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Questo 6 agosto sarà ricordato come uno tra i peggiori giorni della metà della gestione del governo Morales, a causa dei conflitti sociali e regionali che minacciano il referendum revocatorio del mandato popolare previsto per la prossima domenica. La festa della patria (oggi è il 183° anniversario dell’indipendenza boliviana) si vestirà a lutto per la morte di due persone, che portano a 28 le morti in due anni e mezzo di governo.
Il conteggio dei morti si fa complicato a causa della quantità di conflitti che si registrano nel paese ed è molto probabile che risulti inesatto.
È previsto che il presidente Evo Morales presenti oggi il suo rapporto gestionale al Congresso Nazionale, nonostante si anticipa l’assenza dei parlamentari dell’opposizione che hanno deciso di recarsi nella città di Sucre dove, tradizionalmente e per disposizione costituzionale, sempre sono stati realizzati i principali atti in memoria dell’anniversario della patria. Il Presidente mancherà poichè la sua stessa sicurezza è messa a rischio dalla contingenza conflittuale nella capitale costituzionale.
Evo Morales ha raggiunto la presidenza il 22 gennaio del 2006 e il primo morto della sua gestione cadde il 9 giugno dello stesso anno quando Santiago Orocondo Arevillca, un poliziotto della Seguridad Fisica che stava partecipando alla difesa di alcuni territori occupati insieme ad altre persone, morì a Oruro durante lo sgombero dei manifestanti.
Tre mesi più tardi, il 29 settembre, due contadini cocaleros morirono in uno scontro con le forze dell’Esercito e della Polizia nella zona centrale del Chapare.
Il fatto più spiacevole occorse però il 6 ottobre, quando uno scontro armato per il controllo delle miniere di Huanuni tra minatori statali e cooperativistas causò 16 morti.
Successivamente, il 13 di novembre a Oruro morì un poliziotto ferito dall’esplosione di una carica di dinamite collocata nei propri abiti durante una manifestazione dei minatori.
L’11 gennaio del 2007 a Cochabamba due persone morirono a causa dello scontro tra contadini affini al governo di Morales e squadre di picchiatori di estrema destra allineati col prefetto della città Manfred Reyes Villa. Due mesi più tardi morì un’altra delle vittime dopo una lunga agonia.
Nel novembre dell’anno passato altre tre persone persero la vita a Sucre. L’Assemblea Costituente decise di approvare nel Liceo Militare, con l’assenza dell’opposizione, il progetto della nuova Carta Magna, documento che per il momento non è stato posto in considerazione alla popolazione.
A questi 26 morti si sommano i due morti di Caihuasi di questo martedì, i quali presenziavano un blocco nella via di comunicazione Oruro-Cochabamba a richiesta dell’approvazione della riforma sulle pensioni elaborata dalla COB (Central Obrera Boliviana).
Hernan Montero Claros e Roberto Caceres Fabbrica si sono aggiunti alla lunga lista di morti durante i due anni e mezzo di gestione del governo. La convulsione non si è fermata con queste due morti ma anzi gli affiliati della COB minacciano di continuare le azioni di protesta incluso durante la realizzazione della consulta popolare per ratificare o rimuovere dai propri incarichi il Presidente, il Vicepresidente e gli otto Prefetti.
Traduzione e approfondimento di Andrea Lorini, da Tarija, Bolivia