Popolazioni di montagna e la risorsa idrica.
In tutto il pianeta la risorsa idrica rischia di venire gestita, dalle sorgenti fino ai consumi finali, da enti con carattere privatistico e con scopo di lucro. Un assalto tipico del sistema economico che da almeno quindici anni specula globalmente con aggressività cercando di accaparrarsi le risorse dei paesi impoveriti - sostenuto dalle grandi multinazionali e dagli organismi finanziari mondiali - e che sta creando situazioni di conflitto sociale gravissime, acuendo in modo sempre più determinato la forbice fra popolazioni povere e una ristretta elite di privilegiati.
I grandi gruppi industriali hanno l’esatta percezione di cosa comporteranno i cambiamenti climatici, che assieme all’aumento della popolazione mondiale (nel 2050 saremo in dieci miliardi) farà della risorsa idrica un bene inevitabilmente sempre più raro e con un accentuato depauperamento della qualità.
In tempi molto brevi chi avrà il controllo della proprietà dell’acqua e della gestione della risorsa, indirizzerà anche politicamente il futuro dell’umanità, i destini dei popoli. Non stiamo solo parlando in termini economici, è a tutti evidente come una simile situazione riduca in modo sensibile gli stessi margini della democrazia, dell’autodeterminazione dei popoli, del rispetto e della dignità delle popolazioni. Il mondo della politica si sta dimostrando debole, anzi, in troppe situazioni sta cedendo alle richieste del settore privato svendendo proprietà e gestione della risorsa.
La montagna.
Le popolazioni di tutte le montagne del mondo, soffrendo già condizioni di vita aspre e non trovando rispondenza in un adeguato e necessario sostegno politico, sono quelle oggi più sottoposte all’aggressione dei grandi monopoli privatistici, per i quali si dimostra strategico controllare l’acqua fin dalla sua nascita, dai ghiacciai, dalle sorgenti fino alle grandi pianure e alle foci.
Qualora l’acqua divenga un bene privato, quindi una merce, le popolazioni di montagna verrebbero a perdere ogni loro autonomia, ma soprattutto, la loro stessa identità. A tutt’oggi invece sono proprio i popoli di montagna ad aver dimostrato rispetto verso questo bene, una sobrietà nell’uso, e solidarietà con chi ne ha bisogno. E’ dai popoli di montagna che sono nate, che si sono diffuse azioni cooperativistiche che hanno permesso la tutela della risorsa.
Dal convegno di Bormio “La montagna garantisce il diritto all’acqua a tutti i popoli: difendiamola” del 24 aprile 2010 è emersa la necessità, l’urgenza di costruire una grande alleanza internazionale fra tutte le popolazioni di montagna a difesa dell’acqua bene comune, universale e di proprietà pubblica.
Solo una grande unità di intenti e di azioni può portarci a rimuovere le pigrizie del mondo politico, solo unite le popolazioni di montagna possono ostacolare e sconfiggere le intenzioni dei grandi potentati economici, solo con l’unità si riusciranno a difendere gli spazi di democrazia diretta e le identità delle popolazioni di montagna, ancora solo con l’unità e la solidarietà attiva si possono combattere in modo efficace le cause che stanno amplificando in modo negativo gli effetti dei cambiamenti climatici in atto e la immediata scarsità della risorsa idrica.
Noi proponiamo lo sviluppo di azioni a lungo termine che investano non solo la gestione dell’acqua ed i rapporti fra gli stati, ma anche l’avvio di una pianificazione territoriale strettamente legata ai cambiamenti climatici, la necessità di ispirarsi al metodo partecipativo e della ricerca di condivisione nei processi di pianificazione e valutazione. Riteniamo sia doveroso istituire in via prioritaria carte della vulnerabilità e della biodiversità dei territori al fine di valutare con correttezza i molteplici usi dell’acqua, sostenendo ovunque responsabilità decisionali legate alle regioni di montagna. In tutte le aree di montagna è necessario accrescere la cultura del rischio ponendo attenzione ai fenomeni idrogeologici sempre più estremi, ampliare, dove necessario, e rinaturalizzare i corsi d’acqua, creare e mantenere un “continuum” ecologico delle acque, promuovere e sostenere in modo attivo le politiche di risparmio energetico, tenere presente, in modo sistematico, l’impatto sulla risorsa idrica del rilascio delle diverse autorizzazioni amministrative d’uso.
Perché queste politiche abbiano successo è necessario investire nel sostegno politico delle iniziative adottate, che la gestione delle domande porti all’assunzione di responsabilità diretta sia dei consumatori che degli altri attori, che vi sia consapevolezza nelle decisioni che vengono adottate, che si ritorni a metodi partecipativi di gestione, e di maggiore controllo sociale.
E’ anche necessario che i governi nazionali siano consapevoli della necessità di mantenere sotto il controllo pubblico l’intero ciclo della risorsa idrica e che costruiscano politiche di profilo internazionale integrate. Nessun privato attuerebbe in modo completo le politiche sopra accennate, anche perché i temi della sicurezza, dell’identità, della democrazia sono temi che attingono in modo diretto al controllo e alla gestione pubblica, nessun privato investirebbe mai in politiche basate sul principio di precauzione.
L’approccio verso la difesa dell’acqua come bene comune e come risorsa preziosa che noi, gente delle Alpi, vogliamo coltivare e diffondere, viene arricchito anche dalle visioni delle popolazioni indigene andine, da sempre in lotta per la difesa delle montagne, delle risosrse e delle culture ad esse legate. La cosiddetta “visione andina dell’acqua” riassume quei principi - quali la solidarietà, la dignità, il rispetto, la reciprocità, la giustizia - che sono stati alla base dell’elaborazione di modelli alternativi di gestione delle risorse, in armonia con la natura e con i suoi equilibri. I valori della visione andina dell’acqua sono stati ripresi nella dichiarazione finale della III Fiera Internazionale dell’Acqua da tutti i movimenti mondiali per la difesa dell’acqua – fra i quali quello italiano - riuniti in assemblea plenaria a Cochabamba, Bolivia. Principi che sono alla base di una reale transazione da un modello economico catastrofico basato sull’economia estrattiva, sullo sfruttamento delle risorse, ad un modello di equilibrio dei diversi elementi della Madre Terra, un equilibrio tra le piante, gli animali, le risorse naturali, l’uomo. E che la gente delle Alpi, raccogliendo anche le suggestioni spirituali delle popolazioni originarie delle Ande - per le quali l’acqua è un essere vivo - vuole raccogliere e trasformare in una proposta per una politica ambientale ed energetica che sia per la salvaguardia – e non per lo sfruttamento – delle montagne, e delle acque che producono. Il documento della Terza feria Internacional del Agua, presentato alla Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambio Climatico e i Diritti della Madre Terra, che si è tenuta a Cochabamba, Bolivia, dal 19 al 22 Aprile, è stato condiviso anche nell’incontro di Bormio.
Il convegno di Bormio ha voluto dunque sottolineare con forza il percorso futuro - da svilupparsi in accordo, armonia e reciproco scambio e sostegno fra le popolazioni alpine italiane - verso la salvaguardia delle acque e della loro qualità, perchè rimangano disponibili come bene universale, e perchè siano gestite in funzione delle necessità delle prossime generazioni, per politiche economiche ed energetiche che tengano conto della corretta difesa dell’intero loro ciclo vitale. Sono ormai maturi i tempi della condivisione, del dialogo, della cooperazione a livello internazionale. Le politiche dell’acqua riceveranno la decisa guida delle popolazioni delle montagne, dalle prime e più attente sentinelle del territorio, da chi è gestore e protagonista di un immenso insieme di fragilità, ricchezza, biodiversità.