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AMBIENTE E RISORSE NATURALI NELLA PROPOSTA DI COSTITUZIONE POLITICA DELLA BOLIVIA
Stato, partecipazione e controllo sociale per lo sviluppo sostenibile
Carlos Crespo Flores
[31/03/2008 11.56.18]



Il testo presente ha il proposito di analizzare i contenuti e gli orientamenti della tematica ambientale e delle risorse naturali, del progetto di Costituzione Politica dello Stato (CPE), approvata dall’Assemblea Costituente nel dicembre 2007. In questa opera continuo il lavoro di Cecilia Chacon [2007] con la differenza che utilizzerò una prospettiva di ecologia politica rispetto a quella giuridico-istituzionale di Chacon.

Si argomenta che il progetto costituzionale è orientato da una forte focalizzazione sullo sviluppo sostenibile, discorso oggi dominante nella gestione delle risorse naturali (RRNN) e dell’ambiente. Si identificano gli aspetti critici e i pericoli per il paese. Analogamente si definiscono il ruolo crescente dello Stato, la partecipazione e il controllo sociale come dispositivi funzionali allo sviluppo sostenibile; dispositivi che sono orientati a promuovere una politica estrattiva delle RRNN, settore strategico dell’economia, congiuntamente ad una partecipazione privata che non si assume i costi ambientali delle sue attività. Tenendo conto dell’identità corrotta dello Stato, delle pratiche non democratiche delle organizzazioni sociali e delle esperienze precedenti, appaiono evidenti i rischi di espandere e legittimare tali pratiche alla totalità della società boliviana. Infine, l’introduzione di approcci e concetti provenienti dal linguaggio di esperti e tecnici, come quello di sviluppo sostenibile, evidenzia che il progetto di CPE (Costitucion Politica del Estado) è stato elaborato dai cosiddetti “intellettuali organici” vincolati all’Assemblea Costituente, prima ancora che dall’immaginario contadino/indigeno.

Il testo è suddiviso in tre parti; nella prima si analizza il funzionamento delle letture dominanti dello sviluppo sostenibile, legittimando politiche estrattive, consumiste di RRNN e dei servizi ad esse collegate, e si evidenzia la centralità che quest’approccio ha nel progetto di costituzione, con i rischi che ciò presuppone. Nella seconda parte si sottolinea l’identità corrotta dello Stato boliviano e si analizzano gli effetti che può avere una crescente presenza dello Stato nel testo costituzionale per la gestione delle risorse naturali (RRNN) e dell’ambiente. Infine si considera la problematica della partecipazione e del controllo sociale come pilastro per lo sviluppo sostenibile nel testo costituzionale, discusso all’interno del dibattito sulla cultura democratica nelle organizzazioni e nei movimenti sociali nel paese.

1. Lo sviluppo sostenibile: fondamento del progetto costituzionale

Il concetto di sviluppo sostenibile ha origine nella famosa definizione del rapporto Brundtland [1987]: “soddisfare i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Questa frase sintetizza il cosiddetto approccio della sostenibilità, all’interno delle varie argomentazioni sull’ambiente [Dryzek, 1997], divenuto dominante dopo il vertice di Rio del 1992. Un aspetto fondamentale del concetto è lo sforzo per articolare crescita economica e conservazione dell’ambiente e delle RRNN, assumendo che sia possibile mantenere l’attuale stile di vita consumista, estrattivista, produttivista e diseguale e allo stesso tempo sfruttare razionalmente le RRNN e i loro servizi, oltre che gestire le “esternalità” generate. Questo argomento, promosso dal capitalismo globale, disconosce i limiti ecologici dell’economia: ci sono dei limiti stabiliti dalla Natura che non possono essere oltrepassati [Daly, 1997], se non col rischio di mettere a rischio la vita stessa.; pertanto, a differenza di ciò che crede lo sviluppo sostenibile, non è possibile una crescita infinita. Così facendo, questo approccio legittima l’attuale processo di mercificazione della Natura e dei suoi servizi (privatizzazione e/o articolazione alla disciplina del mercato), adattando un’immagine “verde” al suo funzionamento.

In paesi in via di sviluppo come la Bolivia, articolati al capitalismo globale come esportatori di RRNN strategiche, tramite il pensiero neoliberista si è introdotto un modello di sviluppo con l’etichetta “sostenibile” fondato su logiche estrattive, ignorando i diritti, tanto delle comunità locali, soprattutto indigene, quanto della natura stessa.

Questa introduzione si riferisce alla definizione dell’Art. 9, sui fini e funzioni essenziali dello Stato, della proposta di Costituzione Politica dello Stato, approvata nell’Assemblea Costituente e che sarà valutata dalla società boliviana nel prossimo referendum:

Promuovere e garantire l’impiego responsabile e pianificato delle risorse naturali e la loro industrializzazione, attraverso lo sviluppo ed il rafforzamento della base produttiva nelle sue differenti dimensioni e livelli, così come la conservazione dell’ambiente, per il benessere delle generazioni future”.

Ossia, la proposta di CPE si fonda sul modello dello sviluppo sostenibile, e il suo raggiungimento appare lungo tutta la proposta del testo costituzionale: dal dovere delle Forze Armate (FFAA) di promuovere “lo sviluppo integrale e sostenibile” dentro le frontiere (Art. 266), o l’Art. 346 riguardo al considerare il patrimonio naturale come parte dello sviluppo sostenibile, fino all’Art. 391 riferito alla priorità che si da allo “sviluppo integrale sostenibile dell’Amazzonia boliviana”, o gli Art. 404-408 sullo “sviluppo rurale integrale sostenibile”.

La scommessa sullo sviluppo sostenibile riproduce un altro aspetto critico del concetto: la sua evidente ambiguità [Guimares, 1994]. Liberisti e promotori di una maggiore presenza dello Stato nella gestione ambientale e delle RRNN, corporazioni e ambientalisti, leggono e interpretano il raggiungimento dello sviluppo sostenibile ognuno alla sua maniera,. Però questa ambiguità è utile solo per legittimare le attività economiche estrattive, inquinanti e portatrici di una distribuzione ecologica diseguale.

Nella definizione menzionata sopra, sorge la domanda di quale sia il significato di “utilizzo responsabile….delle risorse naturali”? L’Art. 109, circa i doveri dei boliviani, parla di contribuire all’uso sostenibile delle RRNN, così come della protezione e difesa dell’ambiente adeguato per lo sviluppo degli esseri viventi: come si misura l’ utilizzo responsabile? Che significa uso sostenibile o ambiente adeguato? Chi definisce ciò e come i boliviani intendono questi termini del testo costituzionale? Non si dice, però si assume che la strada sia quella della industrializzazione (Art.9), con tutti gli effetti perversi che questa presuppone.

Nelle deliberazioni della CPE, i costituenti, lasciando da parte il popolo boliviano, hanno discusso, senza mettersi d’accordo, sulla definizione, la portata e i limiti della sostenibilità e di altri termini ambigui come ambiente adeguato , uso sostenibile, utilizzo responsabile. Non essendo stati definiti e valutati democraticamente si è imposta l’interpretazione dominante, cioè quella che articola in maniera ottimistica crescita e conservazione, come più sopra abbiamo visto. L’importanza di una valutazione democratica delle RRNN e dell’ambiente è fondamentale se prendiamo in considerazione che entrambi sono incommensurabili, come è stato dimostrato già dall’economia ecologica [Martinez Alier, 2001]; ossia, “incommensurabilità significa che non c’è un’unità di misura comune, anche se questo non significa che non possiamo comparare decisioni alternative su una base razionale, su differenti scale di valori, come si fa nel caso della valutazione multicriterio” [Martínez Alier, 1998:115]. Ciò significa che in spazi di deliberazione pubblica, i boliviani dovevano cercare, direbbe Martinez Alier, “…di raggiungere una decisione razionale attraverso una discussione verbale, dando pesi impliciti a tali criteri”[Idem, 116]. Ossia una specie di discorso habermasiano di razionalità comunicativa. Di fatto però l’assemblea costituente non ha seguito neanche quest’ideale democratico-liberale, dove i boliviani si sarebbero messi d’accordo, recuperando la diversità dei criteri esistenti rispetto al valore dell’ambiente e delle RRNN, e ai limiti ecologici dello sviluppo. Qui, probabilmente, gli indigeni avrebbero potuto canalizzare i loro criteri e valutazioni sulla natura, però ciò non è successo: semplicemente, nel nome dello sviluppo sostenibile, si è imposto un approccio crematistico dell’economia in relazione alla natura e ai suoi servizi.

Passo adesso ad analizzare quei principi e quegli orientamenti della gestione ambientale che rappresentano il volto conservazionista dello sviluppo sostenibile. I più importanti sono il controllo e la partecipazione sociale da un lato, e un maggior ruolo dello Stato dall’altro, tematiche che approfondirò successivamente. Ne esistono comunque altri, come l’applicazione di un approccio liberale dei diritti ambientali, secondo il quale “qualsiasi persona, a titolo individuale o in rappresentanza di una collettività, ha la facoltà di esercitare azioni legali in difesa dell’ambiente…”(Art.34). Nello specifico, secondo la proposta di CPE, le politiche di gestione ambientale si baseranno su “l’applicazione dei sistemi di valutazione d’impatto ambientale, e sul controllo della qualità ambientale”, oltre ad applicare il principio di “chi inquina paga” (Art. 345). Tutto ciò è quello che hanno classicamente applicato i neoliberisti e keynesiani negli ultimi 40 anni, con il risultato che tutti conosciamo: la crisi ambientale globale. Circa l’applicazione di strumenti di gestione ambientale orientati ad applicare i limiti ecologici per le attività economiche come criterio fondamentale di sostenibilità (tra i quali menziono i principi cautelativi e d’incertezza, gli indicatori biofisici di sostenibilità, la valutazione multicriterio), niente.

2. Più Stato, però con partecipazione privata e sfruttamento delle RRNN

Come ho sostenuto in testi anteriori, storicamente in Bolivia la corruzione non ha operato come una “esternalità” (per usare il gergo economista), o come effetto non desiderato del funzionamento statale, bensì è parte della sua identità e attraversa tutto il corpo sociale [Crespo, 2007]; lo Stato boliviano si riproduce grazie alla corruzione e costituisce un ostacolo fondamentale a qualsiasi tipo di trasformazione o modernizzazione statale.

Questo aspetto acquisisce importanza se si pensa al fatto che la proposta approvata dall’Assemblea Costituente prevede una forte presenza dello Stato nella gestione delle RRNN e dell’ambiente: “è dovere dello Stato e della popolazione conservare, proteggere e sfruttare in maniera sostenibile le risorse naturali e la biodiversità, così come mantenere l’equilibrio dell’ambiente” (Art. 342). A differenza del periodo neoliberista, quando la cornice legale ed istituzionale ambientale era pensata appositamente per facilitare la partecipazione privata nelle attività economiche, oggi assistiamo ad un nuovo protagonismo statale. Questo è uno Stato che regola, conserva, protegge, gestisce, pianifica, ma anche che utilizza il patrimonio naturale.

Ma che misure propone il progetto di testo costituzionale per affrontare la corruzione? Fondamentalmente maggiore partecipazione sociale, aspetto che tratterò tra poco, oltre che la trasparenza come valore che sostiene lo Stato (Art.8), termine non definito nei suoi limiti e obiettivi, e pertanto soggetto all’interpretazione dei poteri dominanti. Al riguardo Soto [2006] ha proposto di includere come ambiti di trasparenza, l’accesso all’informazione, ai rendiconti di bilancio e l’imprescrittibilità dei reati; io aggiungerei la rotazione delle cariche pubbliche, concetto completamente ignorato dal progetto di costituzione.

E qual è la politica del governo di Evo Morales rispetto alla presenza del settore privato, soprattutto transnazionale, nel settore delle RRNN, al di là della retorica anti-imperialista che è solita dei discorsi del presidente Morales e dei suoi collaboratori? Cito dei casi paradigmatici: nel settore minerario l’attuale governo ha concesso la licenza ambientale per lo sfruttamento a cielo aperto della miniera di San Cristóbal, proprietà dell’impresa Apex Silver Minino, nonostante l’opposizione delle comunità locali e delle organizzazioni ambientaliste, e in lista d’attesa ci sono altre concessioni di dimensioni simili; nel settore degli idrocarburi sono stati firmati i nuovi contratti con le imprese petrolifere, legittimando così una performance ambientalmente deplorevole; nel settore delle infrastrutture il governo attuale vede con simpatia l’ IIRSA, il megaprogetto infrastrutturale promosso dal CAN (Comunità Andina) e dal BID (Banca Interamericana di Sviluppo) che tra le tante opere prevede la costruzione dell’Autostrada Interoceanica, sostenuta dal Brasile, dall’impatto ambientale insospettabile; analogamente viene spalleggiato il “Gasdotto del Sud”, promosso dal presidente venezuelano Hugo Chavez e che è stato denunciato dalle organizzazioni ambientaliste di tutto il continente; il presidente Morales ha promesso la costruzione di dighe idroelettriche nell’Amazzonia come soluzione energetica per quella regione, ignorandone l’impatto ambientale e mantenendo allo stesso tempo una politica di servitù volontaria di fronte alla decisione brasiliana di costruzione di queste dighe nel suo territorio [Villegas, 2008]. In sostanza, legittimato con il discorso di sostenibilità dello sviluppo, l’attuale governo porta avanti l’estrazione intensiva di RRNN e l’industrializzazione, minimizzando i limiti ecologici sopra menzionati. Inoltre vede l’ideale d’impresa nella forma mista, come stabilisce l’Art. 307. Inc. IV (analogamente, per il settore dei servizi vedi l’Art. 20), dove si articolano pubblico e privato.

In quest’aspetto, la Bolivia sembra seguire il modello di sviluppo “chavista”: criticare l’Impero ma fare affari insieme [Uzcategui, 2007], con una presenza fondamentale di corporazioni di idrocarburi, minerarie, che stanno producendo impatti ambientali e nuove forme di “distribuzione ecologica diseguale”. La mia tesi è che la nuova CPE legittima l’orientamento del governo di Evo Morales: maggiore presenza dello Stato nella gestione delle RRNN, però mantenendo la presenza delle compagnie multinazionali nei settori strategici, nel caso boliviano idrocarburi, miniere, energia.

3. Partecipazione e controllo sociale

Il terzo aspetto critico fondamentale del progetto di Costituzione, che andrà al referendum, è l’inclusione della partecipazione e controllo sociale nello sviluppo sostenibile. Consolidando il processo iniziato con la Legge di Partecipazione Popolare, si stabilisce la partecipazione come uno dei valori che sostenta il funzionamento dello Stato (Art. 8 Inc II), un principio dell’ordinamento territoriale e del sistema di decentralizzazione e delle autonomie (Art. 271), si riconosce la partecipazione come un diritto (Art. 26), ulteriore a quello della consultazione (Art. 30, inc. 15) e si istituzionalizza la partecipazione cittadina, questa volta in forma generalizzata e in differenti scale, a tal punto che il titolo VI della II° parte viene dedicato a questo aspetto:

I. Il popolo sovrano, per mezzo della società civile organizzata, parteciperà alla presa di decisioni delle politiche pubbliche.

II. La società civile organizzata eserciterà il controllo sociale alla gestione pubblica in tutti i livelli dello Stato, e nelle imprese e istituzioni pubbliche, miste e private, che amministrino risorse fiscali o che prestino servizi pubblici”. (Art. 242).

Così facendo, non solo si stabilisce la partecipazione sociale nella salute (Art. 40), educazione (Art. 83), educazione superiore nelle aree rurali (Art. 96), ma si definisce anche che la pianificazione economica e dello sviluppo avviene con partecipazione e consultazione cittadina (Art. 316).

E la gestione delle RRNN e dell’ambiente segue la stessa tendenza:

La popolazione ha il diritto di partecipare alla gestione ambientale, ad essere consultata e informata circa le decisioni che potrebbero danneggiare l’ambiente”. (Art. 341)

III. La gestione e l’amministrazione delle risorse naturali si realizzerà garantendo il controllo e la partecipazione sociale nella presa di decisioni” (Art. 351)

In particolar modo la partecipazione e il controllo sociale vengono indicati per il settore dell’acqua (Art. 374) e dell’energia (Art. 378).

Al riguardo esistono molte esperienze di partecipazione e controllo sociale delle organizzazioni sociali nella gestione statale, dal controllo operaio durante l’MNR[1], passando per la cogestione operaia di maggioranza nel settore minerario durante la UDP (Unidad Democratica Popular), fino ai direttori cittadini di SEMAPA[2]. L’elemento comune tra tutte queste è che i rappresentanti di queste organizzazioni vengono rapidamente cooptati dalla corruzione della istituzione pubblica, espressa nelle pratiche che vanno dall’accettazione di tangenti, passando per il clientelismo politico, fino alla strumentalizzazione per fini personali e di gruppo. Il secondo elemento comune è che questi rappresentanti, siano stati eletti o no attraverso meccanismi di democrazia diretta o rappresentativa, non rendono conto del proprio operato alle loro basi o elettori, e neppure socializzano l’informazione circa l’oggetto delle proprie attività, ossia non sono trasparenti. Il terzo elemento comune è che le organizzazioni sociali che sostentano, promuovono o attuano questa partecipazione e controllo sociale, agiscono generalmente dentro strutture organizzative autoritarie o “caudilliste”, in sostanza non democratiche; pertanto qualsiasi politica di istituzionalizzare la partecipazione sociale come parte della gestione pubblica e del funzionamento dello Stato riprodurrà, su scala allargata, gli effetti perversi delle esperienze di partecipazione e controllo sociale già menzionati. In definitiva, non si può costruire la società della libertà con mezzi autoritari [Gordon, 2005], e fino a che le organizzazioni e movimenti sociali, oggi cooptati dal governo [Crespo, 2007], non svilupperanno pratiche autonome e democratiche, la possibilità di iniziare un autentico processo di trasformazione sociale sarà impossibile.

Conclusioni

1. Nel presente testo ho evidenziato che la gestione delle risorse naturali e dell’ambiente, nella proposta di CPE approvata dall’Assemblea Costituente, articola tre approcci e/o categorie: sviluppo sostenibile, maggiore presenza dello Stato e partecipazione e controllo sociale. Tenendo conto della politica ambientale dell’attuale governo di Evo Morales, orientata allo sfruttamento intensivo delle risorse naturali per l’esportazione, in alleanza col settore privato, soprattutto multinazionale, sdrammatizzando i rischi e gli impatti ambientali e sociali (nel settore minerario, degli idrocarburi e generazione dell’energia), questi approcci e/o categorie all’interno della CPE andranno solo a legittimare la politica estrattiva e inquinante delle RRNN e approfondirà i processi di frammentazione, destrutturazione e differenziazione socioeconomica tra le popolazioni indigene.

2. Principi fondamentali come l’esistenza di limiti ecologici all’attività economica, informazioni come il debito ecologico, l’applicazione di principi cautelativi e d’incertezza, l’introduzione di indicatori di sostenibilità biofisici nella gestione ambientale e delle risorse naturali, che avrebbero orientato verso uno stile di sviluppo su scala umana, non sono stati considerati dai redattori del documento costituzionale come un criterio valido, ma hanno piuttosto riproposto paradigmi che sono stati messi in discussione da attivisti e accademici critici sulle letture neoliberiste dello sviluppo sostenibile.

3. Analogamente, tenendo conto dell’identità corrotta e scarsamente democratica dello Stato boliviano, fenomeno trasversale a tutto il corpo sociale, una maggiore presenza dello Stato nella gestione ambientale e delle risorse naturali, così come la partecipazione e controllo sociale, approfondiranno e amplieranno la corruzione e le pratiche non democratiche, questa volta legittimate dalle stesse organizzazioni sociali. Democratizzare il funzionamento della società e delle sue istituzioni pubbliche ancora una volta non è una priorità per il progetto costituzionale.

4. Conoscenza e potere vanno insieme diceva Foucault e l’esperienza dell’Assemblea Costituente ce lo ha dimostrato di nuovo. Silvia Rivera ricorda che il 6 agosto 2006, quanto si inaugurava a Sucre l’Assemblea Costituente, i contadini e indigeni del paese entrarono maestosamente nella piazza centrale con i loro balli e le loro musiche più belle, orgogliosi per la responsabilità di redigere autonomamente, attraverso i loro rappresentanti, il nuovo progetto del paese, questa volta concordante con l’immagine indigena della Bolivia, come mezzo per superare la storica esclusione a cui erano sottomessi; però, rapidamente, segnala Rivera, gli intellettuali vincolati all’AC, sia come assessori o costituenti, convinsero i contadini e indigeni della loro ignoranza e furono così loro che alla fine decisero l’agenda, i contenuti e il testo finale della proposta costituzionale. L’evidenza che il testo costituzionale sia stato elaborato dai cosiddetti “intellettuali organici” delle organizzazioni e dei movimenti sociali è segnata dall’introduzione del modello dello sviluppo sostenibile nel progetto di CPE; l’approccio dello sviluppo sostenibile è parte del linguaggio di esperti e tecnici, ampiamente utilizzato dalle ONGs, dalla cooperazione internazionale e dallo Stato, però del tutto estraneo al linguaggio e all’immaginario contadino/indigeno.

Cochabamba, marzo 2008

Carlos Crespo Flores
Sociologo presso il Centro Studi Universitario (CESU-UMSS) di Cochabamba

Traduzione e note di Andrea Lorini

Articulo original en Castellano


[1] Il Movimiento Nazionalista Revolucionario è il partito che nel 1952 guidò la rivoluzione in Bolivia. Divenne presto organo di controllo e repressione per numerosi regimi militari. Ricordiamo il suo incondizionato sostegno alle sanguinose dittature di Hugo Banzer (1971) e Garcia Meza (1980). Nel 1989 portò al governo Gonzalo Sanchez de Lozada, fuggito a Miami dopo aver ordinato il massacro che produsse più di 60 vittime durante la “Guerra del gas” nell’ottobre del 2003.

[2] Servicio Municipal de Agua Potable y Alcantarillado. É l’impresa municipalizzata di Cochabamba, recuperata dopo la Guerra dell’Acqua del 2000, quando fu cacciato dal paese, dopo mesi di mobilitazioni e scontri, il consorzio di multinazionali “Aguas del Tunari”, il quale aveva privatizzato il servizio idrico della città. La nuova gestione si compose di 8 direttori cittadini (3 dei quali eletti dai cittadini), i quali avevano il compito di controllare la trasparenza e il buon governo dentro l’impresa. Le recenti accuse di corruzione nei confronti dei direttori e dei dirigenti hanno affossato la forma di gestione con partecipazione e controllo sociale promossa dopo la Guerra dell’acqua.

Ultimo aggiornamento
23.10.2012 ore 20.44
AGENDA
Le nostre iniziative
ILÊ BRASIL: acqua e ancestralità

In un momento storico di attacco alle risorse della Madre Terra, le donne a vari livelli ritornano al centro della politica come nuove parole ed antiche pratiche in difesa della vita. L'acqua, oggetto di privatizzazioni e violenze, diventa un paradigma della vita svenduta agli interessi di pochi. La difesa di questo elemento diventa a sua volta la proposizione di una visione alternativa della produzione, della partecipazione, della gestione dei beni comuni.

Che richiama anche antiche ritualità, quando il femminile si fonde con il significato stesso del ciclo generatore della Natura.

ILÊ BRASIL: acqua e ancestralità, che verrà presentato a Trento dal 25 al 28 ottobre 2012, fa parte di una delle attività proposte dal gemellaggio di due gruppi di ricerca teatrale: una italiana la Bottega Buffa CircoVacanti di Trento e una brasiliana la Cia Buffa de Teatro di Salvador Bahia.

Insieme a Yaku ed altre realtà trentine, per tre giorni affronterà questa tematica da diversi punti di vista - culturalu, politici, sociali- insieme a molti compagni di viaggio e con la partecipazione straordinaria di Ekedy Sinha, rappresentante del Terreiro Ilê Axé Iyá Nassô Oká–Bra.

Giovedì 25 alle ore 16.30, con ACQUA MATER, tavola rotonda presso l'Università di Lettere e Filosofia di Trento (Via Tomaso Gar, 14 ), parleremo di acqua partendo dal ruolo delle donne in tre paesi chiave: Brasile, Colombia, Mozambico, fra solidarietà, territori di conflitto e megaprogetti, come la diga di Belo Monte in Brasile.

Un confronto che vede anche noi, donne europee ed italiane, al centro di un movimento di presa di coscienza delle nostre responsabilità. A partire dalla dichiarazione delle donne del mondo, presenti al Forum Alternativo Mondiale dell'Acqua di Marsiglia.


Firenze 10+10

A dieci anni di distanza da quell'enorme spazio di discussione e dibattito aperto che fu il primo Forum Sociale Europeo, reti, gruppi e movimenti fiorentini hanno avviato un percorso inclusivo per costruire nella città un appuntamento con cui rimettere insieme legami, riflessioni e azioni intorno alla costruzione di un'Europa sociale e dei beni comuni, come risposta alla crisi economica, sociale, ambientale e di democrazia in cui siamo immersi.

Questo evento si svolgerà nell'arco di quattro giorni nel prossimo mese di novembre e vi troveranno spazio attività autorganizzate e incontri di convergenza finalizzati al lancio di azioni e campagne europee e del bacino del Mediterraneo.

Ci rivolgiamo perciò a tutti coloro che vogliono contribuire a costruire e progettare insieme il percorso collettivo verso Firenze 10 + 10, alle donne e agli uomini che furono con noi protagonisti del FSE del 2002, ma anche a tutti i gruppi e i soggetti sociali che si sono affacciati sulla scena nazionale ed internazionale nel corso dei dieci anni trascorsi: insieme abbiamo davanti un altro decennio di lavoro comune. A tutti chiediamo di aderire alla costruzione di Firenze 10 + 10 portando il proprio contenuto di azione e le reti di relazioni con cui ciascuno opera, indirizzato anche all'organizzazione di eventi preparatori di avvicinamento.

E' un grande impegno che ci aspetta ma anche una sfida attraente: ricostruire uno spazio di discussione e azione in una fase in cui sui territori si manifestano gli effetti dei tanti volti della crisi, ma dove si attivano anche numerose forme di conflitto sociale e di proposta alternativa, capaci di assumere anche dimensioni di massa; lo dimostrano, ad esempio, l'affermazione al referendum del 2011 sull'acqua, la rete di opposizione alle grandi opere inutili, il diffuso contrasto alla privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Sul sito www.firenze1010.eu, si possono trovare tutti i riferimenti per entrare in contatto con il gruppo di coordinamento, per conoscere luoghi e tempi degli incontri preparatori e per contribuire ai gruppi di lavoro a cui tutti possono fornire il loro apporto: programma; logistica; partecipazione e accoglienza; comunicazione; risorse.

Comitato promotore di “Firenze 10 + 10”

Contatto: info@firenze1010.eu


1 OTTOBRE ORE 13.30 CONFERENZA STAMPA / ORE 15.30 MANIFESTAZIONE IN CAMPIDOGLIO

La difesa dei beni comuni in Colombia per una vita degna delle popolazioni

Con gli incontri con le istituzioni trentine – il Servizio Solidarietà della Provincia di Trento e l'Assessorato alla Cultura del Comune di Trento - che appoggiano il percorso della Commissione Justicia y Paz in Colombia, si è conclusa oggi la serie di incontri in Trentino “Acqua Giustizia e Pace – Beni comuni fra solidarietà e conflitto” che ha visto protagonista il sacerdote colombiano Padre Alberto Franco, esecutivo della Commissione.

Lunedì sera, l'incontro pubblico presso il Centro Formazione alla Solidarietà Internazionale, in Via San Marco, con la partecipazione di Padre Alex Zanotelli, in collegamento da Napoli, dove era in procinto di partire per la Marcia della Pace: “La mia solidarietà a Padre Alberto Franco, religioso che con coraggio vive nella guerra al fianco delle popolazioni – ha detto Padre Zanotelli, lanciando un appello accorato alla responsabilità a chi vive nella parte ricca del pianeta: “L'Occidente deve cambiare stile di vita, vivere in maniera più sobria. Noi qui a Napoli lottiamo quotidianamente contro l'immondizia, se non riduciamo drasticamente la produzione di rifiuti verremmo sommersi. Se non ci attiviamo, per il Sud del mondo non c'è futuro”.


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Desde el sábado 22 de septiembre al martes 25 Justicia y Paz en Italia

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Desde el sábado 22 de septiembre al martes 25, el sacerdote colombiano Padre Alberto Franco, secretario ejecutivo de la Comisión Intereclesial de Justicia y Paz de Bogotá, estará presente en varias reuniones en el departamento  Trentino de Italia


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SPICCHI D'ACQUA
Hidronotizie dall’Italia
No Eni? NO Party!

Da alcuni giorni sul programma del Forum sulla Cooperazione che si terrà il 1 e il 2 ottobre a Milano campeggiano gli sponsor dell’iniziativa, attesa da molti come uno spartiacque per la rinascita dell’aiuto allo sviluppo italiano. Tre società sono note a tutti: Microsoft, Banca Intesa e soprattutto Eni. 


Roma non si vende

Oggi il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso sulle forzature procedurali, effettuate dalla maggioranza di alemanno nell'assemblea capitolina, per far passare la privatizzazione di ACEA.
Questo è l'ennesimo colpo per il Sindaco di Roma e le sue alleanze che vogliono speculare sull'acqua e i beni comuni.


Vicenza: NO alla base militare

Vicenza i No dal Molin tagliano la rete della base, entrano nell'area facendo molte scritte sulle costruzioni e attaccando striscioni.


"Roma non si vende!"

L'ampia coalizione di associazioni, movimenti, comitati, forze politiche e sindacali che ha lanciato nelle scorse settimane la campagna cittadina di informazione e mobilitazione contro la manovra di bilancio della Giunta Alemanno, ha sottolineato durante la conferenza stampa tenutasi alle 15.30 di oggi in Piazza del Campidoglio, la gravità della scelta, di responsabilità del gabinetto del sindaco Alemanno, di vietare al corteo in programma per il prossimo sabato 5 di maggio l'arrivo in Piazza del Campidoglio.


In Abruzzo si ripubblicizza!

L’assemblea dei sindaci della provincia di Pescara, il 16 aprile 2012, ha votato per “ la trasformazione di ACA S.p.A. in house in azienda pubblica di diritto pubblico in considerazione che tale modello aziendale accresce le possibilità di controllo da parte dei soci e dei cittadini rispetto all’operato della azienda stessa e consentirebbe forme di partecipazione diretta alla gestione di lavoratori, cittadini ed associazioni di tutela ambientale” .

 


La Radio del CSO Bruno!

http://centrosocialebruno.it/node/17680


venerdì 23 febbraio conferenza stampa a Dolomiti energia

 

Per il lancio dell’importante iniziativa di martedì 28 febbraio, ovvero l’autoconvocazione cittadina presso il Consiglio Comunale di Trento,  il Coordinamento trentino Acqua bene Comune sul tetto di Dolomiti Energia!

 


 


la val di Susa inondata di colore
Una folla di oltre 75.000 persone ha marciato da Bussoleno a Susa sabato scorso, in un pomeriggio assolato e ventoso, quasi estivo.

No alla grande Multiutility del nord

Leggiamo con preoccupazione il rapido delinearsi della grande Multiutility del nord, di cui l'integrazione di Iren e A2A, sponsorizzata da Fassino, Tabacci è il primo passo.

 


Al Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua il Premio Personaggio Ambiente 2011!!!!

OJOS INQUIETOS
Sguardi sull’america latina
Terremoto Colombia

Il 30 Settembre 2012 forte scossa in Colombia fortunatamente molto profonda

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Central Hidroeléctrica Neltume en Panguipulli,

Representantes de las comunidades mapuche huilliche afectadas por el proyecto Central Hidroeléctrica Neltume que la transnacional Enel-Endesa proyecta instalar en Panguipulli, concurrirán a las embajadas de Italia y España este este Viernes 18 de Mayo a las 10:00 horas para entregar una solicitud a los respectivos Estados para que la empresa de capitales Españoles e Italianos desista de la construcción de la central hidroeléctrica

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Argentina, Cordoba: agua derecho fundamental

Reclamo por agua potable en Cañada Larga: La municipalidad de mina clavero aprovisiona  en camiones "agua no apta para el consumo humano", osea agua de pozo sin tratar , donde muchas familias la terminan consumiendo por no contar con otra opcion con los riesgos de salud que esto conlleva...

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rassegna stampa di Stop Enel 30 aprile a Roma

“Sono qui a Roma in rappresentanza di diversi movimenti della Colombia, in particolare l’Assoquimbo che sta difendendo il territorio contro le multinazionali Enel e Endesa. Di recente gli abitanti sono stati brutalmente fatti sgomberare dalla regione, anche attraverso una campagna che è stata coordinata con gli addetti alla sicurezza delle stesse aziende ma anche con agenti dello Stato, con un bilancio di diversi feriti, di cui uno grave

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Miles marchan por el Agua en Ecuador

"A mí no me diste, a mi no me diste, todo el Oro que a la China diste, luego me engañaste, luego me mentiste, con la derecha amaneciste… con las mineras amaneciste"

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MARCHA PLURINACIONAL POR EL AGUA, LA VIDA Y LA DIGNIDAD DE LOS PUEBLOS

In Ecuador dall'8 marzo, dai quattro punti cardinali del Paese: verso Quito per l'Acxqua e la vita.

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El Quimbo inundará seis municipios del Huila

Para construir la hidroeléctrica de El Quimbo, en el Huila, será necesario inundar un área mayor que el tamaño de Pereira. La obra, según sus opositores, se construirá a costa de diversas alteraciones y cambios sociales, ambientales, económicos y culturales, a seis municipios: Gigante, El Agrado, Garzón, Tesalia, Altamira y Paicol; cubriendo un total de 8.586 hectáreas que serían inundadas.

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LA TIERRA, EL AGUA Y LA RESISTENCIA

Lo que está sucediendo en América Latina en relación con los bienes comunes (agua, tierra, biodiversidad) es algo más que una sucesión de conflictos locales. Por momentos la intensidad de los enfrentamientos da la impresión de que marchamos hacia una conflagración general, que por ahora tiene expresiones locales y regionales, pero que se repiten en casi todos los países.

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INIZIA IN PERÙ LA GRANDE MARCIA NAZIONALE PER L’ACQUA E PER LA VITA

l 1° febbraio dalla regione di Cajamarca, nel nord del Perù, partirà la Marcia Nazionale per l’Acqua e per la Vita, che scenderà dalle montagne fino alla costa per arrivare a Lima il giorno 9.

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FINALMENTE PIOVE, MA IN TANTE CASE PALESTINESI MANCA L’ACQUA

a scarsa disponibilità d’acqua è un problema comune a tutte le comunità palestinesi in Cisgiordania ma alcune realtà sono più colpite di altre. Il distretto di Betlemme – che comprende al suo interno i centri di Betlemme, Beit Sahour, Beit Jala, Ad Doha e Al Khader e i campi di rifugiati di Aida, Dheisheh e Al Azza – è in cima a questa ben poco onorevole lista.

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