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Eravamo in tanti, più di trecento internazionali. La metà italiani. E decine di toscani.
Non è una novità che dalla nostra terra si alzino grida di ribellione e volontà di cambiamento. La storia ce lo insegna: non siamo gente che ama starsene a guardare mentre Potere e Denaro saccheggiano le nostre terre e quelle degli altri.
Non è infatti per “buonismo” o puro e semplice altruismo che siamo andati ad Istanbul, né perchè spinti da cieche speranze o facili sentimenti.
Ci siamo alzati in volo verso la Turchia, in tanti, perché sentivamo questa battaglia come una nostra battaglia, perché sentivamo come nostra la voglia di autodeterminazione del popolo curdo e come nostro il rifiuto alla costruzione di “dighe della distruzione” come quella di Llisu ad Hasankyef.
Ci siamo mobilitati perché sappiamo che la privatizzazione dell’acqua, l’espropriazione dei beni comuni per mano di Multinazionali e Governi fa parte di un attacco globale alla vita, privo di confini, artificiali o naturali che siano.
Ci siamo riversati nell’antica Bisanzio come gocce di uno stesso mare che nascono, vivono e muoiono sulla stessa Terra, la nostra Terra.
Eravamo in tanti, anche se pochi in relazione alla quantità di persone, contadini, indigeni, cittadini, associazioni, che quotidianamente stanno portando avanti lotte in difesa dell’acqua in tutto il mondo.
Eravamo lì anche per loro. Poiché non c’è differenza tra un toscano e una messicana, tra un’italiana e un africano, tra un fiorentino e un’indiana. Siamo tutti figli e figlie della stessa Terra, della stessa volontà di dire “Basta!” alla distruzione e alla contaminazione, alla privatizzazione e alla mercificazione.
Siamo tutti e tutte parte di un movimento globale che anno dopo anno si rafforza, cresce e si allarga ad altre lotte in difesa della Vita (dopo il legame con i movimenti contadini sottoscritto a Belem, lotte per l’acqua e per la terra viaggiano sullo stesso binario, anche qui in Italia), fino a riuscire a delegittimare nei giorni di Istanbul, contestandolo, il Forum Mondiale dell’Acqua, una macchina decisionale autoritaria e predatoria, un insulto all’idea più banale di democrazia, un insieme di governi e multinazionali che decidono senza nessun metodo di consenso le politiche dell’acqua nel mondo, e purtroppo continuano a trovare sponda nelle nostre istituzioni (la proposta di Vendola di ospitare come Regione Puglia il prossimo World Water Forum lascia stupefatti i movimenti italiani, che sono comunque pronti alla mobilitazione per contrastare una simile decisione).
Le giornate turche sono state convulse e agitate fin dal primo momento. 17 arresti durante la manifestazione che contestava l’inizio del World Water Forum, tra cariche della polizia e manganellate, fanno capire immediatamente quale sia il livello di democrazia della Nazione turca e quale il timore del Foro Ufficiale per le proteste messe in atto dalla popolazione del luogo e dalle delegazioni arrivate da tutto il mondo.
I giorni si susseguono e così le riunioni strategiche dei movimenti, spazi di decisione collettiva che hanno prodotto con vigore il diffondersi della protesta dentro il Forum Ufficiale e della proposta, fuori, all’interno del ControForum, con conferenze e seminari.
Le richieste dei movimenti sono state ascoltate da numerosi governi ed enti locali, che hanno contribuito alla delegittimazione del World Water Forum e all’avanzamento della proposta che sia l’ONU ad ospitare in futuro il dibattito sulle politiche dell’acqua nel mondo. Alla fine saranno 24 i paesi che sottoscrivono l’acqua come diritto umano.
Riprendendo le parole della rappresentante Onu Maude Barlow: “Abbiamo detto chiaramente in faccia a questi signori che il Forum è illegittimo, indemocratico, scorretto. Sono imbarazzati, disorganizzati, confusi. Noi abbiamo vinto”.
Sono dunque tanti gli obiettivi raggiunti, che segnano importanti passi in avanti per il movimento toscano, italiano e mondiale in difesa dell’acqua.
Non ci lasciamo però entusiasmare oltre: sappiamo che questo percorso che mira a ché l’acqua torni ad essere una “risorsa per la vita in sé”, “di tutti e di nessuno”, un bene comune e un diritto umano universale, è appena iniziato.
Chiudiamo e facciamo nostre queste parole, con cui il sindacalista boliviano Oscar Olivera, rappresentante della Coordinadora del Agua y la Vida di Cochabamba, Bolivia, ha chiuso – fra gli altri – i lavori dell’assemblea del Forum Alternativo di Istanbul, lo scorso 22 marzo.
“Nove anni fa, quando iniziammo la Guerra dell’Acqua a Cochabamba, non potevo immaginare che un giorno ci sarebbe stato un tale processo mondiale in difesa dell’acqua. Se non ci mobilitiamo, continueremo ad essere invisibili. Se non contrapponiamo la nostra capacità di organizzarci, continueremo ad essere inascoltati. Quando ci opponiamo alla costruzione di una diga. Quando difendiamo un fiume. Tutte le volte che reagiamo a chi vuole imporre regole aliene alla nostra vita. Attingiamo alla nostra capacità di sognare. L’acqua – trasparente, allegra, e in costante movimento – ha risvegliato in noi questo desiderio di sognare e costruire un futuro migliore. Abbiamo fatto un grande cammino da Città del Messico ad oggi. Ma ricordiamoci sempre che i diritti non vanno chiesti, vanno presi”.
Vai sul sito del Forum Toscano dei Movimenti per l'Acqua da dove è tratto questo articolo