L'incontro politico, la condivisione, la sacralità: Yaku nei territori del popolo definito come Kajkrasaq Ruyina, ovvero "protettore della terra". Minacciato da nuovi megaprogetti, ma in costante resistenza.
"Siamo pronti ad un nuovo levantamento del popolo indigeno in resistenza”.
Il cabildo mayor del popolo U’wa è riunito al completo nella sede di latta e mattoni nel centro dell’abitato di Cubarà. La pioggia batte sulle lamiere del tetto con meditata forza. La stagione bagnata, in questa zona della Colombia che lambisce l’equatore, dura praticamente metà dell’anno. Rinvigorendo ogni giorno la vita di una foresta multiforme che pare infinita e di cui si sente ogni momento la presenza.
“Nuovi megaprogetti stanno minacciando il resguardo . Per questo stiamo tornando ad organizzarci. Il governo ha cambiato tattica, prova a dividerci con la corruzione, con le regalie. Ma dovrebbero sapere bene che gli U'wa non negoziano. Che non svendono la loro terra. E che mai si arrenderanno”.
Gilberto Cubaria, presidente del cabildo mayor, la massima autorità politica che rappresenta le 17 comunità di questa popolazione indigena che oggi conta 6200 persone, non usa giri di parole. ”Se il territorio U'wa verrà violato, perforato, ferito, ci batteremo ancora per difenderlo. Noi lotteremo per la Madre Terra fino a che non rimarrà uno solo di noi”. E chi conosce anche solo un po' la storia di questo popolo che dieci anni fa riuscì con la propria determinazione e la forza della propria missione ancestrale a scacciare una delle multinazionali del petrolio più imponenti, la statunitense Occidental Petroleum Inc – Oxy per gli “amici” - sa bene che gli U'wa non parlano a vanvera. La loro visione è limpida: loro sono Kajkrasaq Ruyina, i guardiani della terra. E' così da sempre. E finchè loro sopravviveranno, sempre sarà così.
Il cuore del mondo, ecco dove siamo. Per gli indigeni U’wa, considerati dalle popolazioni andine i protettori del Pianeta Azzurro, la Madre Terra, il loro territorio è il centro del tutto. Un Creato governato da Sira, il dio sole. Che una raffinata cosmogonia colloca in equilibrio instabile fra un mondo sovrastante ed uno sottostante. E che invece una burocratica legislazione ha diviso amministrativamente fra 5 province, Arauca, Boyocà, Santander, Norte di Santander e Casanare, creando non pochi problemi.
Per incontrare gli U'wa bisogna aspettare il responso dei werjayà, i saggi che vivono sulle montagne. Ottenuto il permesso, ci mettiamo in viaggio e il 19 marzo entriamo nei territori . Sapendo che oltre alla loro benevolenza, avremo anche la loro protezione. E non solo spirituale.
Cubarà, che sta ai limiti del resguardo, è una cittadina militarizzata: la presenza imponente dell'esercito – segno tangibile della tolleranza zero verso la guerriglia dichiarata dal presidente Uribe, e aspramente criticata da più parti – cozza contro la tranquillità di un abitato che conta poche migliaia di persone.
Anche la strada che conduce da Saravena, dove c'è l'unico aereoporto, a Cubarà, è intervallata da posti di blocco. Noi ne incontriamo almeno cinque. Ogni volta il controllo di documenti, passeggeri e bagagli, è accurato.
Il Kajka Ika, il territorio sacro degli U' wa - 220.500 ettari circa di una purezza quasi intatta, dal '91 riconosciuti legalmente come resguardo unido U'wa – non è solo il fulcro della loro cosmogonia.
Guerriglie, esercito e una ricchezza incalcolabile fatta di giacimenti petroliferi, di gas, di minerali, che ha richiamato multinazionali da mezzo mondo - ma soprattutto dagli Stati Uniti, paese amico dei presidenti colombiani – segnano la topografia di questa parte della Colombia. Che i cartelli industriali hanno complicato ulteriormente portandosi dietro un bieco paramilitarismo e desplazamentos forzati di tutti coloro che sono un impedimento al diktat imperante, il profitto.
“Pare ci sia movimento, i werkayà vi guardano e ci hanno detto di stare molto attenti a voi”, ci dice Daris Cristancho, nostra vecchia amica, e grande leader delle donne U'wa. Le Farc e l'Eln si stanno scontrando per il possesso del territorio. La foresta fitta che ci circonda è il loro habitat naturale. Per questo, non ci fanno fare un passo da soli. Ci accompagnano ovunque, senza perderci di vista. Gli U'wa mantengono da sempre una posizione neutrale nei confronti di una narcoguerra che da mezzo secolo insanguina la Colombia. Loro rifiutano ogni forma di violenza. Non vogliono che le armi indeboliscano la spiritualità intatta del popolo. Ma ogni anno contano comunque i loro morti e le loro desaparecidos.
Una terra che sa di primordi, che gli U'wa ringraziano e curano con riti e premure: non cacciano, se non per lo stretto necessario, e quando lo fanno, digiunano per tre giorni per calmare kakina lo spirito degli animali. Coltivano poco: yucca, fagioli, mais e tuberi. E le piante di coca che servono per le feste comunitarie e le fatiche quotidiane. Per il resto, questo giardino ancestrale che include 4 microclimi – dalla foresta equatoriale con palme e grandi agave, fino ai prati radi ai piedi del nevaio perenne del Cucuy, ad oltre 5000 metri di altitudine – è molto generoso. Grandi quantità d'acqua lo attraversano con fiumi e torrenti pescosi. E un numero davvero considerevole di commestibili piante spontanee.
Per difendere tutto questo, gli U'wa avevano minacciato il suicidio collettivo, se la Oxy non se non fosse andata.
Ecco perchè quando il presidente dell'Assouwa Gilberto Cobaria parla di levantamento, vuol dire solo una cosa: che sta succedendo qualcosa di grave.
“Gli U'wa denunciano che sul proprio territorio esistono megaprogetti che il governo sta sviluppando per il berve, medio e lungo periodo”, ci spiegano. “Uno di questi è l'estrazione di gas da parte di Ecopetrol, nel pozzo Gibraltar 3, che si trova in un luogo sacro. L'altro è la costruzione della carrettera binacional, un'autostrada che dovrebbe tagliare a metà il resguardo per collegare Colombia e Venezuela”. Infine, c'è la complicata tematica del Parco Nazionale del Cucuy: è il luogo in assoluto più sacro per gli u'wa. Un progetto di “ecoturismo” - che comprende anche una funivia! - vanta diritti sul resguardo, dice che gli u'wa non sono capaci di difendere fauna e flora, e li vorrebbe cacciare. Progetti devastanti, che si portano dietro un'impressionante militarizzazione e mettono in reale pericolo la gente: “Vediamo costantemente gente armata che passa per la nostra terra, camminando con pensieri di violenza”, ci dice ancora il presidente del cabildo. “Per noi questo è inaccettabile”.
Gli U'wa sono un popolo in resistenza. Ma anche di innata generosità. Noi per loro siamo riowa, i bianchi. Ma ci accolgono con un rito sacro di canti vecchi come l'universo che ci cullano magicamente. Berito Kuwaria, fantastico saggio U'wa, viso arcinoto della resistenza degli anni '90, che per questo fu anche insignito di prestigiosi premi internazionali, fa di noi due U'wa e ci battezza con una lunga cerimonia condivisa con altri tre sacerdoti: siamo Aboswia, la madre di tutte le acque, e Siro, il creatore. Al rituale partecipa tutta la comunità, centinaia di persone, che per tutta la notte canteranno e balleranno per ringraziare la madre terra, che è stata appena seminata.
La foresta si riempie anche dei canti degli animali. E dei profumi della vita intatta, che si prepara alla notte.