MESSICO, 'IL FETIDO ODORE DELLA GUERRA'
Il 27 aprile una carovana umanitaria che si dirigeva con aiuti a San Juan Copala, nella zona degli indigeni triquis nello stato di Oaxaca, nei pressi della località La Sabana è stata attaccata da un gruppo paramilitare, con il bilancio di due morti e di vari feriti. I deceduti sono un attivista internazionale, il finlandese Jyri Antero Jaakkola e la responsabile messicana dell’organizzazione Cactus, Beatriz Cariño. La carovana comprendeva difensori dei diritti umani, giornalisti, cooperanti internazionali. Come ha scritto su La Jornada Herman Bellinghausen, l’episodio riveste una gravità eccezionale, vedendo per la prima volta ucciso un cooperante straniero, evento da cui fino ad oggi i vari gruppi paramilitari, evidentemente ispirati da una regia unica, si erano tenuti lontani. Per cui l’episodio viene letto come il segnale di una ulteriore escalation estremamente preoccupante, anche perché si iscrive in un crescendo di violenze che, come nota Bellinghausen, <> Il gruppo paramilitare aggressore appartiene con tutta probabilità al gruppo “Unidad para el Bienestar Social de la Región Triqui” legato al Partito Rivoluzionario Istituzionale e al famigerato governatore dello stato Ulysses Ruiz, un cui portavoce, anziché condannare l’episodio, ha messo in discussione la liceità della presenza di osservatori internazionali sul territorio dello Stato.
A questa luttuosa notizia si è aggiunta ieri quella dell’ordine di sgombero dalla zona dei Montes Azules in Chiapas di altre 6 comunità ivi residenti, nel quadro della politica di concentramento delle comunità contadine e indigene in zone di più facile controllo governativo e per l’isolamento delle comunità zapatiste. Al progetto di sgombero le comunità legate all’EZLN hanno risposto dicendo che difenderanno il loro diritto di risiedere nella zona, aprendo un contenzioso di cui è difficile al momento prevedere gli sviluppi.
Come ricorderete, nelle scorse settimane i giornali italiani ripresero con una disgustosa gigioneria uno scoop del quotidiano messicano La Reforma che il 27 marzo aveva pubblicato un ampio servizio intitolato“Desencapuchan al subcomandante Marcos”con le foto presunte del subcomandante Marcos senza passamontagna fornite da un sedicente “disertore” dell’Esercito Zapatista. Si è trattato di un volgare ma non innocuo bluff. Volgare perché il volto era infatti quello di un cooperante italiano, Leuccio Rizzo, ben noto in Chiapas nell’ambito della cooperazione internazionale. Non innocuo se si ricorda un episodio similare, il 9 febbraio 1995, quando fu reso noto in TV dal presidente Zedillo in persona il presunto vero nome del “sub”, cui seguì un’operazione militare che avrebbe dovuto con l’inganno catturare Marcos che aveva accettato un incontro con emissari governativi nella località di Guadalupe Tepeyac. La cosa fallì per un soffio grazie ad informatori indigeni che avevano rilevato un insolito movimento di truppe, quando già l’informazione ufficiale diffondeva la notizia che il subcomandante sarebbe deceduto nello scontro per sottrarsi all’arresto.
Chi ha seguito in questi anni le vicende chiapaneche sa che questi scoops giornalistici non sono fini a se stessi ma legati a preparare ben altri eventi. L’amico Gustavo Esteva, che ci aveva richiesto di portare avanti anche un Italia una “controinformazione” sul fatto, aveva così commentato l’episodio su La Jornada del 5 aprile: “si possono dire molte cose di ‘Riforma’, ma non certo attribuirgli innocenza o ingenuità. Con questa nota malevola ha contribuito con entusiasmo a una manovra sporca che fa parte della campagna ogni giorno più intensa messa in atto dal governo contro gli zapatisti, sia in forma attiva di aggressioni paramilitari e ostilità continue sia in forma indiretta con la diffamazione continua, a cui si sono ora uniti un centinaio di giornali del mondo intero”.
Per richiamare l’attenzione sulla particolare situazione esistente oggi in Messico e in particolare in Chiapas, riportiamo -col suo permesso di cui lo ringraziamo vivamente- un testo significativo del noto e stimato giornalista Carlos Fazio, cui abbiamo dato voce altre volte nel nostro Mininotiziario, pubblicato su La Jornada del 19 aprile scorso, nella traduzione che fatta da Maribel di Bergamo che ci ha gentilmente concesso l’utilizzo. A.Z.
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LA BRECCIA CHIAPANECA
Carlos Fazio
La Jornada – Lunedì 19 aprile 2010 - Nel contesto della strategia di occupazione a spettro totale (full spectrum) che stanno portando avanti gli Stati Uniti in Messico, per le sue caratteristiche particolari il Chiapas occupa un posto centrale nella mappa del Pentagono. La geografia chiapaneca fa parte della "breccia" (the gap) nella quale si trovano le zone di pericolo sulle quali il protagonista egemone del sistema capitalista mondiale deve avere una politica aggressiva di prevenzione, di dissuasione, controllo ed imposizione di norme di funzionamento affini agli interessi corporativi con casa madre nella nazione imperiale, ma anche di persecuzione, disarticolazione ed eliminazione di dissidenti o ribelli, considerati nemici.
Bisogna ribadire che non si può comprendere e spiegare il sistema capitalista senza il concetto di guerra. La guerra è la forma essenziale di riproduzione dell'attuale sistema di dominazione; la guerra è connaturata all'attuale fase di conquista e riconquista neocoloniale di territori e spazi sociali. Ma è anche un affare, un modo di imporre la produzione di nuove merci e aprire mercati allo scopo di ottenere profitti. In questo contesto la breccia chiapaneca si colloca in un'area a intensa biodiversità, dove esistono grandi risorse acquifere, petrolio e minerali di uso strategico, tutto quello che dà senso pratico redditizio alla sua appropriazione territoriale e dello spazio.
Con un'aggiunta: lontano dal chiasso mediatico del momento, il Chiapas, ed in particolare l'area sotto il controllo delle autonomie zapatiste, è una zona creativa e di resistenza civile pacifica al progetto neoliberale. Un'area dove si sperimentano nuove forme di emancipazione, di costruzione della libertà nel collettivo da parte di diversi soggetti sociali e movimenti antisistemici che manifestano un pensiero critico, etico, anticapitalista, controegemonico. Forze che operano al margine delle regole del gioco e degli usi e costumi del sistema e gli danno battaglia sul campo culturale, dove sono radicate la memoria storica, le cosmovisioni e le utopie. Si tratta di un nuovo soggetto storico che non crede più alle toppe né alle riforme all'interno del sistema e, alieno alle vecchie e nuove forme di assimilazione e cooptazione, sperimenta un'altro modo di "fare politica" e di costruire un potere alternativo dal basso. Un vero potere popolare, autogestito, plurale, di autentica democrazia partecipativa con le sue giunte di buon governo, i suoi municipi autonomi e le sue autorità comunitarie.
Per tutto questo, l'EZLN, le sue basi di appoggio e gli alleati sono un pericolo reale, una sfida strategica per Washington e le grandi corporazioni dei settori militare, petrolifero, minerario, biotecnologico, agroalimentare, farmaceutico, alberghiero, dell'imbottigliamento e del falso ecoturismo che oggi scatenano una sordida guerra per la terra ed il territorio chiapaneco. Chi si trova negli spazi e nei territori dove esistono acqua, boschi, conoscenze ancestrali, codici genetici ed altre "merci" sono, lo si voglia o no, nemici del capitale. Per questo assistiamo ad un'offensiva conservatrice che, nella forma di una guerra integrale occulta, asimmetrica, irregolare, prolungata e di logoramento, vuole disciplinare, piegare e/o eliminare la resistenza dei contadini indigeni ribelli per realizzare la ristrutturazione del territorio secondo gli interessi e le ingiunzioni monopoliste classiste. Si tratta di una guerra di privatizzazione, di svuotamento territoriale e predazione sociale che si serve della militarizzazione e paramilitarizzazione del conflitto, della repressione dei movimenti sociali e della criminalizzazione della protesta per facilitare la libera accumulazione capitalista delle multinazionali e dei loro alleati vernacolari, mediante un aggressivo modello dominante di agricoltura e dello spazio rurale; un modello di morte a beneficio del grande capitale. In quella che forse è stata la sua ultima apparizione pubblica, nel dicembre del 2007, il subcomandante Marcos avvertì sulla ripresa delle aggressioni militari, poliziesche e paramilitari nella zona di influenza zapatista. Disse: "Chi ha fatto la guerra sa riconoscere i modi in cui si prepara ed avvicina. I segnali di guerra all'orizzonte sono chiari. La guerra, come la paura, ha odore. Ed ora si comincia già a sentire il suo fetido odore nelle nostre terre". Annunciò allora che l'EZLN entrava in una nuova fase di silenzio e che si preparava a resistere da solo - abbandonato dall'intellighenzia progressista e di sinistra davanti all'ipotesi di "basso rating mediatico e teorico" dello zapatismo - alla difesa della terra e del territorio recuperato dal 1994 e sotto il controllo delle autonomie, davanti alla nuova offensiva che stava preparando l'emulo di Victoriano Huerta, Felipe Calderón, col suo capitalismo da caserma. Da allora, come parte della stessa strategia di occupazione a spettro totale studiata dal Pentagono, la geografia chiapaneca si è riempita di posti di blocco e veicoli militari blindati; sono ricomparsi gli operativi di dissuasione e intelligenza, i pattugliamenti ed i sorvoli in zone considerate pericolosi focolai, e l'Esercito è stato riposizionato in comunità con precedenti di resistenza civile, mentre le autorità locali e federali realizzavano sgomberi violenti e ricollocamenti forzati di comunità indigene nella Riserva della Biosfera dei Montes Azules e di altre aree, come parte di una strategia di svuotamento e controllo territoriale che, mascherata da "spirito conservazionista" vuole spostare la popolazione per facilitare l'appropriazione e la mercificazione della terra e delle risorse naturali da parte del grande capitale. Questo spiega anche perché, articolati dalla sede della 31a Zona Militare di Rancho Nuevo, gruppi paramilitari come la OPDDIC (Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini) ed il cosiddetto Ejército de Dios (sotto travestimento evangelico) stanno perseguitando e distruggendo le comunità zapatiste. (Traduzione "Maribel" - Bergamo)
http://www.jornada.unam.mx/2010/04/19/index.php?section=opinion&article=025a2pol