamento che si stabilisce tra le dimensioni eccedenti della cooperazione sociale e produttiva moltitudinaria e la natura parassitaria, confinata nella rendita, del capitale globale, non possiamo che riconoscere nella continua rivendicazione di “indipendenza” (anche qui, senza alcuna confusione con nazionalismi vecchi e sedicenti nuovi) la permanente tensione soggettiva espressa dalle eccedenze produttive e sociali.
E proprio qui si mostra un nesso stringente con l’idea di libertà: innanzitutto, come fattore decisivo nella contrapposizione alle risposte capitalistiche alla crisi, che stanno andando a configurarsi come misure comunque autoritarie, nella necessità di rafforzare ed irrigidire gli elementi di comando, anche attraverso il rilancio del ruolo degli Stati nazionali e la pratica di un “governo senza consenso”, in un mix di produzione dell’opinione pubblica per via mediatica, di sistemi elettorali che riducono gli spazi tradizionali della rappresentanza, di incremento del peso della tassazione. Ma, allo stesso modo, la riappropriazione dell’idea di libertà porta con sé anche una potente allusione affermativa: come nel ciclo del movimnto no global eravamo riusciti a restituire senso e dignità al concetto di democrazia, proprio nella crisi della sua forma rappresentativa e nell’aperta contraddizione che si apriva di fronte alla dottrina e alla prassi della guerra globale, così oggi la rivendicazione della libertà, che è prima di ogni altra cosa libertà dal bisogno e dalla miseria, consente di affrontare un nodo pesantemente materialistico, derivante in ultima analisi dalla manifesta incapacità del capitale di garantire e sostenere la “libera” espressione delle forze produttive, siano esse singolari o cooperanti, anzi dalla necessità capitalistica di porre forzatamente dei limiti, di reprimere il potenziale sviluppo dell’intelligenza e della creatività umane.
Nel nuovo ciclo, l’assunzione in termini innovativi di questo binomio indipendenze/libertà, come fondativo della nostra progettualità politica, ci permette di recuperare fino in fondo anche il tema della democrazia assoluta, inconciliabile con qualsiasi prospettiva di recupero statalista dei processi di produzione ed autodeterminazione del comune. Può consentirci quindi, di pensare e praticare i conflitti sociali, presenti e a venire, fuori dalle litanie e liturgie di sconfitta, della sinistra.
In questi tre giorni l’obiettivo sarà quello di verificare collettivamente la possibilità di costruire uno spazio politico nuovo, pubblico ed organizzato, che sia all’altezza delle sfide poste dal nuovo ciclo, assumendo come punto di partenza il dato faticosamente conquistato, ma mai scontato e che resta sempre da difendere tenacemente, dell’ autonomia dei movimenti. Parlare di spazio pubblico, e questo è un altro dei nodi da sciogliere, non deve significare riproporre dinamiche di rappresentanza. Puntiamo invece, attraverso un nuovo concetto di organizzazione, a rendere la sua funzione direttamente legata all’espressione dei movimenti e delle reti sociali. La sua articolazione come patto federativo tra realtà territoriali, luogo di incontro e allargamento di reti sociali e ambito di promozione della messa in comune di beni, strumenti, progettualità, di produzione del comune, sarà al centro del dibattito collettivo.
GlobalMeetingNetwork
Info: meeting2008@globalproject.info
Indicazioni per l’alloggio. Chi vuole dormire nei locali del CS Rivolta deve portare con sé materassino e sacco a pelo.
10 – 11 – 12 ottobre 2008
Centro sociale Rivolta
Piazzale Carlo Giuliani Marghera - Venezia
Venerdì 10 ottobre
Dalle 18.00 accoglienza partecipanti
ore 20.00 Apertura dei lavori.
Relazioni su:
"aspetti della crisi globale"
"indipendenza e libertà come nuovi concetti"
"nuovo spazio politico"
Sabato 11 Ottobre
ore 10.00 Assemblea proposta dalle reti e collettivi della formazione
ore 15.00 Assemblea proposta da centri sociali e spazi autogestiti
In mattinata incontro sui temi dell’immigrazione
Durante la giornata spazi e strutture sono a disposizione di eventuali altri incontri e riunioni che saranno proposte.
ore 21.00
Presentazione dell’ipotesi di progetto per una nuova piattaforma multimediale di GlobalProject
Presentazione della rivista on line "Posseweb.net"
Presentazione dell’ipotesi di progetto per la costruzione di un’Associazione di Promozione Sociale
Domenica 12 ottobre
dalle 10.00 Assemblea plenaria
Discussione sui lavori svolti, indicazioni sulle scadenze di autunno, appuntamenti. Conclusioni.
http://centrosocialebruno.blogspot.com/2008/10/101112-ottobre-2008-tre-giorni-di.html