Noi, pueblos del Morelos, vogliamo che la crescita demografica delle città del Paese e del nostro Stato non sia alimentata dall’emigrazione verso le città causata dalle continue politiche anti-contadine. Né tantomeno dai processi coercitivi di riadattamento abitativo che tale crescita determina nella strabordante Città del Messico. Vogliamo, al contrario, che si costruiscano case e unità abitative che veramente rispondano in maniera sensata alla crescita della nostra popolazione, e alle reali possibilità di lavoro, senza la pressione dell’emigrazione forzata e dell’assalto delle imprese straniere, indifferenti alla morte de los pueblos. Per questo vogliamo che si costruiscano solo abitazioni veramente necessarie e in luoghi in cui non vengano distrutti i beni comuni ambientali che sono le nostre risorse naturali più preziose.
Vogliamo quindi che le campagne non continuino ad essere assassinate dalle politiche federali e statali, e che i nostri giovani invece di essere esclusi e costretti ad emigrare, possano lavorare e continuare ad amare la campagna. Sogniamo che sui nostri giovani non gravi più il peso del sospetto della delinquenza solo perché sono poveri, e che una parte di loro non sia più spinta nelle file dell’economia criminale e quindi all’auto-distruzione.
Sebbene i nostri popoli non abbiano il sostegno dello Stato per ottenere veri servizi comunitari, in realtà siamo comunità che possiedono risorse materiali e umane che ci possono permettere il riscatto e la gestione dei sistemi dei servizi idrici, dei rifiuti locali, di un’agricoltura senza sostanze chimiche, e lo stesso vale per la salute e l’educazione comunitaria. Di fronte all’emarginazione e al saccheggio illimitato dei beni, stiamo riscoprendo nel fondo di noi stessi il potere inaspettato dei nostri saperi locali, base per la costruzione della nostra autonomia territoriale e delle differenti esperienze di autogestione.
Sogniamo collettivamente di bonificare i nostri fiumi, le gole e le cascate, riutilizzando semplici ed appropriate tecnologie che non siano costose e che per questo possano restare sotto l’amministrazione, la vigilanza e il controllo comunitario. Si evitano così che cattive gestioni collettive mettano le mani sui pochi fondi comunitari della nostra cassa di risparmio o dalle nostre Unioni di Credito; e così gli abusi delle risorse o della mano d’opera, o l’uso fazioso, inefficiente, dilapidatorio e corrotto delle risorse messe a disposizione dal Governo. Però sogniamo anche di riscattare la gestione della nostra salute, educazione e cultura comunitaria; realizzare il riordinamento urbano comunitario, seguendo l’esempio dei nostri fratelli di San Antòn e Ocotepec; riuscire a sostituire le strutture igienico-sanitarie delle abitazioni, nei paesi e nelle comunità, attraverso l’utilizzo di tecniche gestionali collettive appropriate; vogliamo riuscire ad organizzare la gestione integrale delle acque residuali (con biofiltri e impianti di fitodepurazione) e riuscire ad elaborare, comunitariamente, dei programmi di riordinamento ecologico territoriale.
Per questo dovremmo essere determinati a gestire le nostre risorse senza lasciarle nelle mani di autorità che non sanno rispondere alla necessità e ai desideri de los pueblos. Autoformazione che, già lo sappiamo, può maturare con la collaborazione di ricercatori e professionisti che guardano con simpatia, disponibilità e rispetto i processi di riorganizzazione de los pueblos.
In questo re-incontro con noi stessi vediamo lo stato del Morelos come un luogo dove può prosperare la produzione di alimenti, fiori e animali senza sovrasfruttare, impoverire ed avvelenare le terre, senza ammalare o deformare geneticamente i nostri figli, in modo tale che ogni raccolto possa arricchire la fertilità dei suoli. Ugualmente immaginiamo uno sfruttamento razionale dei nostri boschi e una produzione agricola altamente produttiva e diversificata.
Vogliamo che le imprese immobiliari la smettano di “seminare” travi e lastre di cemento invece di mais. Che le grandi imprese non introducano più nelle nostre campagne semi transgenici. Che quelle tonnellate di plastica e di altri rifiuti dannosi per la vita non entrino più nelle nostre città. Che le nostre terre non vengano più violentate con la produzione di biocombustibili, che sono solo al servizio di automobili e delle metropoli.
Ci auspichiamo anche che le autorità del Governo ci diano retta e difendano le nostre attività agricole, perché abbiamo già compreso che solo così lo sviluppo turistico non porterà ad una maggiore distruzione ambientale. In tal modo anche la gestione dei nostri centri balneari, di ecoturismo e dei nostri servizi ambientali resterà nelle mani collettive dei popoli. Per questo confidiamo che la ricostruzione e la cura delle nostre risorse ci diano l’opportunità di ricostruire le nostre relazioni commerciali e l’opportunità di raggiungere il pieno impiego.
Come prima, anche ora continuiamo a sognare colline che potranno riempirsi di case popolari veramente belle, non miserabili come i quartieri periferici delle grandi città, né tutte uguali e di pessima qualità come le nuove unità abitative dell’area periurbana del Morelos.
Quindi, noi, pueblos del Morelos, non ci opponiamo al progresso, al processo di globalizzazione e al “benestare” di tutti. Ma abbiamo la capacità di distinguere, in modo semplice e chiaro, cosa per sempre. Anche per questo sappiamo distinguere i processi di globalizzazione distruttiva (l’arrivo delle imprese multinazionali che fagocitano le piccole e medie imprese commerciali, che portano alla disoccupazione, che generano rifiuti tossici e difficilmente smaltibili, che distruggono l’identità e la memoria de los pueblos), da altri processi di globalizzazione che possano invece arricchirci (apportando saperi e pratiche differenti che rafforzino la cura dell’ambiente e la salute dei popoli).
Per questo non condividiamo l’idea che l’unico “progresso” possibile sia quello che ci propongono adesso le imprese multinazionali o i politici corrotti impegnati a privarci delle nostre terre, boschi e acque.
Sogniamo di trasmettere ai nostri figli il proverbio che i nostri padri una volta ci hanno trasmesso: “un bicchiere d’acqua non si nega a nessuno”. Con la stessa ostentata ambizione speriamo che un giorno - non molto lontano - si proibisca ai supermercati di venderci le loro merci dentro buste, pacchetti, involucri, e le bottiglie di plastica che impiegano migliaia di anni a biodegradarsi nelle nostre terre. Non pensiamo di dover pagare il prezzo del progresso, se questo vuol dire disporre di strumenti che si alimentano di infinite batterie elettriche che avvelenano le nostre acque e che quando bruciano riempiono i nostri polmoni di cancro, oppure smaltire migliaia e migliaia di pneumatici di auto che vengono bruciati nei forni dell’industria messicana del cemento.
Sogniamo che i nostri politici impegnati a immaginare la soluzione ai problemi dello smaltimento dei rifiuti, perdano l’abitudine di pensare sempre a soluzioni tecniche in larga scala senza raggiungere alcun obiettivo nel lungo periodo. Per questo sogniamo programmi educativi in tutti i mezzi di comunicazione, che spieghino alla popolazione il sistema irrazionale globale del ciclo dei rifiuti adottato dalla nostra società predatrice, e la necessità di risolvere il problema, a partire dal riciclo dei prodotti irrimediabilmente nocivi come la plastica o i rifiuti ospedalieri.
Vogliamo che nei nostri paesi le autorità prendano in considerazione le persone anziane, e allo stesso modo che si occupino delle opportunità educative per i giovani, delle opportunità di lavoro e di igiene per tutti.
Vogliamo avere l’opportunità di continuare a lottare per i nostri figli. Abbiamo bisogno di essere sostenuti perché nei nostri paesi verdi ritorni la tranquillità, perché i nostri figli possano crescere in pace, con scuole e parchi dove correre e gridare, senza che si buttino nella droga. Per questo vogliamo spazi comunitari, come ad esempio i chioschi dove possa ritornare la musica collettiva. Senza videogiochi e schermi giganti. In realtà quello che in fondo vorremmo è la ricostruzione di luoghi d’incontro, feste e balli, dove la gente si possa incontrare per pensare, divertirsi e poter tornare a sognare collettivamente.
Vogliamo che le nostre origini non vengano dimenticate. Che vengano riscattate, a partire dalla costruzione delle nostre case e dei nostri paesi, le tradizioni che molti ancora praticano o ricordano. Che si possano diffondere, perchè ne venga colto il significato più profondo.
Come donne dei nostri popoli, vogliamo riscattare quello che abbiamo appreso dalle nostri madri e nonne. In modo tale che si possa continuare a diffondere tra i nostri popoli la saggezza dei nostri avi. Di fronte alla crescita di un consumo sempre più manipolato dobbiamo ricostruire una produzione alimentare sana che non ci renda schiavi dei supermercati o di malattie come il diabete, i problemi cardiaci o il cancro.
Anche se crediamo nella necessità dello sviluppo umano, non condividiamo l’attuale espansione delle mega unità abitative, delle aeree di servizio per il carburante, dei mega centri commerciali o i centri di pubblica utilità (come il centro Oxxo), delle antenne per la telefonia cellulare, dei call center, degli impianti di trattamento privati di acqua potabile ecc.. Insomma, non ci fidiamo degli speculatori immobiliari, di coloro che senza nessuna cautela sovraproducono abitazioni e immobili. Confidiamo ancora di meno nel loro modo euforico di investire, pensando solo ai propri interessi, indifferenti alle conseguenze sulle famiglie, costrette a vivere in quartieri urbani infami. Noi, pueblos del Morelos, non crediamo neanche che il progresso sia nella costruzione di nuove strade abusive come l’Autostrada del Sol, o nei progetti di prestanome che hanno il solo scopo di facilitare gli affari di politici e impresari avidi di denaro facile, o nelle attività dei narcotrafficanti o di altri delinquenti che riciclano denaro sporco.
Il nostro sogno è integrale, perché nel sogno ci immaginiamo radicati nel territorio, tessendo forme nuove di organizzazione insieme a quelle tradizionali, per essere capaci, tra tutti, di mantenere acqua, boschi, terreni fertili, salute e riserve per le prossime generazioni; per recuperare, come comunità, la nostra convivenza armonica; per ricostruire i legami e l’autonomia di ogni popolo, attraverso cui creare nostre leggi e regole per la gestione dell’acqua, della terra e dei rifiuti, rispettando i consigli e i diritti di tutti., con il fine di ottenere quella giustizia che fino ad ora i potenti ci hanno negato.
Sogniamo di poter determinare liberamente le nostre scelte, i progetti per l’uso e lo sfruttamento dei nostri territori e risorse, le nostre forme di organizzazione, la delimitazione delle circoscrizioni elettorali e l’elezione delle nostre autorità; tutto ciò a partire dalla conoscenza che abbiamo di noi stessi e con la piena coscienza della responsabilità che tutto questo implica: la gestione permanente della vigilanza popolare, della qualità dell’acqua, della terra e dell’aria; la pianificazione collettiva dello sviluppo urbano delle comunità e la soluzione integrale dei problemi sociali e ambientali.
La nostra aspirazione come quella di tanti altri popoli al mondo è quella di ottenere che nel Morelos nessun progetto di sviluppo si possa realizzare o pianificare senza il parere e l’approvazione dei popoli, perché sappiamo che è un nostro diritto decidere sulle nostre risorse e i nostri territori. Insomma il nostro sogno è che Morelos diventi un stato modello nella cura e nella conservazione del territorio, dei popoli e della giustizia.